Capitolo 6

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Svoltando a destra c'è un corridoio, lo percorriamo e ci fermiamo davanti all'ultima porta.
Gabriele la apre ed entra.
La stanza è accogliente, ma non molto grande. I miei occhi si posano a destra dove c’è una scrivania. Spostando lo sguardo, un letto si trova proprio in mezzo alla stanza, un paio di armadi ai lati, e libri. Tanti libri, ovunque. Sugli scaffali, sulla scrivania, sul letto, perfino a terra.
Non so se entrare o meno nella stanza, sono come paralizzata.  Per quello che è successo e soprattutto perché mi imbarazza accomodarmi in casa sua.
Gabriele si volta e vede che sono ancora in piedi.
<<Beh, siediti>> dice freddo.
Sprofondo su una sedia posta davanti alla scrivania. Stringo le braccia su me stessa come per proteggermi da qualcosa. Continuo a tremare e cerco di prendere dei respiri profondi. Sono ancora molto scossa dall'accaduto.
So di essere osservata, ma non ricambio lo sguardo. Lo stregone seduto sul letto, si alza ed esce dalla stanza. Senza dire un'altra parola.
Ma perché fa così?
Sono sempre stata costantemente troppo buona con lui, rimpiango tutte le volte che non ho detto la verità a mio fratello.
Passa qualche minuto ed io ancora sto cercando di metabolizzare l’accaduto, la mia mente è confusa, non so che pensare o che fare.
Poco dopo Gabriele torna con un bicchiere d'acqua in mano.
<<Tieni>> sussurra in modo gentile.
Alzo lo sguardo e mi trovo davanti i suoi bellissimi occhi.
<<Grazie>> dico col suo stesso tono prendendo il bicchiere titubante, guardando subito da un'altra parte.
Si abbassa sulle sue ginocchia. Così, me lo ritrovo di fronte. Vorrei non guardarlo, ma quella vicinanza mi costringe a farlo.

Più si trova vicino, più mi rendo conto di quanto sia affascinante. I capelli, neri come il piumaggio di un corvo, non troppo lunghi che gli incorniciano il viso alla perfezione, zigomi alti, un accenno di barba scura che attraversa la parte inferiore del volto, e i suoi occhi. Sapevo che fossero belli visti da lontano, ma da vicino lo sono ancor più, in una maniera che non riesco a descrivere. Guardandoli meglio, mi accorgo che lo strato successivo alla pupilla, è di un verde chiarissimo. Quasi inesistente, da poter essere ammirato solo da chi presta attenzione ai particolari. Vedo in essi, per la prima volta, un espressione diversa; niente malizia, niente freddezza e alcun tipo di finzione.
Sono come ipnotizzata.

<<Allora, vuoi dirmi cosa è successo?>> chiede guardandomi fisso negli occhi.
Prendo un respiro profondo e decido di raccontargli tutto. Delle scene a cui ho assistito, della crudeltà di mio padre, e del corpo senza vita di Massimo. Non ho idea del perché io lo stia facendo, quello che so, è solo che devo parlare con qualcuno, altrimenti non riuscirò mai ad affrontarlo. Lui ascolta attentamente ogni  parola che abbandona la mia bocca. Dalla sua espressione, riesco a percepire odio e stupore.
<<Sei più sensibile di quanto credessi, ora capisco molte cose>> afferma guardandomi negli occhi.
Il mio viso si bagna a causa delle lacrime e una volta finito il racconto, lui resta in silenzio. L'unica cosa che riesce a fare è avvicinarsi ancora di più a me, prendendomi una mano e stringendola in segno di conforto. Si alza non lasciando la mia mano e mi fa segno di seguirlo verso il letto.
Non obbietto.

Ci sediamo e lui ci avvicina ancora di più a me. Mi prende il viso tra le mani e mi stampa due baci su entrambe le guance, impedendo alle lacrime di raggiungere il collo.
Rimango pietrificata.
Sento un brivido attraversarmi la schiena ed arrivare fino alle braccia. Avendolo così vicino, ho l’opportunità di sentire il suo profumo, odora di pesca. Mi spinge a stendermi sul letto e dopo pochi istanti, cado in un sonno profondo.
Sento le mie palpebre stringersi sempre di più, come se avessi paura di qualcosa e senza che io me ne renda conto, non riesco a contenere i miei movimenti.
Apro gli occhi di scatto, come se impaurita da qualcosa. Tasto il mio collo, e noto di essere sudata. Ricordo di aver fatto un incubo, ma non rammento esattamente cosa.
Guardo l'orologio posto sul muro alla mia destra; sono le 4:30 del mattino. Gabriele è accanto a me, ha gli occhi chiusi. Cerco di voltarmi verso sinistra dandogli le spalle, ma non appena mi muovo lui spalanca gli occhi.
<<Scusami, non volevo svegliarti>> sussurro.
<<Tranquilla, ero sveglio da un po'>> dice lui stropicciandosi gli occhi.
<<Hai fatto un incubo?>> mi domanda.
<<Si, ma non ricordo nulla…come fai a saperlo?>>
<<Ti agitavi nel sonno, per questo ero sveglio>>
Resto un minuto in silenzio.
<<Mi dispiace per lo sfogo a cui sei stato costretto ad assistere e per i problemi che ti ho causato. Non era mia intenzione>> dico abbassando il viso.
<<Non hai nulla di cui scusarti, chiunque avrebbe reagito come te in una situazione del genere. Inoltre ora, siamo pari>>
<<In che senso?>> chiedo io stranita.
<<Tu mi hai coperto quando sono entrato nel castello, e io adesso ti ho aiutata accogliendoti qui…Inoltre non sono mai stato un tipo molto gentile con te, nonostante fosse in mio dovere portarti rispetto, quindi questo è il minimo che io possa fare>> dice tranquillo.
Ah, ora capisco tutto.
<<Capisco. Beh, in ogni caso, grazie...>> affermo senza entusiasmo. <<Sai, non ho mai amato la mia posizione, essere una principessa non è facile come sembra, sono cresciuta sotto una campana di vetro e il fatto che tu mi trattassi come qualunque altra persona, l’ho sempre apprezzato. Meglio essere disprezzati per quel che si è, che essere amati per quel che si ha>>
<<Quindi preferivi il mio atteggiamento a quello di una qualsiasi altra persona?>> domanda stranito.
<<Si, in fondo ho sempre saputo di essere un po’ masochista>> dico sarcastica.
Sento una piccola risata provenire dalla sia bocca. Improvvisamente mi sento prende di peso.
<<Gabriele! Mettimi subito giù?!>> urlo quasi.
<<Ssshh vuoi che ti senta tutto il quartiere? Non voglio farti niente>> sussurra infastidito.
Mi posiziona sul cuscino del letto e si sdraia accanto a me. Voleva solo che mi stendessi completamente sul letto.

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