Capitolo 8

26 5 4
                                    

Esco dalla stanza insieme a Gabriele, sto per scendere le scale quando sento una voce femminile chiamarmi.
Mi volto lentamente e ritrovandomi due begli occhi azzurri proprio di fronte a me.

<<È stato un piacere conoscerti Cassandra>> mi dice la madre dei fratelli con un sorriso.

Adesso che ce l’ho di fronte, non posso fare a meno di notare la sua bellezza, somiglia molto a Gabriele e Clotilde. Hanno gli stessi occhi, ma i capelli della donna sono biondi come un campo di grano. Nonostante l’infezione che l’ha indebolita di parecchio, resta sempre bellissima. Noto il suo braccio destro, ricoperto da enormi bolle bianche.

<<Anche per me lo è stato. Non ho ancora avuto il piacere di conoscere il suo nome>> dico anch’io con un sorriso.
<<Elsa. Mi chiamo Elsa. Sei davvero una bella persona e da quello che ho potuto vedere hai delle ottime capacità. Un giorno ti saranno molto utili>>
<<Mi scusi, ma non riesco a capire>> aggrotto la fronte confusa.

D’un tratto sembra essersi resa conto di ciò che ha detto.

<<Tranquilla, un giorno comprenderai tutto>> mi dice con un sorriso.

In quel momento un colpo di tosse la scuote violentemente, inizia a sputare sangue nel fazzoletto che le ho dato, è talmente debole da doversi appoggiare al muro per non cadere a terra.

<<L’infezione è peggiorata non è vero? Che pianta ha toccato?>> le chiedo preoccupata.
<<Come fai a sapere che è stata una pianta a ridurmi così?>>

Vorrei staccarmi la lingua, farla a pezzettini e poi mangiarmela…

<<Prima in salone stava quasi per sentirsi male, ed io ero semplicemente curiosa quindi, beh, ho chiesto la causa del suo malessere>> mento spudoratamente abbassando il viso.

Non credo di averla convinta, lo sguardo di Elsa è molto indagatorio.

<<Mio figlio non è un tipo che racconta cose così delicate ad una sconosciuta, c’è sicuramente qualcosa che mi state nascondendo. Ma non sono fatti miei, perciò mi faccio da parte>> riconosco il tono schietto di Gabriele nelle sue parole.
<<Comunque si, è peggiorata. Non credo mi resti molto da vivere ormai>> continua con amarezza.
<<Non dica così. Ci deve pur essere una soluzione>> dico speranzosa.
<<La soluzione c’è, ma non possiamo permettercela. Stavolta dovremmo cavarcela da soli>>

Non riesco a capire perché abbia detto “stavolta”, ma decido di non farci molto caso.

Improvvisamente mi viene un’idea.
Metto le mani dietro al collo e cerco di togliere una piccola collana . Mi fu regalata da mio fratello per i miei 12 anni; età in cui si entra in società tra i nobili. È composta da una sottile catena d’oro, così come il ciondolo, che ha la forma di un cuore. Su di esso ci sono incise due lettere; una F ed una C, simbolo del forte legame che ci unisce. Sono molto affezionata a questo oggetto, ma credo che in questo caso serva più a qualcun altro che a me.

<<Tenga>> le porgo la collana nella sua mano.
<<Cosa, perché?>>
<<Questa collana vale molto. È fatta di puro oro, uno dei più pregiati. La prego, la accetti. Con questa potrà farsi curare>> dico serena.
<<No cara. Non posso accettare, è troppo>> dice cercando di restituirmela.
<<Forse per voi sarà tanto, ma per me no. Posso benissimo andare dall’orefice al castello e farmene fare un’altra uguale. Probabilmente noi non ci vedremo più e io voglio rendermi utile. Come potrei mai vivere con la coscienza pulita sapendo che una persona è morta, e che avrei potuto fare qualcosa per aiutarla. Avrei i rimorsi per anni>> dico tranquilla.

Il rifugio del SerpenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora