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-Devo ammettere che questo posto non è così male, avere Starbucks di fronte casa gli da molti punti.-  dico sorseggiando un frappuccino, ieri sera mio padre è entrato in camera e mi ha chiesto scusa così gli ho promesso che saremmo andati a fare un giro insieme non appena avesse finito l'iscrizione e così eccomi a fare colazione.
-Sono contento che ti piaccia, scusa se ieri...-
-Papà ti ho già detto che non fa niente, basta, chiudiamo il discorso.- mi arrabbierei ma noto l'espressione sul suo volto... é la stessa che ha ogni volta che parla di lei.
-È che da quando tua madre non c'è più il nostro rapporto è cambiato molto, sei diversa con me e questo lo posso accettare ma prima non.. non mi parlavi neanche, e non voglio che succeda di nuovo.- si guarda intorno imbarazzato, capisco benissimo quello che vuole dire, non appena mia madre ci aveva lasciato io pensavo fosse colpa sua, non gli parlavo e non lo guardavo nemmeno negli occhi, e quelle poche volte in cui gli rivolgevo la parola ero sempre arrabbiata, il mio comportamento naturalmente è cambiato quando ho capito che lui non c'entrava nulla ma non sono mai riuscita a ristabilire lo stesso rapporto che avevamo prima.
-Non succederà di nuovo, avevo 7 anni, ero piccola e non sapevo cosa capitava realmente e tu eri l'unica persona che avevo così mi sono sfogata su di te, ero una bambina.- lo vedo aprire la bocca per parlare ma viene interrotto dal suono di un messaggio.
-Io... devo andare, un cliente a bisogno di me.- Dice pensieroso guardando il cellulare, odio tutto ciò, non appena il telefono squilla so già che se ne andrà lasciandomi sola, ma ormai ci sono abituata.
-Okay, io vado a fare un giro.- Lui si alza per andare a pagare mentre io vado verso l'uscita nella direzione opposta.
Prendo il telefono dalla tasca del giubbotto e lo accendo, sono le 10:40, manca ancora un po all'ora di pranzo quindi posso allontanarmi da casa.

Inizio a passeggiare guardandomi intorno, mi piace come sono costruite le case, le strade, è molto... accogliente? Non saprei come definire Londra ma è molto meglio di quello che mi aspettavo.
Sento un corpo sbattere contro il mio e riesco a mantenere l'equilibrio solo grazie a qualche strano miracolo divino. Di fronte a me c'è un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi azzurri che raccoglie qualcosa da terra.
-Scusami, ero immersa nei miei pensieri!- esclamo aiutandolo a prendere dei libri da terra.
-Tranquilla! Mi presento, io sono Davis e tu?- mi guarda con un sorriso stampato in volto, sembra così.. così gentile. L'ansia si impossessa di me, io non.. non posso.
-Lo sai che non c'è bisogno di dirmi che ti presenti prima di farlo, vero?-
-Ehm, okay... allora mi dici chi sei o almeno in che scuola vai?
-Sono Haylei Miller... vado all' imperial college qualcosa, contento?-
-Piacere Haylei, Ah l'ICL, ci vado anche io! Come mai non ti ho mai vista, sei nuova?-
-Il piacere non è mio, si sono nuova, ora se non ti dispiace vado.- Dico scansandolo e continuando ad andare nella direzione di prima. Forse sono stata troppo acida ma ne ho abbastanza di tutto.
Le persone riescono a farti del male solo se tu dai loro il potere di farlo, io non commetterò gli stessi errori, iniziando da ora. Non voglio trovarmi invischiata in qualcosa senza neanche rendermene conto.

Il cielo oggi è azzurro con pochissime nuvole nonostante ieri stesse diluviando, sto osservando la forma delle nuvole da non so quanto tempo, seduta sopra una panchina. Vorrei prendere il cellulare quando dei singhiozzi attirano la mia attenzione.
-La pensi così? Credevo che tra noi fosse una cosa seria!-
-Non puoi dirmi questo!-
-Ma io mi fidavo di te!
-Okay ho capito, lasciami in pace.-
-No! Se la pensi così non voglio più avere a che fare con te.- Giro il collo in un movimento quasi sovrumano, strano che non mi si sia spezzato.
Una ragazza è seduta per terra sul prato e ha appena attaccato al telefono. Si sorregge la testa con le mani mentre continua a piangere a dirotto. Sembra così triste, io non.. non so che fare, devo andarmene.
Mi sta guardando, non posso.. ahh io odio queste situazioni.
-Ehi- dico gentilmente.
-Ciao- mi dice tra un singhiozzo e l'altro.
-Come va?- ma che stupida! Come può andare se sta piangendo?!
-Secondo te?- risponde fredda, faccio per andare via capendo che ho sbagliato ma una mano mi afferra per il polso.
-Scusa, non volevo essere sgarbata. Io sono Jennie e tu?-
-Non ti preoccupare, io mi chiamo Haylei.-
-Piacere di conoscerti Haylei- mi guarda e si sforza di sorridere mentre io la osservo più attentamente. Ha i capelli castano scuro che le ricadono morbidi sulle spalle e un viso molto delicato, gli occhi azzurri e sopra il suo esile corpo indossa dei leggins e un cappotto che non mi permette di vedere cosa c'è sotto.
Mi alzo e le porgo una mano per aiutarla.
-Grazie mille, sei davvero una persona con un grande cuore.- arrossisce leggermente e si stringe nel giubbotto.
-Grazie a te, io ora devo andare.-
-Spero di rivederti.-
-Anche io.- dico tornando da dove sono venuta.
È stato così strano, non ricordo l'ultima volta in cui mi sono comportata in questo modo con qualcuno che non sia mio padre, mi sento così confusa, non è successo nulla lo so ma per me è una novità.
Da quando mia madre è scappata ho allontanato tutti e con il tempo mi sono unita ad un gruppo di persone di cui credevo di potermi fidare ma mi sbagliavo. Erano tutti estremamente falsi, dal primo all'ultimo, persone che ti dicono che sei bellissima e dietro sparlano di te all'infinito e non so come evitare di ripetere i miei errori quindi preferisco isolarmi da tutto e da tutti.

-Papa!!- urlo da camera mia e lo sento correre per le scale.
-Si? Che è successo?- dice aprendo la porta con il fiatone.
-Secondo te questa foto è meglio metterla sul comodino o sulla scrivania?- dico tranquilla tenendo in mano una foto di me da piccola che giocavo con i miei nonni paterni, era il mio 6 compleanno e mi stavano aiutando a salire sopra una macchina rosa che mi avevano regalato.
-E tu mi hai fatto correre di sopra per questo?- mi guarda sconcertato.
-Sei tu che hai corso, io ti ho semplicemente chiamato. Allora?-
-Mettila dove vuoi.- alza gli occhi al cielo.
-A proposito dei nonni, domani mattina vado all'ospedale, se vuoi venire con me devi essere pronta per le 9:00.- la sua faccia diventa seria e non so che dire. Certo che ci voglio andare solo che ho paura di quello che potrò vedere. Da piccola ero molto legata a mia nonna poi quando avevo quasi 14 anni si sono trasferiti qui ma comunque almeno una volta ogni 3 mesi mi venivano a trovare, ma ormai non li vedo da 1 anno e mezzo e cioè da quando mia nonna si è ammalata. Negli ultimi mesi la sua situazione è peggiorata molto e per questo siamo qui. 
-Certo che vengo.- dico convinta mentre l'ansia inizia a farsi strada dentro di me.

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