Giorno 32

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Giorno 32:

Stavo iniziando a perdere le speranze, e credevo mi avessero preso in giro. Non avrei ricevuto proprio nulla. Il foglietto era sparito, la matita era stata temperata nuovamente, ma accanto al mio vassoio non c'era nulla di nuovo. Fino a quella mattina. Il mio porridge e la mia mela mi aspettavano sul pavimento come sempre, ma questa volta vari pacchetti erano stati posati accanto ad essi. Un asciugamano umido, una scheggia di saponetta, un secchio con dell'acqua tiepida erano impilati a destra, a sinistra due pacchetti di carta bianca velata. Il primo era morbido e perdeva la sua forma nelle mie mani. All'interno, degli abiti. Un pantalone, una t-shirt e dei calzini, tutto bianco sericeo. Realizzai solo in quel momento di non essermi né cambiato, né lavato in quel mese di permanenza in quello strano posto. L'altro pacco era più rigido, e sembrava strutturato su tre livelli, come fossero tre scatole impilate. Quando lo aprii, il cuore mi scoppiò di gioia. Avevano esaudito il mio desiderio. Un quaderno, poco più largo di un A4, con la copertina rigida, nera, di pelle ruvida. Sotto di esso facevano capolino una scatola di pastelli e una più piccola di pennarelli. Avrei finalmente avuto qualcosa da fare, la situazione stava diventando insopportabile. E non per le condizioni penose, ma per la mancanza di cose da fare. Alla fine ero vivo, era quello che contava, e non sembravo avere scompensi di alcun tipo. Venivo nutrito, dormivo a sufficienza, la temperatura all'interno della camera cominciava a diventare vivibile. Il pavimento non era più così freddo, potevo girare a piedi nudi o sdraiarmici senza alcun problema.

Quel giorno fu un giorno di festa, mi lavai e indossai i miei abiti nuovi: erano freschi e morbidi sulla mia pelle leggermente irritata dall'asciugamano ruvido, oltre ad aver un buon odore di pulito. Poi passai il resto del pomeriggio a disegnare e scrivere i nomi di tutti quelli che mi ricordavo. Non volevo dimenticare nulla, il viso dei miei fratelli, del mio migliore amico Hoseok, dei miei genitori. Disegnai la mia casa, il giardino di Hobi, la scuola, il parco, il supermercato, e tutto ciò che riuscivo a ricordare. Ma dopo un po' le cose iniziarono a sfocarsi, sembrava di stare sott'acqua. Non ricordavo più nulla. Avevo finito. Una lacrima colpì la pagina, rovinando il disegno. Quella manciata di fogli era tutto ciò che mi sarebbe rimasto della mia vita precedente. E decisi che ogni volta che mi sembrava di star dimenticando, avrei ridisegnato tutto quanto da capo, per non scordare nulla. Io potevo essere morto per loro, ma volevo che il ricordo di tutti rimanesse vivo.

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