CAPITOLO 5: Non è mai troppo tardi per cambiare idea

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«Quindi fammi ricapitolare.» disse spazientito Jongin a Sehun. «Io oggi sarei venuto qui, con te, in questo ingrosso abusivo, per aiutarti a vendere la tua robaccia, quando invece sarei potuto andare ad esercitarmi per la gara ?»

Sehun intanto continuava ad appuntare su una cartellina i nomi degli oggetti che avrebbe preso per venderli. «Sei migliorato tanto, se salti un'esercitazione non muore nessuno, ho anche avvisato la banda. E poi ti ho persino detto che ti darò il 3% degli incassi. Non ti piacerebbe intascarti qualche soldo extra ?»

«Prega solo che la tua robaccia venda bene, o mi eserciterò con la tua auto.»
«Vedrai che andremo bene, socio !» disse Sehun dandogli una pacca sulla spalla, distratto dalla sua lista.

Mentre camminavano per le strade di Hongdae con in spalla i loro zaini forniti di ogni sorta di articolo, a Jongin sorse in testa una domanda spontanea che inevitabilmente chiese a Sehun.

«Che diavolo c'è nello zaino ? Non mi dirai che mi dovrò mettere anche a spacciare, vero ?»
«Mi hai preso per un pusher da ghetto ? Io vendo articoli firmati, amico. Roba di classe a gente pulita. No polvere sottile a fattoni che brancolano nel buio.»

Dallo zaino di Jongin uscì delle Air Jordan rosse e inizio a farsi notare dalla gente che passava. Un tizio robusto e pelato con una collana d'oro al collo gli andò incontro interessato a quell'articolo. Sehun gli fece la sua offerta, una molto cara, perché quelle scarpe erano un'edizione limitata. Alla fine il tizio andò via soddisfatto insieme al suo acquisto e Sehun e Jongin fecero il loro primo fruttuoso incasso della giornata. Jongin pensò che forse, dopotutto, la robaccia di Sehun non era poi così male.

Sehun adocchiò sedute su una panchina, un gruppetto di studentesse del primo liceo. Si avvicinò a loro insieme a Jongin. Le ragazze per l'evidente bellezza dei due si misero a ridere e a parlare sotto voce tra di loro. Sehun le salutò e gli propose un affare molto allettante. Sempre frugando nello zaino di Jongin, uscì tre borse edizione limitata di: Chanel, Dior e Yves Saint Laurent. Sehun fece la sua offerta, aggiungendo un piccolo sconto 'studente'.

Le ragazze appena videro quei tre gioiellini rimasero di stucco. Alcune di loro iniziarono a parlare per decidere il da farsi. Alla fine solo due di loro acquistarono le borse, perché purtroppo non disponevano di quella cifra. Allora prima che Sehun se ne andasse via, riprese la borsa di Dior e aggiunse un altro 10% di sconto. E così alla fine Sehun e Jongin distrussero l'amicizia di due amiche e intascarono un bel gruzzolo di won.

La giornata volò in un batter d'occhio. Fecero Sold Out di tutto quello che avevano nello zaino e furono pagati profumatamente per il loro ottimo lavoro.

«Hai un vero talento per appioppare cose alla gente.» disse Jongin soddisfatto del gruzzolo di Won che stava contando.

«Che posso dirti, sono troppo bravo, potrei vendere preservativi anche ad un monaco.» disse Sehun ridacchiando e contando la sua fruttuosa paga. «Ti va di rifarlo qualche altra volta ?»
«Si, perché no ? E' stato divertente. Non credevo che vendere robaccia alla gente potesse essere così redditizio.»

«Il Kim Jongin che tanto schifava i miei articoli, adesso ci ha persino preso gusto a venderli. Allora è proprio vero che tutti possono cambiare.»

«Ma sta zitto.» disse Jongin ridendo e spintonando Sehun.



A casa Jongin, si rilassò stendendosi sul suo letto. La giornata era stata molto intensa. Non avrebbe mai creduto che sarebbe finito a fare il venditore ambulante per strada con Sehun e che si sarebbe persino divertito.

Nonostante il suo tentativo di svago, perché si, Jongin aveva principalmente accettato l'offerta di Sehun per evadere dalla sua testa, si ritrovò di nuovo a pensare a Kyungsoo. Non si dava pace. Era stato insieme ad un altro, quando sarebbe dovuto esserci lui al posto di quello sconosciuto. Era furioso. Pensava che Kyungsoo volesse conoscere davvero Jongin, invece si stava divertendo alle sue spalle. Un altro motivo che mandava al manicomio Jongin, era il fatto che provasse qualcosa per lui. Kyungsoo lo confondeva alla stragrande.

Erano le 18:15 quando Jongin fu svegliato dal campanello della porta.

«Arrivo, arrivo !» disse con gli occhi ancora chiusi e camminando come un bradipo ubriaco. Quando aprì la porta, si trovò davanti Suho mentre leggeva della posta che aveva in mano.

«Suho ? Chi ti ha dato il mio indirizzo ?» disse ancora assonnato e confuso, grattandosi la testa. In tutta risposta, Suho lo colpì con una bolletta della luce, che era molto pesante. «Me l'ha dato Sehun. Se non fosse stato per lui, ti avrei dato per disperso! Ma dove diavolo hai messo il cellulare !?»

Jongin svegliandosi grazie alla botta in testa, riuscì a connettere meglio il cervello.«Proprio li accanto a me !» disse indicando dove poco fa sonnecchiava beatamente. «Se l'avessi sentito squillare, ti avrei risposto.»

«Hai il telefono spento, razza di troglodita. La segreteria diceva che eri irreperibile. Vivi nel futuro, vedi di iniziare a fraternizzare con la tecnologia, sciocco ragazzino.» disse mimandogli un colpo con la posta. «Datti una sistemata. Abbiamo del lavoro.» disse consegnandogli la sua posta e tornandosene all'auto. Jongin non poté fare diversamente. Dopo essersi dato una sistemata, uscì dall'ingresso, per poi salire sull'auto di Suho, parcheggiata proprio davanti casa sua.

«Grazie per aver parcheggiato davanti casa mia.» disse Jongin sarcastico e salendo infastidito.

«Non c'è di che.» disse Suho sarcastico. «Credi davvero che con la reputazione che hai, tuo padre si beva la storia delle lezioni extra.» disse ridendo.

«Dopo oggi, non più.»

«Che ti aspettavi ? Che sarebbe stato tutto rose e fiori questo lavoro ? Gli imprevisti fanno parte di questo stile di vita. La sicurezza se la si crea da soli.» disse Suho mettendo il Nos.

Jongin si decise finalmente ad accendere il telefono e fu bombardato da chiamate e messaggi. Le ultime chiamate in arrivo erano di Suho, mentre quelle precedenti e i messaggi, erano di Kyungsoo.

«Merda..» imprecò. Iniziò a leggere i messaggi.

From D.K :
Perché non rispondi al telefono ? Che ti è preso ?

From D.K :
Non capisco perché lo stai facendo.

From D.K :
E' per quella cosa che hai sentito ? Sul serio ?

From D.K :
Okay Jongin, questo è il mio ultimo messaggio, se non vuoi parlarmi più, non abbiamo più nulla da dirci.

Questo era l'ultimatum di Kyungsoo. Se Jongin voleva sapere di più su tutta la faccenda, doveva affrettarsi, o non avrebbe avuto più notizie da Kyungsoo.

Dopo aver recuperato denaro da gente che gli doveva dei soldi, Suho condusse entrambi di nuovo al Casinò di Kris. Aveva chiesto a Jongin di aspettarlo fuori dalla stanza come l'ultima volta. Mentre Jongin aspettava, aveva intravisto dalla porta mezza socchiusa Suho salutare Kris e subito dopo offrirgli un bicchierino mentre gli consegnava una mazzetta di soldi. Kris prese quella mazzetta con un sorriso e gli passo il pollice per vedere se erano esatti. Nello stesso istante Kris si accorse dello sguardo di Jongin da quello spiraglio e fece cenno a uno dei suoi di chiudere meglio la porta. Era evidente che Kris non voleva che jongin ficcasse il naso nei suoi affari.

Mercoledì sera, Jongin prese una decisione definitiva.

Il Signor Kim di ritorno a casa, non lo trovò per l'ennesima volta e con suo grande disappunto aveva notato che anche tutta la roba di Jongin mancava all'appello. L'unica cosa che aveva lasciato era la sua uniforme scolastica con sopra attaccato un biglietto.

' Scusa Papà, non posso più restare. Addio.'

Lo aveva lasciato con queste semplici parole, senza nemmeno dargli una spiegazione. Ma per il padre fu sufficiente per capire tutto. Sapeva che prima o poi sarebbe accaduto. Sapeva bene che genere di amicizie aveva stretto Jongin, ne era venuto a conoscenza da quando degli informatori della scuola gli avevano comunicato che suo figlio Jongin frequentava gente poco raccomandabile. Non poteva più farci nulla. Jongin aveva avuto fin troppe occasioni per allontanarsi dai guai, ma lui aveva preso la decisione di accoglierli nella sua vita.

Nello stesso momento, in un luogo che Jongin conosceva molto bene, si era presentato con tutta la sua roba nella sua nuova casa. La sua prima vera casa.

«Fallo accomodare, Jongdae.» disse Suho indicando gli scomparti dei letti.

Jongin pensò che sarebbe stato meglio per tutti. Doveva sparire.

Si era immischiato in degli affari clandestini e malavitosi, perciò non voleva che per colpa sua ci fosse andata di mezzo la vita di suo padre. Questa era la sua vita. Era un continuo rischio e non poteva essere altrimenti. Quindi non voleva che nessuno dei suoi genitori s'intromettesse. Se sarebbe capitato qualcosa, questa volta la responsabilità delle sue azioni sarebbe stata a suo carico e di nessun'altro. Adesso era lui da solo contro il suo destino.

Nonostante tutto, aveva per la prima volta trovato un posto da poter chiamare casa e degli amici da poter chiamare famiglia. Tutto quello che aveva sempre desiderato era sempre stato li ad aspettarlo a Seoul.

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