CAPITOLO 1 : Il Passato non ti lascia mai

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L'aereo atterrò in orario. Jongin uscì fuori dall'aeroporto di Incheon e iniziò ad aspettare suo padre, che sarebbe dovuto venirlo a prendere.


Si fecero le 21:00 e a quel punto iniziò a pensare che se ne fosse dimenticato. Prese un taxi e mostrò l'indirizzo al taxista. Durante il giro in macchina osservò fuori dal finestrino Seoul, così caotica e luminosa. Si ricordò degli anni trascorsi da piccolo quando ci veniva di tanto in tanto insieme ai suoi genitori.
Credevano che distruggendogli la macchina o spedendolo dall'altra parte del mondo lo avrebbero tenuto lontano dalla strada, ma si sbagliavano di grosso.


Arrivato davanti all'appartamento di suo padre, suonò il campanello. Dall'aspetto, la casa era chiaramente una catapecchia.
Nel quartiere c'era molto movimento e non sapeva nemmeno se lo potesse definire un quartiere.

Suonò una seconda volta. Grandioso, pensò che non era nemmeno in casa.
Ma la porta si aprì.

« Jongin..» disse il padre, sorpreso di vederlo. «Ero convinto che arrivassi il 7..»

«Oggi è il 7, papà.» Disse abbastanza scazzato.

«Senti, dammi solo un secondo.» Richiudendo la porta, Jongin notò che il padre era in vestaglia.
Un attimo dopo il signor Kim apri la porta e uscì una donna; l'aiutò a mettere il capotto e la ringraziò. Prima di andarsene, la misteriosa donna incrociò lo sguardo con quello di Jongin con un po' d'imbarazzo e poi si incamminò.

«Vieni entra.»

Dentro era un casino totale, c'erano libri ovunque, ciotole di ramyeon, carte da gioco, vestiti... Un vero caos.

«Ah, sai Jongin, sarei venuto a prenderti, ma tua madre ha detto che arrivavi il 7 e in corea siamo un giorno avanti e...» Il signor kim vide Jongin guardarlo infastidito. Lo sapeva che avrebbe dovuto fare attenzione alla data. «Ma non importa, adesso sei qui, sono contento di poterti rivedere e passato molto tempo dall'ultima volta.»

Jongin sembrò quasi percepire della sincerità nelle sue parole. Quasi. «Dimmi dove dormo.»

«Jongin, lo sai che non avevi alternative. Saresti finito in riformatorio.» Si appoggiò al tavolo. «Non potete continuare a trasferivi ogni volta che ti metti nei guai.»

«E tu allora ?» Iniziò ad irritarsi.

«Ascolta, nessuno di noi avrebbe voluto che succedesse, ma ho promesso a tua madre che mi sarei preso cura di te, anche se avrei dovuto pensarci un mucchio di tempo fa. Quindi segui le regole stabilite e ti troverai bene.»

«Regole ? Fai sul serio ?»

«Già, regole, davvero semplici. Vai a scuola e appena uscito torni dritto a casa e non voglio neanche lontanamente sentire nominare la parola automobile.»

«Frena un attimo. Hai detto Scuola ? »

«Non crederai mica di essere venuto qui in vacanza. Continuerai ad andarci, almeno imparerai qualcosa li dentro.»

«Si, per esempio come iniziare a progettare la mia morte.»

«Non hai alternative.»


Il mattino seguente, la sveglia suonò alle 6:00. Jongin sperò che fosse stato tutto un brutto sogno e che si trovasse ancora in America. Smise di pensarlo quando aprì gli occhi e capì che aveva dormito su un materasso sottilissimo posizionato sul pavimento. Spense la sveglia e notò che appeso all'appendi abiti c'era una divisa scolastica con sopra attaccato un biglietto:


- Oggi c'è scuola. La metro va via alle 7:00. Buona giornata.

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