CAPITOLO SEI

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Dei passi si precipitarono verso il mio amico ed io, stupida, restai immobile.
Avevo troppa paura che potessero essere le stesse persone che precedentemente avevano aggredito James.

Ero ancora nascosta in bagno, appoggiata con la schiena al muro.
"Tu chi sei?" chiese improvvisamente James con voce flebile.
A questo punto mi sarei aspettata urla e colpi di pistola, invece nulla.
"Lasciami!"
Esposi un po' la testa intimorita per vedere cosa stesse accadendo.

Un uomo di spalle, sorreggeva James che a stento riusciva a mantenersi in piedi.
Il mio amico si dimenava sempre più ma l'uomo non aveva intenzione di lasciarlo.

Lo aiutava a salire le poche scale che dividevano la sua stanza dal resto della casa.
Delle lacrime calde tracciarono la mia guancia.

Restai del tempo indefinito li giù, da sola.
Sentii dei passi che forse provenivano dal salotto e improvvisamente la paura mi pervase.
Ho sempre odiato il buio, sin da piccola.
Buio era sinonimo di mostri, e mostri di incubi.
E come può una bambina di sei anni non avere paura?

Però il timore che potessero fare del male a James aveva preso il posto del mio timore per i luoghi senza luce che man mano ritornava ad impadronirsi della mia mente.
Provai a muovermi ma ero come paralizzata.
Cosa farò? Passerò la notte qua, aspettando che faccia giorno?
L'unica cosa che riuscii a fare fu cliccare il tasto per accendere la lucina interna dell'orologio al mio polso che segnava le dieci.

Nello stesso istante in cui decisi che non poteva accadere nulla di peggio sentii altri passi andare via e chiudere la porta di casa.

Sapevo che prima o poi sarei dovuta uscire da lì e affrontare la situazione ma continuavo a rimanere rannicchiata a terra in quel bagno di servizio.
Non avevo la forza di alzare la testa e guardare chi ci fosse vicino a me.
"Kimberly alzati" mi dissi tra me e me
Mille pensieri mi attraversarono la testa.
Cosa sarebbe successo poi? Fu uno di quei.

Diedi ascolto alla voce nella mia testa e mi alzai.
Nell'oscurità mi toccai il polso dove, ore prima, mi aveva stretta Jeremy e sussultai al ricordo del litigio con lui e per il dolore.
Mi alzai di scatto e uscii dal bagno, la luce mi colpì agli occhi.
Mi coprii il viso con le mani e per poco non andavo a sbattere contro un comodino.
Dov'è James?
"James dove sei?" urlai dal salotto.
"Sono di sopra" urlò a sua volta.
Corsi da lui, prima che la mia paura per il buio potesse sopraffarmi.
Salii le scale velocemente e arrivai in camera del mio amico.
Mi bloccai di colpo.
"James" lo abbracciai forte.
"Piano, ho la pancia che mi fa male" rise.
"Ma cosa è successo? Chi erano quei due?" iniziai con le domande.
"Non so..."

Mi fece spazio sul letto e mi sedetti accarezzandogli la guancia.
Era ridotto proprio male.
Il labbro inferiore sanguinava e il naso era ricoperto di sangue.
Sotto l'occhio sinistro un grande livido viola e i capelli erano scombinati e sudati.

"Ma cosa cazzo ti dice il cervello?" dissi piano, passangli il dito sul labbro.
"Kim non preoccuparti erano solo dei ladri" si portò il braccio dietro la nuca.
"Non mentirmi, nessuno ha cercato di rubare nulla qui"corrugai le sopracciglia e lui mise una mano sulla mia che gli accarezzava la guancia.
"Hey" si alzò di poco "Non ti sto mentendo, non so davvero cosa volessero"

"Chi era l'uomo che ti ha aiutato a salire fin qui?"
"Non potevo vedergli il volto, aveva un passamontagna." Il motivo?
Da quanto avessi capito non voleva farci del male e neanche rubare qualcosa...
"È riuscito però a mandare via quei figli di puttana..."
"Ma come?"
Alzò semplicemente le spalle.
Non volli insistere più di tanto, non ne avevo le forze e avevo chiesto già abbastanza.
Ma avrei approfondito lo stesso la questione in questi giorni con James.

"Dove stavi andando?" Chiese lui
"Ma come? Dovevamo andare alla festa!" risi.
"La festa di Sam, giusto..."
"Kim, non ti preoccupare, vacci. Ci tenevi tanto".
"Assolutamente no, io resto con te" dissi convinta
Guardai l'orologio che segnava già le 10:30
Mi ero preparata per nulla, ma fortunatamente non era successo nulla di grave.
"Vai, io me la cavo" disse James alludendo alla festa.
"Sei pazzo? Non ti posso lasciare qui...sarà per la prossima volta."

Il telefono iniziò a suonare.
Era mia madre.
Mi alzai e andai in fuori la stanza.
"Mamma, sono da James va tut..."
"Kimberly cazzo, per quale ragione non mi hai hai avvisato che uscivi? Io e Jeremy eravamo spaventati a morte" sentivo dal tono di voce che era preoccupata e anche abbastanza incazzata.
Alzai gli occhi al cielo e le spiegai della festa omettendo la situazione a casa di James.
"Mamma, prima di uscire ho avvisato Jeremy" mi ricordai.
"Impossibile, non mi ha detto nulla e poi era preoccupato quanto me" stronzo.
"Stiamo per andare ad una festa mamma, non aspettarmi alzata" feci dando un'occhiata al ragazzo in camera.
James era ormai in piedi e veniva verso di me.
Mi mimò con le labbra che scendeva giù a sistemare ma prima si avvicinò a me.
"Kim... fai attenzione" sentii che si era calmata, posai il telefono e mi girai per guardare James che, silenzioso, che aveva ascoltato la chiamata.

"Devi denunciare quello che è successo" lo guardai preoccupata, mentre scendevamo le scale.
"Kim ascolta, va tutto bene. Vai alla festa e divertiti, io devo fare una cosa"
"Ma ti sei bevuto il cervello?" urlai
"Fallo per me, starò bene" mi prese le spalle e mi rassicurò accarezzandomele.
"Sei sicuro? Non voglio che ti succeda di nuovo qualcosa" lo abbracciai.
"Vai".

MARIGOLDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora