Nessuno sapeva io avessi un diario, nemmeno Aksel. C'erano cose che non avrei potuto raccontare a nessuno, nemmeno a mio fratello; questo riguardava anche la Gaillard, la psicologa che mi seguiva da quando avevo undici anni. Per quanto mi fidassi di lei, sapevo bene che ciò che le dicevo sarebbe ben presto finito nelle orecchie di papà, e l'idea non mi entusiasmava. Per questo motivo tenevo un piccolo taccuino dentro un vaso, sul davanzale della finestra della mia camera; sarebbe stato difficile trovarlo, ma anche tirarlo fuori – dato che era coperto da un pesante strato di terra e da una piantina che Moe aveva comprato l'estate precedente in un mercatino –, e ciò era perfetto dato che, come ho detto, non era un oggetto fondamentale per me.
Mi dispiaceva far male a quella piantina. Ci pensai su per un bel po'; in fin dei conti, cosa aveva fatto di male, lei? Mi aveva tenuto tanta compagnia durante quei mesi di freddo, l'avevo vista crescere e germogliare. E ora ero sul punto di ucciderla. «Scusami» le sussurrai, pronta a svolgere l'esecuzione. Afferrai il vegetale con una mano e, senza essere troppo violenta, con l'altra spostai il terriccio in modo da tirare fuori quel mucchio di fogli. Ci riuscii in meno di cinquanta secondi, senza nemmeno fare troppo male alla povera piantina innocente. Una volta concluso il lavoro, posai il diario lontano da me e risistemai il vaso; avrei dovuto trovare un altro nascondiglio, anche se sembrava difficile trovarne uno migliore del precedente. Moe l'avrebbe scovato subito: era peggio di un segugio. Così, optai per il giardino. Lì non l'avrebbe trovato nessuno.
Dopo aver concluso l'operazione, mi pulii le mani sui pantaloni e mi buttai sul letto, cominciando a sfogliare le pagine; la mia scrittura era simile alla mia personalità: sfogliando le pagine velocemente, sembrava ordinata e tondeggiante. Perfetta. Andando a leggere meglio, però, non si capiva nulla.
L'ultima cosa che avevo scritto risaliva al diciannove giugno dell'anno prima.Ciao,
lo so, non scrivo da tantissimo. Ho avuto da fare con Pauline, la nostra insegnante. Per fortuna ieri è tornata in città. Io ed Aksel ci potremmo godere l'estate, ora. Papà ha cominciato a riempire la piscina e ieri siamo andati con Moe in paese a comprarci qualche costume e qualche vestito. So che non ti interessa, ma voglio dirti cosa ho comprato perché fra un anno magari non ricorderò nemmeno più di essere andata a comprare dei costumi con Moe e mio fratello. Dicevo: ho preso un costume intero nero e due bikini, uno imbottito e l'altro no. Moe dice che, dato che sto crescendo, devo cominciare a valorizzare le mie curve. Papà forse non sarebbe stato contento di sentire quella frase, ma io sì. Mi piace avere sedici anni, anche se a volte sento la sensazione di averne di meno. Ma non mi dispiace più di tanto.
Poi siamo andati in un negozio a comprare dei vestiti. Moe mi ha dato carta bianca, dicendomi che ormai ero grande abbastanza per scegliere da sola che vestiti mettere. Così ho comprato alcune t-shirt, tre canotte e cinque paia di shorts. Poi l'ho visto: un vestito che arrivava sopra le ginocchia, bianco e grigio. Ho comprato anche quello. Dopo siamo andati a comprare le scarpe. Ho preso solo un paio di infradito, perché sapevo che sarei sempre andata in giro scalza. Moe ha sbuffato, ma poi ha acconsentito. L'ha detto lei che sono grande ormai per decidere cosa mettere.
Quando siamo tornati a casa la piscina era quasi piena. Papà aveva preparato la tavola in veranda ed io ero felice. Abbiamo finito di sistemare i vestiti appena comprati, poi sono corsa di nuovo in giardino a guardare la piscina riempirsi. Ho guardato l'acqua salire per un bel pezzo, finché Moe non mi ha chiamata dicendomi che il pranzo fosse pronto. Così sono scesa dall'albero e mi sono seduta al tavolo, vicino a papà. Il pomeriggio Aksel ed io abbiamo preso le bici e siamo andati a farci un giro per il paese. Moe ci aveva raccomandato di tornare a casa prima delle sei, e noi eravamo davanti al cancello alle cinque e tre quarti. Anche a Moe piace l'estate, perché sia io che Aksel siamo più obbedienti. Chester non vede l'ora di farsi il bagno in piscina, peccato che non potrà: papà non vuole. Così, io e mio fratello abbiamo tirato fuori la piccola piscina che usavamo quando eravamo bambini e l'abbiamo riempita. Domani faremo tutti il nostro primo bagno. E io sono emozionatissima perché d'estate mi sento meglio.Chiusi il diario non appena sentii dei passi per le scale; feci in tempo a nasconderlo sotto il letto prima che Moe entrasse in camera mia. «Si può sapere perché sparisci così allimprovviso, Nora? Abbiamo degli ospiti, se non te ne fossi accorta.» Mi scusai, dirigendomi verso di lei. Non appena fui abbastanza vicina la abbracciai. Dopo un po', ancora sorpresa, ricambiò anche lei. Mi accarezzò la testa, dandomi un leggero bacio. Un gesto semplice che per tanto tempo non avevo ricevuto. A volte avevo solo bisogno di un abbraccio, di qualcuno che mi facesse sentire a casa semplicemente stringendomi a sé. «Che ti prende, mon amour? È successo qualcosa? Sai che con me puoi parlare»
Scossi la testa, «Non è successo niente. Volevo solo un abbraccio»
«Okay» fece lei, stringendomi un po' più forte. Nonostante talvolta fosse scorbutica, scontrosa, irascibile, restava la persona più umana con la quale avessi avuto a che fare; e mi ritenevo fortunata a condividere con lei quel frammento di tempo che, ancora oggi, resta scolpito nei miei ricordi. Perché mi fa sentire a casa.
«Dai, andiamo giù» disse dopo un po', staccandosi da me e mettendo un braccio attorno alle mie spalle. Così, insieme, scendemmo le scale. Papà si girò, sorridendomi, «Che stavi facendo di sopra?» mi domandò.
«Pensavo» risposi. Mio padre si avvicinò ad Adrien e, sussurrando, gli disse: «Nora pensa sempre: è una gran sognatrice»
Fui felice che avesse parlato così di me; era la prima volta che mi definiva una sognatrice.
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jugend - timothée chalamet
Fanfiction❝ sperai che nemmeno lui riuscisse ad addormentarsi, e, per un secondo, immaginai che si stesse girando e rigirando tra le coperte, pensando a cosa stesse occupando i suoi pensieri a tal punto da togliergli il sonno. forse ero io. speravo di essere...