Salutarlo fu una delle cose più difficili, quasi quanto vederlo andarsene. Prima di farlo, dopo essere montato in auto e aver chiuso la portiera, mi accorsi che il finestrino fosse rimasto aperto. Così mi avvicinai, appoggiando le braccia sullo sportello. «Ancora un po'» disse lui. Così avanzai di poco. Appoggiò il palmo della sua mano sulla mia. Ero contenta che fosse vivo e che mi stesse tenendo la mano. «Sei felice?» mi domandò, dopo qualche secondo di silenzio. Gli diedi un piccolo bacio sul naso e non risposi. Lui non me lo chiese di nuovo. In realtà sì, lo ero, ma non era il caso di gridarlo ai quattro venti. Non volevo che, quando sarei tornata triste di nuovo, lui l'avesse notato. Perché la sentivo già scorrere via piano piano, la mia felicità, come la neve che si scioglieva fuori da lì. Ed io mi stavo sciogliendo con lei.
Sono passati tre anni dalla sua partenza. Non sono ancora tornati a trovarci, ma so che, prima o poi, lo faranno. Magari dovranno passare dieci anni, magari solo qualche mese, ma torneranno. Aksel sta leggendo un fumetto sulle scale. Mi siedo accanto a lui. È cresciuto e, come lui, anche io. Moe sta preparando la torta alle fragole, e so che, sotto sotto, Chester manca molto anche lei. Il tempo si è portato via anche lui, un anno fa. Era vecchio, ma riuscivamo ancora ad intraprendere delle lunghe passeggiate lungo il fiume. Lui lo so che non tornerà mai, me ne sono fatta una ragione, ormai; la vita va avanti lo stesso.
Sento il motore di una macchina da fuori. Chiedo a Moe chi sia, «Non lo so», risponde, «Va' a vedere»
È una Mercedes grigia. Ha parcheggiato proprio davanti al nostro cancello.Vedo scendere una donna con un paio di jeans e una canotta bianca. Sta sorridendo.
È la mamma.
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jugend - timothée chalamet
Fanfic❝ sperai che nemmeno lui riuscisse ad addormentarsi, e, per un secondo, immaginai che si stesse girando e rigirando tra le coperte, pensando a cosa stesse occupando i suoi pensieri a tal punto da togliergli il sonno. forse ero io. speravo di essere...