Una linea nei miei occhi Blu...

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La luce mi stuzzica le palpebre serrate. Inspiro ed espiro profondamente l'aria fresca che entra dalla finestra aperta. Apro piano gli occhi e spengo la sveglia che vibra sul comodino. Rimango per un po' a fissare il soffitto bianco della mia stanza, senza pensare a niente in particolare, ma semplicemente a contemplare il bianco e la tranquillità di questo momento di silenzio tombale, che ovviamente viene interrotto dal rumore della sveglia di mia mamma, che ovviamente non tarda ad urlare il mio nome a squarcia gola dalla cucina. Alzo gli occhi al cielo. Mi tolgo il lenzuolo dal corpo e mi alzo stiracchiandomi pigramente.

Scendo le scale, qualche gradino lo salto. Arrivata alla fine della scala la vedo con le braccia incrociate, il grembiule macchiato, i capelli sistemati in una coda scomposta e infine a macchiarle il viso un po' di cioccolato. Sto per scoppiare a ridere, quando vedo che sta parlando, e pare parecchio arrabbiata. La ignoro quasi completamente e mi dirigo lentamente verso la cucina

 Le uniche cose che percepisco sono le ultime parole:"...Kess,è tardi, devi sbrigarti".

"Ma per cosa sono in ritardo mamma?". Non capisco.

 Lei mi guarda ancora più infuriata e mi sbraita contro:"Kess, sei in ritardo per la scuola! Ma ti vuoi svegliare!"

Scuola. Oddio. Me ne ero completamente dimenticata. Devo tornare all'infero! Non ho fatto niente in tutti questi giorni. Io non ci torno. Sto per ribattere che non ci vado, ma lei mi anticipa dicendomi...

"Kess, vatti a cambiare... hai 18 anni, ed è ora che tu ti prendale tue responsabilità, e non mi importa se non hai fatto un tubo dalla mattina alla sera..." mia mamma continua a parlare, ma io non la sto più ascoltando.

La mia mente si è fermata sui 18 anni, che a primo imbatto può sembrare niente, un numero come gli altri, un'età come le altre, ma a dire il vero è ricco di significato, di responsabilità. E' vero, oggi compio diciotto anni, e questo potrebbe giocare a mio favore. Io la dentro non ci torno per oggi, non ce la faccio a rivedere tutti coloro che mi parlano dietro, quelli che mi guardano male e i peggiori, i miei vecchi amici, coloro a cui tenevo prima di perdere lei, prima che il mondo perdesse il suo colore. Mi firmerò la giustifica e farò credere alla mamma che ci sono andata. Mi alzo in fretta dalla sedia, senza aver toccato cibo. Salgo le scale ed entro in camera chiudendomi la porta alle spalle. Dopo qualche minuto di panico trovo il mio zaino, ancora pieno dei libri dell'ultimo giorno di scuola, mai tirati fuori. Li tolgo bruscamente e al loro posto metto una felpa, il portafogli e qualche trucco. Non ho neanche il tempo di guardarmi allo specchio per vedere come sono messa che la sua voce stridula mi penetra le orecchie.

" Kess, sbrigati !"  Scendo le scale sbuffando e mi dirigo verso la porta passandomi una mano tra i capelli per eliminare i nodi. Prendo i miei occhiali da sole posati sul comodino d'ingresso e me li infilo. Entro in macchina e guardo distrattamente fuori dal finestrino mentre lei mette in moto.

La mamma mi lascia ad un incrocio. Verso destra si va a scuola, invece verso sinistra si va alla fermata della corriera. Scendo dalla macchina sbattendo la portiera. Inspiro profondamente e metto in scena la mia scenetta. Mi dirigo verso la scuola sotto lo sguardo vigile di mia madre. Mi blocco davanti al cancello spalancato del mio liceo.

L'edificio che ho davanti a me è grande, maestoso e straordinariamente triste, almeno per me. Questo posto è pieno di me, ma non della parte che ammiro di me, ma della parte che odio di me. In ogni angolo in cui mi giro vedo un brutto ricordo o un fallimento. Ed ecco che mi viene in mente lei. Penelope. Colei che mi ha abbandonata per andare con la sua famiglia in una stupida città che io non conosco e non potrò mai raggiungere. Mi salgono le lacrime agli occhi, non posso stare qui, devo andare via.
Mi fiondo a tutta velocità verso l'incrocio di prima, verificando che la mamma se ne sia andata.

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