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capitolo quattordici corretto.

capitolo quattordici corretto

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« noi due stiamo bene » la voce di jimin arrivava calda e tranquilla, la si poteva scambiare per acqua per il suo modo così fluido di scivolare praticamente nelle tue orecchie. come musica. e hoseok desiderava improvvisamente essere sordo.

era arrivata, la frase, quella che jimin sapeva avere così tanto controllo su hoseok. quest'ultimo abbassò lo sguardo, riluttante. era la sua frase, quella che più di tutte lo mandava a terra. il biondo era più che capace a tirarla fuori ogni volta che ne aveva bisogno, per sistemare ogni discussione e litigio, e far calmare i loro animi. o lo faceva per fare in modo che hoseok seguisse le sue parole. probabilmente, ora lo stava facendo per entrambi i motivi.

per la prima volta, jimin stava provando il forte desiderio che anche hoseok diventasse una di quelle persone che non aveva problemi nel controllare a proprio piacimento. di nuovo, stava vendendo allo scoperto quel che carattere orrendo, mentre nei suoi occhi brillava l'immagine del proprio ragazzo completamente sotto il suo controllo. voleva averlo con sé esattamente come riusciva a controllare tutte le altre persone attorno a sé. desiderava controllarlo, fare in modo che il rosso cominciasse a fidarsi così tanto di lui da portarlo a gettarsi tra le sue braccia senza più il minimo accenno di paura. doveva essere lui il centro della sua vita, di tutto.

hoseok annuì, stringendo appena le dita del proprio ragazzo e procurando un piccolo sorriso sul volto di quest'ultimo. « noi due stiamo bene » gli rispose, mentre le parole quasi gli stonavano in bocca ed ora avevano un retrogusto completamente amaro e tossico. parlava cercando di convincere prima di tutti sé stesso.

a jimin non interessava nemmeno più, mentre si spingeva in avanti con il proprio busto alla ricerca dell'altro ragazzo. e hoseok si lasciava cercare, chiudendo gli occhi e dicendo a sé stesso che jimin era la cosa giusta per lui. e lo stringe a sé tra le proprie braccia il suo corpo minuto, accarezzandone ogni centimetro di pelle e convincendosi che era l'unico a toccarlo così. e sentiva ancora quell'odore, più forte che mai, anche quando la felpa ormai era volata via e finita sul pavimento, forte e vivido nelle proprie narici.

e mentre quei ragazzi, che per tutto il resto del tempo non sembravano più stare insieme e non si guardavano più con gli stessi occhi di tempo prima, e non si parlavano più come prima e nemmeno passavano tanto tempo insieme, si avvicinavano tra loro, stringendosi e fingendo di desiderarsi, pensando di far contento l'altro, a rimaner da solo e circondato dal silenzio era yoongi, nella solitudine del proprio appartamento.

non sapendo cosa fare, cosa pensare, nervoso. e quel monolocale si era fatto grandissimo, immenso, troppo vasto per una sola persona piccola come lui. gli sembrava così vuoto da quando hoseok aveva messo piede fuori da quella porta. non gli piaceva più niente.

il suo sguardo finiva sul riflesso del proprio specchio e non riusciva a provare altro che disgusto per ciò che vedeva, per l'immagine di sé che si presentava di fronte a lui. tutto gli faceva schifo, e sé stesso non era da meno.

i capelli spettinati sulla propria testa, ormai privi di taglio, e di quel colore pessimo. la pelle pallidissima, da non farlo sembrare nemmeno umano. il corpo sempre più magro, dimostrando a chiunque altro quanto poco se ne curasse di ciò che il mondo gli aveva donato. e gli occhi, vuoti e tristi, sottolineati da due cupe occhiaie scure. le sue mani, rovinate e con piccole ferite un po' da ogni parte, per il suo eccessivo sforzo nel disegno e nel suonare.

era come già morto.
la sua testa gli diceva assomigliava alla cosa più triste che potesse avvicinarsi ad una vera persona, il modo più brutto in cui essa poteva apparire agli occhi di qualcuno.

ed ora anche il ricordo di hoseok lo sentiva lontano, tanto da non provarlo neanche più parte di questa realtà. la sua vita si era fatta di nuovo grigia, i colori si erano sbiaditi ancora una volta. era solo.

dentro di se sentiva il bisogno di sentire anche solo di nuovo la voce di quel ragazzo tanto particolare. voleva prendere il telefono e comporre il numero del rosso e parlarci, anche tutta la notte se gli andava bene. non si sarebbe mai stancato. fargli sentire ancora la propria musica, chiedergli cosa ne pensasse.

inutile dire che non lo fece. non ci riuscì. il solo pensiero di sé stesso compiere un gesto del genere lo faceva rabbrividire e sentire invasivo, mentre la sua mente lo costringeva a pensare di non essere abbastanza per hoseok. si immaginava come un peso per lui, qualcuno di poco importante che invece credeva di esserlo.

ma come comunicare allora con lui in quel momento di tanto bisogno, se non poteva nemmeno sfiorare l'idea di farlo tramite il telefono? così raccolse un foglio di carta ed una penna, e si mise a scrivere una lettera.

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scusate ma ho riso per
l'involontario riferimento
di hoseok a « a voce bassa »

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