Morte di un personaggio

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Funerali funesti
di GiuliasDoom

WARNING: contiene SPOILER. Leggere articolo e commenti a vostro rischio e pericolo!

Porre fine alla vita di uno dei nostri personaggi di punta è sempre una spina nel fianco.
C'è chi li vede come pargoli, i nostri fiori all'occhiello; chi trova piacere nell'infliggere pene e dolori – perché, si sa, più facciamo soffrire un personaggio e più lo amiamo. Ma tutti, arrivati al momento fatidico, ci facciamo prendere dal sentimentalismo.

In fondo li abbiamo fatti nascere, gli abbiamo dato fulgidi capelli setosi e occhi brillanti, una gran storia alle spalle, arene da superare, maghi oscuri da sconfiggere, folgori da ritrovare e poi arriviamo a quel punto. La Morte grava sul nostro personaggio (e no, non sta cercando i Tre Doni), ci si stringe il cuore ma sappiamo che lui vivrà sempre nelle nostre fanfiction e quindi alla fine lo facciamo.
Lo facciamo perché la vera priorità di uno scrittore è far soffrire il lettore. Sempre.

Ma andiamo per gradi.
Cosa significa mettere fine alla vita di un personaggio? Ecco quel che dobbiamo tenere a mente se vogliamo seguire le orme di George R. R. Martin.

La morte fine a se stessa (ovvero con l'unico tentativo di far commuovere chi legge)

Facciamo un esempio pratico: Hunger Games. Innovativo, intrigante... esplosivo.
Prim. La povera Prim che si trovava nel famoso posto sbagliato al momento sbagliato, la povera Prim che è schioppata in meno di due frasi contate. La tristessa c'è, lo shock anche, ma... dopo? La sua morte è stata essenziale? Assolutamente no. Si poteva evitare? Probabilmente sì. Ha cambiato le sorti del racconto Certamente no.

Questa è quella che chiamo una morte fine a se stessa. Non è sbagliata, personalmente consiglio di evitarla, perché credo che un evento del genere debba sempre essere motivato, ma se sentite che è questo il destino del vostro personaggio è bene persistere nel dargli la fine che volete per lui.

La morte inevitabile

Da non confondere con la precedente.
Prendiamo come esempio sempre la saga di Hunger Games: i concorrenti nell'arena devono morire. Fa parte della trama, dell'anima stessa della storia, è il motivo principale su cui tutto gira. Queste morti non sono fini a se stesse, sono inevitabili.
Se la vostra storia è ambientata in tempo di guerra, ci saranno morti.
Se parlate di un futuro post apocalittico nel quale si cerca di sopravvivere, statisticamente qualcuno non ce la farà. Se state scrivendo un horror, quasi certamente qualcuno farà una brutta fine. Questo non vuol dire rendere una morte meno "utile", perché qui ha la funzione di rendere reale ciò che stiamo scrivendo.

La morte sensata

Prendiamo l'esempio su cui io amo basarmi: Ned Stark. State leggendo Il grande inverno, siete al secondo libro e un giovane figlio dell'estate come te non ha idea di quali perfidie si celano nella saga de Le Cronache del ghiaccio
e del Fuoco. Ned Stark è condannato a morte, ma tu te la ridi, perché dentro di te già sai che uno dei personaggi principali troverà sempre il modo di cavarsela, alla fine.

Ned sta sul patibolo, tu ancora ridacchi, il sommo septon chiede di concedere il perdono e HA! Lo sapevo! HA! Già immagini Eddard Stark prendere il nero e ritrovarsi con Jon Snow tra i fratelli della notte e riesci quasi ad immaginare come la storia andrà avanti. Ma poi entra in scena Joffrey e la testa di Ned vola tra la folla. HA! Fantastico! Ha! E tutto questo è assolutamente brillante.
Perché è proprio da questa morte che reputavamo "impossibile" che la saga prende vita, che tutti gli ingranaggi iniziano a muoversi e a segnare il destino di ogni singolo personaggio. La morte di Ned Stark è il cardine fondamentale che fa fiorire la trama.

Va bene pensarlo, ma scriverlo?
Il fattore più importante da tenere presente è che, se decidiamo di far morire un personaggio solo per colpire il lettore, rischiamo di lasciarlo solo con l'amaro in bocca. Ma quando abbiamo tutti gli elementi a favore, come possiamo scrivere una morte che faccia rimanere il lettore a bocca aperta?
Come in tutti i racconti, il cuore sta nelle piccole cose. Sono i particolari a far breccia su chi legge.

Torniamo sul povero Eddard Stark: cosa rende tanto sentita la sua dipartita? Era un uomo giusto e retto, ma viene ucciso come traditore e il suo nome resta infangato. Viene messa fine alla sua vita davanti alle sue figlie, che sa di star lasciando in pasto ai leoni.
La sua testa viene decapitata con la sua stessa spada: Ghiaccio. Perciò non è tanto il modo in cui è scritta la morte, quanto i particolari che circondano tale vicenda che richiamano l'attenzione del lettore e la sua, per così dire, complicità con il personaggio.

Per concludere, cari scrittori: non avete tra le mani un Death Note. È la vostra storia quella su cui state lavorando, buttare lì una morte fine a se stessa molte volte significa svalutare il proprio lavoro. E ricordate, ogni volta che decidete di mettere fine alla vita di un personaggio chiedetevi: come può, la sua morte, stravolgere il racconto? Da una possibile fine potreste ricavarne un inizio inaspettato!

 E ricordate, ogni volta che decidete di mettere fine alla vita di un personaggio chiedetevi: come può, la sua morte, stravolgere il racconto? Da una possibile fine potreste ricavarne un inizio inaspettato!

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E voi, vi siete mai trovati nei panni del serial killer dei vostri personaggi? Vi sentite mai influenzati nelle decisioni che prendete dai vostri lettori?

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