Capitolo 4-Jane

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Il paramedico era davanti a loro, chinato a fare un massaggio cardiaco al suo collega nella speranza di fargli ripartire il cuore ma l'altro non dava cenni di vita. Jane era terrorizzata e continuava a guardare Bernie che sembrava avesse davanti un mostro dei libri di Lovecraft. La donna stringeva Dorothy con tutto l'istinto materno di cui era capace, come se la dovesse proteggere da un assassino. Assassino? Aspetta un momento: Jane lo era, era un'assassina bella e buona; aveva quasi ucciso sua sua sorella ed aveva fatto fuori un paramedico solo toccandolo. Lo stomaco le si torse come se avesse aspirazioni a diventare una scala a chiocciola. Il mondo al esterno era diventato sfocato e a lei veniva da vomitare.
"Respira accidenti!" Continuava a dire l'uomo sano che era chinato in modo un po' imbarazzante sul collega e gli stava praticando una respirazione bocca a bocca che a Jane ricordava vagamente l'esercitazione in caso di svenimento che avevano fatto a scuola, solo che allora il soggetto svenuto era un manichino, questa volta era tutto molto diverso e, quel che era peggio era che la colpevole era lei!
D'un tratto, forse in preda ad una crisi nervosa, il paramedico scattò in piedi e corse fuori lasciando la porta principale aperta e dando il benvenuto alle gocce di pioggia.
Ed ecco che accadde ciò che Jane aveva temuto di più: erano rimaste solo lei, sua madre, sua sorella ed il corpo morto dentro quella stanza. Jane continuava a guardare Bernie e Dorothy, non voleva vedere il corpo morto, sentiva che se lo avesse visto, probabilmente avrebbe vomitato!
Come diavolo aveva fatto ad uccidere un uomo in così poco tempo? Sempre che fosse stata lei, magari il paramedico aveva solo avuto un infarto che lo aveva ucciso sul colpo. Quello che era uscito rientrò dopo due lunghissimi minuti con appesa al braccio una grossa borsa gialla che lo faceva sembrare uno studente con uno strano senso della moda; posò la borsa a terra che, atterrando, fece un tonfo sordo, si chinò e la aprì velocemente. Dentro c'era una cosa che sembrava una scatola di plastica bianca collegata tramite due fili neri ad altre due scatolette più piccole. Il paramedico manomise un po la scatola e poi prese le due più piccole, una per mano, e disse: "Libera!" e le appoggiò al petto del collega che, al contatto, ebbe un sussulto violento che fece trasalire Jane che senza accorgersene stava guardando come ipnotizzata da quella scena.
Il paramedico rifece di nuovo la stessa cosa ma questa volta si sentì un rumore strano che ricordava il ronzio che certe volte facevano le luci quando erano in sovraccarico.
"Non adesso, accidenti!" imprecò l'uomo alzando la faccia al cielo disperato.
Jane comprese che, qualsiasi cosa essa fosse, si era scaricata in fretta.
Ad un certo punto, accadde una cosa che Jane aveva già visto prima: il corpo a terra aveva iniziato ad avere le confulsioni ed il povero uomo stava gemendo per il dolore. Il paramedico sano sembrava confuso della situazione ed iniziò ad allontanarsi dal collega.
"Ma che diavolo succede!?" urlò preso dal panico.(Santo cielo, questo si che era un uomo del pronto soccorso!)
Jane a quel punto si ricordo di Dorothy qualche minuto prima e di come si era svegliata non appena lei l'aveva toccata e quel brivido le aveva percorso il braccio ed ebbe un illuminazione.
"Non è che..." disse quasi divagando e andando come sonnambula verso il corpo del paramedico. Nessuno si stava muovendo tranne lei e sua madre la guardava con occhi impauriti, la faccia della piccola in preda al panico , Jane si chiese se non la odiassero entrambe.
Si avvicinò con estrema cautela al corpo e lo toccò...al tatto, sentì una fortissima scossa che le attraversò il braccio fino alla testa, come se avesse messo le mani in un generatore elettrico di qualche migliaia di volt. D'un tratto si sentì piena di energia, come se avesse mangiato tanto zucchero e avesse appena compiuto otto anni; ma quello che più di tutto le sembrava inspiegabile era: come diavolo faceva ad essere ancora viva?! Poi si girò verso il paramedico sano che la stava guardando con occhi sbalorditi e si chiese perchè lui non avesse preso la scossa quando aveva toccato il corpo dell'amico. Poi successe...davanti agli occhi sbalorditi di tutti, quello a terra, che, se lo si osservava con maggiore attenzione sembrava il figlio di quello in piedi, si alzò come se nulla fosse successo. L'uomo sembrava confuso e guardava tre faccie spaventate ed una sorpresa...quella sorpresa era di Jane.
"Che cosa c'è?" La sua voce era ancora più confusa della sua faccia, come se fosse ritornato all'improvviso bambino, e per un attimo a Jane non scappò una risata ma si trattenne molto perchè non voleva risultare più strana di quanto non fosse già e quindi si morse il labbro inferiore (nessun dolore).
"È uno scherzo vero?" Disse l'ex paramedico sano. "Rick, pensavo fossi morto!" Aggiunse poi dopo.
"Cosa!?"
Rick guardò ai suoi piedi e vide la borsa gialla e allora la sua faccia fu un misto tra sorpresa ed indignazione.
"Carl, che diavolo ci fa qui il defibrillatore?" il tono era così autoritario che doveva per forza essere lui il capo.
Jane a quel punto non potè resistere e si mise a ridere istericamente; la situazione le sembrava troppo diverte anche se sapeva bene quanto non lo fosse ma non ci poteva fare nulla e continuò a ridere come se fosse al cospetto di Jim Carry in persona e lui stava dando uno show solo per lei. Tutti la guardavano come una pazza e Bernie, specialmente, la guardava con paura mentre Dorothy, contagiata dalla risata della sorella, iniziò a ridere pure lei come un'ossessa, il terrore dalla faccia sparito. Quell'ascesso di ilarità non fece che peggiorare la situazione nella testa della ragazza.
Continuarono così per qualche altro attimo e poi Bernie si alzò in piedi con un volto paonazzo e gridò:"BASTA!" Con una voce più forte di quella che aveva nelle solite litigate.
Jane si accorse che la madre stava tremando e che aveva richiuso le mani in due pugni e le stava stringendo (per qualche motivo che lei stessa ignorava non riuscì a guardarla in faccia). La donna si rivolse ai paramedici e chiese con un tono molto autoritario di darle qualcosa per le contusioni di Dorothy in quanto la bambina avrebbe sentito molto dolore di lì a poco: era stata sbattuta con violenza contro il muro la poveretta!
Rick e Carl le diedero ciò che voleva poi, il prossimo ordine che Bernie diede loro fu quello di andarsene via subito e i paramedici ubbidirono subito; raccolsero la borsa gialla dopo aver messo tutto a posto e poi uscirono, Jane udì i passi dei due uomini fuori dalla casa e poi il rumore delle portiere dell'ambulanza che si chiudevano, il motore che si accendeva e poi l'ambulanza che partiva con un rombo che via via si faceva più tenue fino a non sentirsi più, nascosto nello scroscio della pioggia.

Erano rimaste in casa solo lei, la madre, e Dorothy (il padre li aveva abbandonati alla nascita della seconda figlia). Il silenzio era sceso in tutta la casa come una nube di nebbia in inverno e l'atmosfera era intrisa di così tanta tensione che non si riusciva quasi a respirare.
"Jane, spiegami che diavolo sta succedendo?" Ruppe il silenzio Bernie.
La figlia sentendo quelle parole si sentì indifesa come prima e sentì le lacrime che avevano cominciato a rigarle il viso senza che lei potesse controllarle.
"Non lo so!" Disse con un filo di voce e si sorprese di sentirsela così bassa.
In quel frangente, la ragazza iniziò a ricordare perfettamente tutto quello che era successo al parco quella mattina con Claire ed i suoi amici, quasi come se nella sua testa qualcuno avesse premuto il tasto di riavvolgimento del nastro della memoria e si ricordò anche della pietra gialla che aveva trovato dopo che quel gigantesco fulmine era caduto fragoroso in terra.
"Oggi, al parco, mentre andavo a scuola, ho trovato una cosa..." Iniziò a dire con la voce rotta dal pianto senza che nemmeno se ne accorgesse, non stava parlando con la madre o con nessun altro, stava parlando a se stessa, stava ragionando sui fatti.
Bernie inarcò le sopracciglia.
"Che cosa?" chiese, ma la figlia sembrava non sentirla.
"Era...come una pietra ed era gialla..."
Bernie adesso era scettica e a Jane sembrava che, qualsiasi cosa avesse detto in quel momento, sua madre non le avrebbe creduto ma decise comunque di dirle tutto quello che era successo al parco.
Quando finì ricalò il silenzio e la ragazza si chiedeva se la madre le credesse o meno, sperava che, dopo quello che era successo le avrebbe creduto almeno un po' e invece Bernie la sorprese chiedendole:"Quelle ragazze sono morte, Jane?" il tono grave della madre la intimidì non poco.
Jane annuì automaticamente o almeno così credeva...sperava, addirittura.
La donna si lasciò cadere in ginocchio per la seconda volta in quella mattinata facendo un tonfo sordo sul pavimento simile al rumore del borsone dei paramedici.
La figlia le corse incontro per aiutarla, Bernie era di colpo diventata pallida e la ragazza la tenne per le braccia.
"Mamma, stai bene?"
La donna la guardò negli occhi e per un'attimo a Jane sembrò che si fosse appena svegliata da un brutto sogno.
"Si, sto bene, sono solo un po stanca."
Jane diede un'occhiata all'orologio che era appeso ad una parete del corridoio e vide che erano le otto di sera passate. Il tempo vola pensò fra sé e sé.
"Riesci ad alzarti mamma?"
Bernie sembrava assente ma respirava, ora doveva solo essere spostata sul divano in soggiorno e così si fece forza e la sollevò...fu solo per un'attimo e, se non si fosse fermata a mezz'aria, sua madre avrebbe avuto un appuntamento da schianto con il soffitto sopra le loro teste. Jane rimase sbigottita: dove diavolo aveva preso tutta quella forza? Per un'attimo si chiese se non fosse Dorothy quella che aveva in braccio e ricontrollò rivedendo soltanto il bel faccino di sua madre che ora stava comletamente in piedi, solo che era svenuta ed era Jane stessa che la stava reggendo con le braccia infilate sotto le sue ascelle.
Non aveva tempo per farsi domande, spostò sua madre nel divano che c'era in soggiorno, le mise un cuscino sotto la testa perchè stesse comoda e poi andò al lavandino della cucina, prese uno straccio e lo inzuppò con acqua fredda; mentre lo faceva, una parola aveva iniziato a fare capolino nella sua testa e lei stava diventando sempre più nervosa nel cercare di mandarla via: Mostro! Perché questa parola? Era un mostro? Le sembrava molto probabile.
Mise lo straccio sulla fronte della donna e, non appena la stoffa bagnata toccò la pelle di Bernie, lei si svegliò di scatto. Lo stomaco della ragazza stava continuando a torcersi sempre di più ed una specie di coperta di angoscia la avvolgeva facendola sentire quasi in procinto di essere schiacciata da qualcosa. Il respiro divenne pesante e avvertì una fitta nel petto che per un'attimo non la fece svenire...perché sentiva quel dolore e gli altri no?
"Ma che stai facendo?" Chiese la madre richiamandola alla realtà.
"Eri svenuta, mamma, ti stavo solo pulendo un po' la faccia con acqua fredda."
Bernie emise un sospiro quasi sollevato e lasciò che la sua testa affondasse sul cuscino chiudendo gli occhi.
"Come faremo, Jane?"
Questa domanda colse Jane di sorpresa.
"Che intendi?" ribatté intontita.
"Quando si accorgeranno della scomparsa di quei ragazzi, come faremo?" Chiese un'altra volta la donna spazientita e respirando con foga.
Jane aveva temuto quella domanda ma non rispose, si limitò invece ad applicare lo straccio dell'acqua alla madre mentre Dorothy stava seduta accanto a loro.
"Pensandoci un po', adesso..."
La figlia si girò di scatto verso Bernie che aveva gli occhi ancora chiusi: stava parlando nel sonno o delirando?
"...tutto questo è capitato quando ti sei sentita minacciata e ti sei agitata..."
"Mamma, stai calma, non sforzarti!" la interruppe, non voleva in nessun modo parlare di quella faccenda.
"Dorothy, vai a bagnare di nuovo lo straccio." Disse in preda ad un'angoscia che stava crescendo sempre di più.
"Stai calma, piccola mia!"
Jane guardò la madre stupita: piccola mia? Era da quando aveva dodici anni che sua madre non la chiamava così e all'improvviso si sentì commuovere; le lacrime iniziarono a rigarle le guance, l'angoscia stava per raggiungere il picco. Il respiro della ragazza quasi non c'era più.
"Ti voglio bene mamma!" Riuscì a dire con un filo di voce. D'un tratto si accorse che Dorothy era accanto a lei con lo straccio che stava gocciolando e lo prese subito, non aveva voglia che bagnasse il pavimento. Ricominciò a bagnare il volto della madre alla quale era ritornato il colorito normale finché poi non si addormentò. Sembrava serena...almeno così sperava Jane.
"Lasciamola dormire!" Disse a Dorothy in tono calmo, si alzò in piedi, con le guancie ancora bagnate dalle lacrime che aveva versato prima ed iniziò a camminare verso la sua camera. Quando fu alla porta vide il quadro che era caduto quando la sorella aveva colpito il muro, povera piccola. Si ricordò di colpo che doveva darle l'antibiotico che le avevano lasciato i paramedici. Andò in corridoio e lo trovò a terra poichè sua madre l'aveva lasciato cadere quando era svenuta. Chiamò Dorothy che arrivò quasi subito, aveva il volto un corrucciato dal dolore che provava, Jane guardò la schiena della piccola e vide che si stava formando un grosso livido. Aprì la scatoletta degli antibiotici, prese una pasticca e gliela diede, anche se all'inizio non voleva prenderlo, ma poi cedette al dolore e lo inghiottì senza problemi.
"Dai che tra un pochino non ti farà più male." Il tono era affettuoso ma dentro l'angoscia ormai stava facendo strage.
Dorothy era la bambina che tutte le madri volevano, era dolce e carina e molto calma; se le chiedevi di fare qualcosa, lei lo faceva senza problemi e, quando Bernie le dava qualche sculacciata, piangeva sempre in silenzio e senza mai lamentarsi, Jane non riusciva a concepire che esistesse una bambina come sua sorella.
Dorothy si girò e se ne andò in camera sua.

Jane si ritrovò da sola in corridoio, tra quelle mura che la circondavano e si sentì d'un tratto smarrita, come se fosse una bambina di cinque o sei anni che aveva perso di vista la madre al supermercato. Era un attacco di claustrofobia? Forse.
Si fece prendere da un panico che solo lei poteva conoscere e poi lo sentì...un leggero formicolio alle mani...se le guardò e vide che stavano emanando una strana luce.
Prese a respirare per cercare di calmarsi, qualsiasi cosa fosse quella cosa che le illuminava le mani, lei sapeva che, se l'avesse lasciata andare, avrebbe fatto del male a Bernie e a Dorothy.
Il respiro non era di grande aiuto, più provava a stare calma e più andava nel panico, finchè non si alzò e d'impulso aprì il portone di casa e uscì in strada. Si ritrovò in mezzo alla via in un batter d'occhio e notò che stava piovendo e che, essendo ottobre, avrebbe dovuto fare freddo ma non era così per lei. Non sentiva freddo; la pioggia la bagnava la sentiva, ma non sentiva la sua temperatura. Che diavolo stava succedendo? Il formicolio alle mani era diventato un po più forte adesso, si guardò le mani e vide che la luce aveva assunto un intensità fortissima. Di nuovo la fitta al petto, ma questa volta era molto più forte di prima e lo stomaco ormai stava cercando di uscire dal suo corpo.
D'un tratto iniziò a sentire il bisogno di tirare fuori qualcosa, come se dentro di lei ci fosse una forza che spingeva per uscire, sentiva il bisogno di sfogare tutto al più presto possibile o sarebbe esplosa. D'impulso alzò le mani al cielo e, con sua grande sorpresa, da esse partì una luce che colpì il cielo con una fragore fortissimo; a Jane ricordò molto il fulmine che aveva visto al parco quella mattina, solo che sta volta era partito dalle sue mani.
Improvvisamente si sentì priva di energie e molto affaticata, come se avesse corso una maratona di quaranta chilometri ad alta e costante velocità. Le cedettero le gambe, cadde a terra. Qualsiasi cosa fosse quella scarica, potrebbe essere stata l'unica cosa che le dava energia.
Il respiro era diventato sempre più flebile e le era venuta l'impressione che stesse per morire. Diavolo, se doveva passare così il resto dei suoi giorni, allora tanto valeva che morisse subito! Avrebbe risparmiato tante grane a sua madre e sua sorella.
Un rumore...un tuono fortissimo che la fece quasi drizzare in piedi dallo spavento...poi in sequenza ve ne furno altri cinque o sei, Jane non seppe contarli bene e poi un ultimo e grosso fulmine cadde proprio su di lei, travolgendola con tutta la sua potenza.
"Ecco, sono morta!" Pensò e chiuse gli occhi aspettandosi di ritrovarsi in un tunnel con una luce in fondo come si vedeva nei film, ma con sua sorpresa, il fulmine non le stava facendo male...non sentiva proprio nulla...il formicolio c'era però...a dire la verità si sentiva come se fosse entrata in un formicaio e che adesso le piccole bestie stessero usando il suo corpo come terreno fertile. Il fulmine cessò dopo qualche secondo e poi ci fu solo lei...lei e nessun altro Iniziò un altro ascesso di ilarità che sta volta non sembrava isteria...si sentiva calma...forte...ma soprattutto...si sentiva bene!

La vita sarebbe andata bene per Jane da allora in poi, se solo non ci fosse stata una piccola ficcanaso e il suo grazioso figlioletto a fare da spettatori al suo spettacolo di fulmini e saette. La donna in questione era era la sua carinissima vicina di casa che, d'impulso (si, il mondo ne era pieno di impulsivi), prese il telefono senza parlare e fece alcune foto mentre lo spettacolo era in atto, poi chiamò la polizia e all'operatore disse: "Venite subito, ho qualcosa di molto spaventoso da farvi vedere!"
"Signora, può descriverci ciò che ha visto?" Le chiese l'operatore.
"Non ci credereste ma ho le foto! Quindi mandate qualcuno qui e subito!"
La donnona era sotto shok, ma le mani le funzionavano benissimo per fare le foto, a quanto pareva.
"Signora, si calmi e mi dica quello che ha visto!"
Alla fine, il donnone si decise e le disse:"La figlia della mia vicina di casa...ha lanciato qualcosa di luminoso in cielo e...e poi, un fulmine l'ha colpita in pieno...ma è sopravvissuta senza neanche un graffio!"
Dopo che ebbe finito di dire tutto ciò, nemmeno il donnone ci credeva più, ma aveva le foto e quello era una prova inconfutabile. Diavolo, aveva passato anni a cercare qualcosa per cui essere ricordata, perché non approfittarne!

Jane non si accorse della piccola intrusa e ritornò dentro in casa ed andò a dormire. Fu una notte palesemente tranquilla e con pochi sogni.
Il giorno dopo, esattamente verso le sette del mattino, un camion nero si fermo davanti alla casa e due uomini in mimetica, passamontagna e con occhiali da sole, fecero irruzione in casa sua e spararono dei lacrimogeni che si introdussero nell'abitazione come una nebbia, invadendo tutto.
Jane si svegliò per il rumore ma non riusciva a vedere nulla fuori dalla sua stanza.
D'un tratto sentì il rumore di uno sparo e qualcosa di forte che le aveva colpito la testa. Jane svenne.

Dall'altro capo della strada, il donnone ed il suo bamboccio guardavano la scena. Un ghigno soddisfatto sulla faccia di lei, prima di sentire un piccolo rumore, come un soffio e poi il buio!

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