18- Solo amici

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Passo i giorni successivi a tenere il broncio a Stefano ed evitarlo il più possibile, restando in camera mia a sfogare la mia rabbia guardando serie televisive su Netflix, mangiando cibo spazzatura e contorcermi per trovare una posizione comoda che mi faccia sembrare i crampi più sopportabili. 

Sento bussare alla porta e alzo lo sguardo dal mio quadernino dove, finalmente, sono riuscita a scrivere qualche parola di fila. La melodia è nella mia testa e in momenti come questi mi pento di non aver mai iniziato a suonare uno strumento. 

Dovevo seguire il consiglio di mia madre e prendere lezioni di piano o di chitarra da bambina, strumenti molto più utili del flauto che ti fanno suonare alle medie. Strumento, in cui tra l'altro, non ero minimamente portata e ogni volta facevo finta di suonarlo ai concerti di fine anno. 

-Chi è?-

-Tesoro puoi uscire che così do' una pulita! Dovevo farlo ieri ma mi hai detto di no. Ora non puoi rimandare- dice autoritaria aprendo la porta e rimanendo ferma come un bodyguard. 

Guardo i diversi vestiti sparsi un po' ovunque e i pacchetti di patatine ammucchiati dentro al cestino. La libreria e la scrivania sono le uniche cose in ordine, e solo perché i compiti li faccio sdraiata sul letto o sul tappetto mentre ascolto la musica nelle cuffie. 

Faccio il broncio e sospiro. -Devi proprio?-

-Si, devo! Quand'è l'ultima volta che l'hai pulita? Siamo qui da quasi un mese-

-Esagerata! Saranno un paio di settimane!-

Lei alza gli occhi al cielo. -Tutto il tempo che vuoi, ma questa stanza va pulita. O lo faccio io ora o ti lascio i prodotti fuori dalla porta e lo fai tu entro la fine della giornata-

Senza pensarci due volte nascondo il mio quaderno insieme agli altri di scuola e recupero il cellulare e le cuffie. 

Sorrido, fischiando a Mozart e costringendolo ad alzarsi dal suo cuscino e a seguirmi. Mia madre odia averlo in torno mentre pulisce perché passa puntualmente dove lei ha appena lavato, non dov'è asciutto. 

-Brava. E non stare qui fuori, che tra poco faccio partire l'aspirapolvere.-

Sospiro e scendo le scale mettendomi come meta la cucina. 

Ho fame, ma la cosa non mi stupisce: io ho sempre fame. 

A metà discesa sento il rumore di qualcosa molto simile a degli spari e appena mi rendo conto che al piano di sotto c'è Stefano il mio stomaco fa una capriola su se stesso. 

Direi che tre giorni è il limite massimo per evitare qualcuno che abita sotto il tuo stesso tetto. 

Sospiro e guardando Mozart che si è già sistemato sui cuscini della poltrona faccio gli ultimi gradini. 

Infilo le cuffie e metto Stitches al massimo, sentendo la voce di Shawn darmi forza per attraversa il tratto prima della cucina. 

Deve aver lavato anche quella perché il pavimento è ancora bagnato e solo la parte verso la finestra è asciutta. 

Ora, cosa farebbe una persona normale non ne ho idea. Forse aspetterebbe che si asciughi e poi entrerebbe. Ma io che di normale ho solo il nome mi sistemo il cellulare in tasca e mi arrampico sul mobiletto basso.

Iniziando a strisciare verso il tavolo da pranzo mi fermo ricordandomi di aver visto qualcosa. 

Contorcendomi nemmeno mi stessero facendo un esorcismo apro il mobiletto d'angolo in basso e reggendomi con una mano vado a tentoni con l'altra. 

Quando le mie dita si stringono attorno a qualcosa di plastica lo tiro fuori. -EUREKA!- esclamo leccandomi le labbra alla vista degli orsetti gommosi. 

Ogni tuo sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora