Capitolo 1

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"Emma muoviti!! Non voglio perdermi il nostro inno!" dissi correndo e tenendo un braccio alla mia migliore amica che in quel momento aveva deciso di rallentare come una lumaca.
La partita stava per iniziare e il momento più bello, erano i dieci minuti che dedicavano alle due canzoni dell'Inter.
"Amanda mi stai facendo male! Siamo arrivate calmati!"
Lasciai la presa e mi ritrovai all'interno del nostro maestoso stadio.
Ogni volta che entravo lì dentro mi sentivo sopraffare dalla grandezza di quel posto.
Era davvero magico.
Il nostro settore era fantastico, mio padre aveva trovato i biglietti nel primo rosso, praticamente a bordo campo.
Ero elettrizzata all'idea di poter vedere da vicino tutti i giocatori.
Ma solo uno era davvero importante per me, ed era il mio capitano, Mauro Icardi.
Ero cotta di lui da quando era arrivato all'Inter nel 2013.
Finalmente trovammo i nostri posti.
Io rimasi in piedi e iniziai a saltellare come una bambina di due anni in un negozio di caramelle, Emma era seduta con una mano al petto e col fiato corto.
Scoppiai a ridere.
"Non ridere idiota, per colpa tua ho quasi preso un infarto" a quell'affermazione risi ancora di più e l'abbracciai forte.
Se non fosse stato per lei non sarei mai potuta andare alla partita.
"Dio Em! Non vedo l'ora di vederlo!" dissi eccitata più che mai.
"Di vederli vuoi dire! Non esiste solo il tuo adorato Mauro!" rispose con tono smielato per prendermi in giro.
Alzai gli occhi al cielo.
"Ma si certo! Siamo qui per tifare tutti lo so, però è così bello!" dissi sospirando e coprendomi la faccia con le mani.
"E poi anche tu hai una cotta signorina..." continuai lanciandole un sorriso malizioso.
Emma alzò gli occhi al cielo.
"Non ho una cotta, dico solo che Rafinha è un gran figo, ma sappiamo tutti che è un playboy."
Stavo per risponderle ma a un tratto la mia migliore amica si alzò con gli occhi sbarrati.
"O mio Dio eccoli!" disse praticamente urlando.
Il mio cuore prese a martellarmi nel petto, ero agitatissima; come sempre prima di una partita importante.
I giocatori entrarono e salutarono i tifosi.
Seguii tutti con lo sguardo, finché i miei occhi lo trovarono.
Era ancora più bello quando si riscaldava, adoravo quando si metteva il cappellino.
Mi persi nel contemplarlo, ogni suo movimento mi attraeva, i suoi tatuaggi mi mandavano fuori di testa.
Era così vicino, non lo avevo mai visto così bene.
Mi incupii quando vidi il ritratto di Wanda sul suo braccio e il 27 poco più in giù sul polso; il loro numero. 
Non avevo mai capito fino in fondo quella donna, sapevo che si amavano molto, ma lei non mi era mai andata a genio.
Avevo sempre il sospetto che lo usasse per la fama e per i soldi.
Ma probabilmente era solo l'impressione di una fan delirante come me.
Smisi di guardarlo e concentrai la mia attenzione altrove, sugli altri giocatori.
All'improvviso la mia amica mi diede un pizzicotto sul braccio.
La guardai in cagnesco.
"Ma cosa fai? Mi hai fatto male!"
Lei però non mi guardava, e io seguii il suo sguardo.
In quel momento penso che il mio cuore smise di battere per diversi secondi, perché incrociai i suoi meravigliosi occhi blu.
Mauro stava guardando me, e nel suo sguardo c'era qualcosa di strano, ma non riuscii a spiegarmi cosa.
So solo che i nostri occhi non si staccarono finché lo speaker iniziò ad annunciare le formazioni.
A quel punto, Ivan lo tirò per un braccio e andarono tutti negli spogliatoi per prepararsi.
Furono dei secondi maledettamente intensi.
Mi sedetti con la mano sul cuore.
"Amanda che diavolo è successo!?" chiese Emma, anche lei completamente sconvolta.
Respiravo affannosamente.
"Non ne ho idea, però sto rischiando l'infarto, devo calmarmi."
Che cavolo è successo?
Perché mi guardava così?
Mi ripresi appena in tempo per il mio amato inno; ho sempre adorato Pazza Inter.
Iniziammo a saltare, tutto lo stadio era in delirio ed eravamo quasi certi che l'Inter avrebbe vinto la partita.
Andava come un treno fin dall'inizio del campionato ed era l'unica squadra ancora imbattuta.
I giocatori entrarono e si posizionarono nelle rispettive metà del campo, e l'arbitro diede il fischio di inizio.
I cori della Nord iniziarono e io la mia migliore amica, pazze com'eravamo cantammo tutto il tempo.
Poco prima della fine del primo tempo Mauro fece un gol bellissimo su assist di Ivan.
Quei due non li fermava nessuno.
Non appena la palla fu in rete, ci alzammo tutti in piedi urlando e abbracciando chiunque.
Questa era la parte che preferivo in assoluto.
Alzarsi e gridare di gioia per un pallone in una rete; era assolutamente fantastico.
Tutta la squadra andò sotto la curva per esultare insieme ai tifosi, ma poi quei maledetti occhi si posarono di nuovo su di me.
E magari lo immaginai nella mia testa ma mi sembrò di vedere l'accenno di un sorriso mentre tornava in posizione.
Di nuovo rischiai l'infarto.
Maledizione.
"Sbaglio o ti ha sorriso?" mi chiese Emma urlandomi nell'orecchio.
"Io non lo so, mi sembra di impazzire!"
"Oh no Mandy, ti ha sorriso eccome! Ma ti rendi conto?! MAURO ICARDI ti ha sorriso!" disse scuotendomi per cercare di riportarmi alla realtà.
"Si ma perché?" chiesi più a me stessa che a lei.
"Questo non lo so però sa che esisti!"
Scoppiai a ridere.
"Sei un'idiota!" risposi dandole una sberla sul braccio.
Senza che ce ne accorgessimo iniziò il secondo tempo, in cui giocammo addirittura meglio che nel primo.
Ivan segnò il secondo gol, e pochi minuti dopo Mauro ne fece altri due.
Quella giornata stava andando di bene in meglio; ero allo stadio con la mia migliore amica, Mauro mi aveva sorriso e aveva fatto una tripletta.
Ero invasa dalla felicità più assoluta.
Quando la partita finì, io ed Emma ci facemmo largo tra la folla per cercare di passare e uscire il prima possibile, prima di venire investite dalla ressa.
Fuori dal Meazza, salutai la mia migliore amica e mi avviai verso casa.
Abitavo praticamente davanti a San Siro; amavo quella zona.
Il complesso di case in cui vivevo era abitato anche da moltissimi calciatori; ogni tanto mi capitava di incontrane alcuni dell'Inter o del Milan.
Ma ero troppo timida e impacciata per chiedere loro qualsiasi cosa, e soprattutto odiavo la gente che si fiondava a capofitto su di loro solo per fare una foto o farsi fare uno stupido autografo.
Quindi mi limitavo a guardarli da lontano e basta.
Arrivai al mio enorme portone e salutai Frank, il custode.
Ormai io e la mia famiglia abitavamo lì da sette anni e adoravamo sia lui che sua moglie, erano sempre stati gentili con noi.
Feci il giro della maestosa fontana all'interno del cortile e finalmente suonai il campanello di casa.
Quando entrai fui scaraventata a terra dal mio cane e iniziai a ridere fino alle lacrime.
"Ciao anche a te Harley!" il mio rottweiler di un anno iniziò a leccarmi tutta la faccia.
Era giovane ma era già cresciuta tantissimo e portarla fuori era sempre un incubo visto come tirava e soprattutto vista la mia bassa statura.
Ogni volta rischiavo di cadere.
"Ciao tesoro! Come è andata la partita?" chiese mia madre sbucando dalla cucina.
"Ciao mamma! Benissimo abbiamo vinto! Mauro ha segnato tre goal fantastici e mi ha sorriso mamma ti rendi conto? Ha sorriso a me, se ne è accorta anche Emma!" dissi eccitata e saltellando per tutto il salone.
Mia madre scosse la testa.
"Amanda smettila di farti viaggi inutili, è impossibile che ti abbia sorriso." disse tornando in cucina.
Alzai gli occhi al cielo e non le diedi retta.
Mi concentrai sul profumino che arrivava dalla cucina.
Aprii le porte di cristallo ed entrai nel mio spazio preferito.
"Cosa cucini?" domandai sbirciando nelle pentole.
"Zuppa di pesce, la tua preferita!"
Sgranai gli occhi e la abbracciai, adoravo la zuppa di pesce.
Corsi di nuovo in salotto non appena sentii girare le chiavi nella porta.
Mio padre entrò con aria raggiante.
Gli saltai in braccio.
"Tripletta di Mauro papi!" dissi urlando.
Lui scoppiò a ridere e mi strinse forte, avevo preso da lui la mia passione per il calcio e per  l'Inter.
"Lo so cucciola! Grande Maurito!!"
Mio padre adorava Mauro, e quando andava a vedere le partite allo stadio litigava spesso con la gente ignorante che lo insultava senza motivo.
Finimmo di mangiare intorno alle nove, mi alzai da tavola e andai in camera mia.
Mi diressi verso il bagno per rinfrescarmi un po'; rimisi un po' di mascara per far risaltare le mie iridi verde chiaro e mi pettinai i lunghi capelli biondi.
La porta del bagno si spalancò all'improvviso e quando mi girai vidi Harley col guinzaglio in bocca.
Controllai l'ora, erano già le nove e mezza.
Mi accovacciai per accarezzarla e la strinsi forte.
"Adesso andiamo cucciolina!" lo so diventavo un'idiota quando si trattava di Harley.
Mio padre mi prendeva sempre in giro quando parlavo in quel modo, ma anche lui non era da meno quando le faceva le coccole.
Indossai un paio di leggings neri, una felpa lunga dell'adidas e mi infilai i miei emu nuovi di zecca.
Fuori si congelava così misi la giacca più pesante che avevo con tanto di cappellino di lana.
Misi il guinzaglio ad Harley e mi avviai verso la porta.
"Mamma la porto a fare un giretto! Torno tra un'oretta!" dissi cercando di farmi sentire.
"Va bene tesoro! Sta attenta!"
Presi le chiavi e uscii.
Una volta fuori decisi di andare verso il parco, avevo voglia di camminare e di far correre un po' Harley.
Come al solito iniziò a tirare, così quando entrai nell'enorme recinto per cani le slacciai il guinzaglio.
Mi sedetti su una panchina e iniziai a ripensare ai suoi occhi.
Come mai mi aveva guardata in quel modo?
Dio era bellissimo.
All'improvviso una pallina gialla da tennis mi colpì la gamba, e la mia mente tornò alla realtà.
Mi abbassai per raccoglierla e mi guardai intorno cercando di capire da dove venisse.
Poi notai una figura poco distante da me, ma era buio e non riuscivo a vedere bene.
"Scusa per la palla! Il mio cane a quest'ora ha sempre una voglia matta di giocare e butta la pallina ovunque!" disse il ragazzo, aveva un accento particolare, come se non fosse del tutto italiano.
"Non fa niente!" risposi sorridendo.
Harley corse subito verso di me per annusare il cane del ragazzo.
Era uno splendido weimaraner con gli occhi blu.
Mi alzai e andai verso il cucciolo per accarezzarlo.
"E' stupendo! Come si chiama?" chiesi continuando a fargli i grattini.
"Coco! E il tuo?" rispose abbassandosi anche lui.
Portava un cappellino nero di lana, ma non riuscivo bene a vederlo in faccia perché aveva su anche il cappuccio.
"Harley!"
"Sei una patita della DC comics?" chiese ridendo.
"Beccata" risposi.
Lui scoppiò a ridere e mi lasciai trascinare anche io.
La sua risata era calorosa ma soprattutto sexy.
Cercai di osservarlo, ma il buio mi impediva di vedere bene; notai però che era molto alto, sull'uno e ottanta, forse anche di più.
Le sue spalle erano larghe, aveva un fisico atletico.
Mi sembrava quasi familiare.
"Sono Amanda comunque" dissi sorridendo e allungando la mano.
Finalmente tirò su la testa e per poco non mi venne un infarto.
Non perché davanti a me c'era il mio idolo, ma perché guardando le sue iridi azzurre come il ghiaccio avevo capito che mi aveva riconosciuta.

" It's always been you " Mauro Icardi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora