2.

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capelli di Eleonora creavano un’aureola intorno alla sua testa, che era appoggiata sul morbido materasso del suo letto. Lo sguardo era rivolto verso l’alto, sul soffitto blu che le ricordava tanto il cielo di una notte stellata.

Voltò il viso e osservò la sigaretta, spenta, tra le sue dita.

Inconsciamente si era trovata tra le mani, letteralmente, un’occasione per rivedere George.

George. Le sue labbra accarezzarono quel nome ancora una volta. Quell’irritante, invadente e con un cespuglio al posto della testa ragazzo.

Eleonora si sentiva come se loro due avessero lasciato una questione in sospeso, anche se non sapeva esattamente quale.

~

Eleonora si sfregò le mani intorpidite dal freddo e si sedette sull’altalena. Non sapeva perché ma era piuttosto convinta che se avrebbe voluto rivedere George, l’avrebbe dovuto aspettare lì, in quel parchetto.

Aspettò per diversi minuti, ma lui non arrivava. Che diavolo le era venuto in mente? Si rimproverò.

Chiuse gli occhi, sconsolata e pronta ad andarsene. Sospirò scocciata, ma quando sentì il cigolio del sedile dell’altalena accanto alla sua fu invasa da un briciolo di speranza.

Si voltò lentamente, per ritrovarsi faccia a faccia con George.

Il suo cuore aveva aumentato notevolmente il battito, probabilmente perché l’aveva spaventata.

“Ancora qui?” ruppe il silenzio il ragazzo.

“Anche tu, vedo.”

“Beh, questo è il mio posto. L’intrusa sei tu” la provocò George, che strinse le labbra per evitare di cacciare una grossa risata alla vista della faccia offesa di Eleonora.

“Ah sì?” chiese lei, scostandosi un ciuffo di capelli che l’era caduto per l’ennesima volta di fronte agli occhi.

George annuì convinto.

Eleonora alzò gli occhi al cielo e si alzò, facendo per andarsene, quando Georgè la fermò.

“Non ho detto che non puoi restare.”

Eleonora sorrise tra se e se.

Senza aggiungere altro, frugò tra le tasche del suo cappotto e tirò fuori la sua sigaretta.

“Credo che questa sia tua” disse Eleonora, porgendogliela.

George guardò prima quella poi riportò l’attenzione ad Eleonora.

“Tienila” disse semplicemente. Eleonora inarcò le sopracciglia, ma prima che potesse chiedere spiegazioni per quel gesto George parlò di nuovo.

“Considerala una seconda possibilità” George sfoderò un sorriso al quale Eleonora non poteva ribattere. Così decise di sedersi nuovamente accanto a lui.

“E poi io ne ho altre” aggiunse tirando fuori un pacchetto di sigarette semi-intatto.

Eleonora rimase insolitamente sorpresa da quella rivelazione.

Inclinò la testa e assottigliò gli occhi.

“Quindi tu fai così? Appena trovi una ragazza da sola , decidi di abbordarla e le fai un discorso sul senso della vita , sperando che ci caschi?”

“Ha funzionato?” chiese allora George.

Eleonora esitò per un secondo, prima di dire: “No.”

Rimasero in silenzio per un po’, fino a quando George decise di riprendere la parola.

“Non ti ho ‘abbordato’” mise in chiaro, sottolineando la parola “abbordato” tra virgolette.

“Stavi praticamente gridando aiuto, e io ero lì” alzò le spalle, guardando in basso.

“Io non ho detto niente” ribattè confusa Eleonora.

“Ma i tuoi occhi sì.”

“D’accordo, la cosa sta diventando strana” aggiunse Eleonora accennando una risatina, per sferzare la tensione che andava creandosi.

George la guardò sottecchi, rendendosi conto che forse aveva esagerato.

“Allora” iniziò a dire, sporgendosi di più verso la ragazza con fare interessato.

“Perché ti sei trasferita a Londra?”

“Come fai a sapere che mi sono appena trasferita?”

“Beh, ti chiami Eleonora.” Lei  cercò di non arrossire quando realizzò che le piaceva particolarmente il modo in cui George diceva il suo nome, con accento inglese.

“Che è un nome italiano. Lo so perché una volta ci sono stato in vacanza. E questo si capisce anche dal tuo accento” continuò George che era riuscito a catturare la sua totale attenzione.

“Poi non ti copri abbastanza, se fossi di Londra andresti in giro sommersa tra maglioni e cappelli, soprattutto ora che è inverno.”

Eleonora lo fissò, sorpresa che in così poco tempo aveva capito tutte quelle cose di lei.

“E poi non ti ho mai vista in giro. E nessuno viene più in questo parco, quindi…” George sorrise, cosciente della reazione che aveva provocato in Eleonora.

“Non so se essere spaventata o ammirata” ammise Eleonora, ridendo.

“Oh, in effetti sarebbe più facile ammirarmi” scherzò George, guadagnandosi un pugno sulla spalla.

~

Eleonora rientrò in casa con il sorriso ancora sulle labbra.

A dispetto di ciò che pensava, si era davvero divertita con George.

E infatti avevano deciso che si sarebbero visti ancora il giorno dopo.

“Finalmente sei a casa, pensavo di averti persa” la accolse calorosamente la madre.

Eleonora alzò le spalle e fece per andare in camera sua, ma venne fermata.

“Sei uscita due volte in due giorni e sorridi anche. L’aria di Londra ti ha proprio fatto bene eh?” commentò la madre.

“Già” rispose nervosamente Eleonora, per poi salire frettolosamente le scale che la dividevano dalla zona sicura.

“Proprio l’aria di Londra” continuò sarcastica, una volta al sicuro tra le mura della sua stanza.

Un altro giorno senza te. - [G.S]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora