3.2 - next round?

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Jimin e Jungkook erano tornati a casa del più grande da un pezzo ormai e stavano appendendo il ritratto su una parete. Lo avevano incorniciato e a Jimin piaceva molto: non ha mai trovato nessuno che gli facesse un ritratto. Aveva un valore enorme quello che poteva sembrare un pezzo di carta con un disegno qualsiasi sopra; non ha deciso solo di tenerlo appeso su quella parete, ma di tenerlo appeso anche sulle pareti del suo cuore.
Aveva perso la testa per quel ragazzo.

Jungkook era contento di esser riuscito a rendere felice Jimin. Stava cambiando e se n'era accorto, purtroppo. Non avrebbe voluto che succedesse, ma nonostante questo non avrebbe perso il suo obbiettivo.
Si stava affezionando così tanto al biondo.

«Mi piace davvero tanto questo disegno.» disse Jimin guardando soddisfatto il ritratto appeso alla parete. Aveva fatto vari buchi al muro per riuscire ad appendere quel quadro, ci è riuscito solo al quinto tentativo.

«A me piaci tu.» Jungkook aveva lo sguardo puntato su Jimin, sorrideva e non avrebbe voluto mai smettere di guardare quel capolavoro. Il maggiore arrossì e Jungkook gli mise un braccio attorno ai fianchi, per stringerlo di più a sé e far sfiorare i loro nasi tra di loro. Era il bacio eschimese, quello. Lo trovava un gesto dolce, tanto che si meravigliò lui stesso di averlo fatto. Non era quel tipo di persona. Lasciò un bacetto sul piccolo naso del biondo e appoggiò la guancia sulla sua testa. Tutta questa dolcezza era estranea a Jungkook, ma non gli dispiaceva avere questo tipo di rapporto con Jimin; non solo questo tipo di rapporto. Ne sarebbero arrivati altri.

«Non credo me ne andrò questa notte: non voglio lasciarti solo.» il più piccolo alludeva all'incubo di Jimin. Aveva paura che potesse rifarlo questa notte e, sicuramente, non lo avrebbe lasciato solo. Jimin lo guardò con uno sguardo interrogativo che subito dopo si trasformò in uno sguardo vuoto, e prese subito a guardare un punto fisso della stanza. Si era ricordato di tutto, la verità è che non se lo era mai scordato.

«Che cos'hai, Jiminie?» il moro era preoccupato, prese il suo ragazzo e lo fece girare verso di lui, per far sì che lo guardasse in faccia.

«Cosa intendi con "non lasciarmi solo"?» Jimin non voleva che Jungkook scoprisse tutto questo. Era un capitolo ormai - quasi - chiuso della sua vita e non avrebbe voluto parlarne mai più. Si rifiutava di ricordare, di parlare e da quel momento anche di amare. Ovviamente sapeva benissimo di non poter controllare i suoi sentimenti, ma faceva ciò che poteva: se una persona gli sembrava affidabile non si fermava solo al rapporto fisico, sennò lo faceva. Dipendeva tutto da lui, e voleva che dipendesse dal suo cervello e non dal suo cuore.

«Intendo che io da solo non ti lascio, Jimin.» Jungkook sospirò a quell'affermazione poco più che ovvia e decise che, forse, era arrivato il momento di chiedere. «Ricordi qualcosa di questa notte?» chiuse gli occhi e sussurrò, tenendo comunque il più grande molto vicino a sé. Aveva paura che scappasse e in quel modo non avrebbe potuto farlo. Se stava domandando era perché gli interessava, perché non voleva che il suo ragazzo stesse tanto male per un incubo.
Ma Jungkook non sapeva cosa si celava dietro quell'incubo, non sapeva nulla.

«Sì.» disse la verità, d'altronde con una reazione del genere non avrebbe di sicuro potuto dire che era solo per un giramento di testa o qualcosa di simile. Sentiva che con Jungkook poteva parlarne, ma non sapeva se lo voleva davvero.
Entrambi erano sull'orlo di un precipizio. Se Jimin avesse raccontato tutto, Jungkook avrebbe potuto farlo cadere, abbandonarlo. Se, invece, non avrebbe raccontato nulla avrebbe potuto vedere Jungkook lanciarsi giù, dritto nel precipizio, perché Jimin non si è fidato. Nessuno sapeva quale fosse la cosa giusta da fare, ma soprattutto, ce n'era una?
E una volta scelta una delle due opzioni, se ne sarebbero veramente andati via dalle vicinanze di quel burrone?

«Dimmi cosa o chi ti ha ridotto in quel modo.» il moro aveva un tono più autoritario ora, tanto che Jimin quasi si spaventò. Forse avrebbe dovuto davvero aprirsi con Jungkook, magari lo avrebbe aiutato.
Nel corso degli anni non ha raccontato a nessuno la vicenda, se non a Taehyung e Seokjin. Lo stava facendo davvero. Sbuffò e iniziò a raccontare.

«Quando avevo diviotto anni, circa, è cominciato tutto.» si sedettero sul divano e Jungkook non tolse lo sguardo neanche un secondo dal suo hyung, avrebbe ascoltato tutto dalla prima all'ultima parola. «Non avevo mai avuto una relazione seria prima di allora, e di punto in bianco una persona si presentò. Era davvero gentile, probabilmente fin troppo per i miei gusti, però mi faceva stare bene, quindi, perché non starci accanto?» accennò una piccola risata al ricordo. «Ci conoscemmo nella scuola di danza che frequentavo in quei anni. Poteva sembrare una vera e propria cotta agli occhi degli altri, persino a quelli di un mio vecchio amico, Jung Hoseok, pensava fosse così. Io no, anzi ero sicuro che non si trattasse di una semplice cotta. Era la prima volta che una persona mi facesse stare così bene, mi rendesse così felice. Con lei ero la persona più felice del mondo, davvero. Sembrava che i problemi non esistessero più, era la mia medicina, il mio antidoto. Ma come tutte le medicine, aveva delle indicazioni d'uso che io non ho minimamente rispettato, e mi sono beccato le conseguenze.» sospirò sistemandosi sul divano, Jungkook gli prese le mani.

«Che tipo di indicazioni d'uso? E che tipo di conseguenze?»

«Diciamo che con lei dovevi stare molto attento. Sono venuto a sapere dopo che lei fosse una specie di manipolatrice bastarda. Mi ero innamorato di lei e mi ha usato a suo piacimento. Ovviamente non mi ero accorto di nulla, troppo accecato dall'amore. La nostra relazione durò un anno e mezzo, quasi due. Quando una notte, mentre facevamo l'amore - per me lo era, non so per lei - le dissi che la amavo, per davvero. Lei non rispose, sorrise soltanto. Era una specie di sorriso sinistro, però. Il giorno dopo mi svegliai e non c'era più, era sparita. Non si fece sentire più per mesi, non mi parlava, non mi guardava. Lasciai la scuola di danza per questo motivo, vederla ogni giorno comportarsi come se non fosse successo nulla negli ultimi due anni era insopportabile. Qualche mese dopo cominciò a mandarmi delle foto sue di qualsiasi tipo: foto spinte, foto nelle quali si divertiva insieme ai suoi amici, foto dove piangeva. Ad ogni foto era allegata una frase, ricordo ancora l'ultima: "Questa bambina si è divertita a giocare con te. A quando il prossimo round?" e la foto rappresentava lei nelle vesti di una bambina, una specie di bambola. Sai, vestiti corti e rosa, lecca lecca, parigine. Da quel momento sparì per davvero. Non la sento né la vedo più da anni.» Jungkook rimase di sasso, ma non per la storia in sé.
Si rese conto di aver fatto la scelta sbagliata.

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e niente
è successo

homophobic ;; jjk × pjmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora