Capitolo 5

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LA MATTINA DOPO.

POV’S HOPE.

Ero già pronta per uscire dall’ospedale, non so chi mi sarebbe venuto a prendere e non mi importava, non ero riuscita a chiudere occhio per tutta la notte.

“Ehi Hope, andiamo. Harry ci aspetta in auto” disse Paul entrando in camera sorridente, io annuì e andammo verso l’uscita. Poco mi importava tutto ciò. Paul mi squadrava in silenzio e in pochi minuti fummo fuori di fronte alla macchina, Harry era seduto su uno dei sedili anteriori con lo sportello aperto.

“Hope… ciao…” disse Harry nel vedermi arrivare, balzò dal sedile e si avvicinò a me. Lo guardai fisso negli occhi, come se volessi pregarlo di non avvicinarsi troppo a me e infatti lui mantenne le distanze da me desiderate. Cosi in totale silenzio salimmo in auto, partimmo e io notai che Harry, dal sedile anteriore mi fissava dallo specchietto.

“Allora…andiamo all’aereo porto adesso, gli altri ragazzi sono già tornati a Londra. Ariel è con loro…” disse Paul come se mi volesse informare. Io dai sedili posteriori annuì e subito dopo Harry cominciò a parlare con tono molto basso.

“A…Ariel ti ha cercata, le sei mancata” disse e io sentì dentro solo una sensazione di vuoto farsi ancora più forte, Harry voleva una mia risposta forse, ma non mi sentivo pronta per rispondere. Forse Paul o Harry provavano a dirmi quelle cose per farmi sentire meglio, ma nessuno poteva farmi sentire realmente bene, nessuno doveva pretendere di farlo, perché nessuno mi avrebbe restituito ciò che avevo perso. Harry sembrava deluso dal fatto che io non avessi risposto, amavo Ariel ma sentivo solo l’esigenza di starle lontana, come voleva stare lontana da Harry e da tutti. Temevo che li avrei fatti soffrire ancora…

Il viaggio continuò silenziosamente, fin quando non arrivammo. Paul si fermò nel grande spiazzale dell’aereo porto dove ci aspettava l’aereo privato dei ragazzi.

“Bene ragazzi, io vado a vedere se è tutto ok. Voi potete salire a bordo” disse Paul scendendo dall’auto per poi allontanarsi. Cosi vidi che Harry si mosse lentamente per uscire dall’auto e io feci come lui, prendemmo i borsoni e in silenzio ci avviammo verso l’aereo. L’unica cosa che ci mise in contatto furono i numerosi scambi di sguardi. Arrivammo sull’aereo e subito io mi sedetti a casaccio in uno dei posti, Harry posò i borsoni e si sedette accanto a me,sapevo che avrebbe avuto intenzione di parlare ma in quel momento pregai che non aprisse bocca.

POV’S HARRY.

Eravamo appena saliti sul jet e io non trovavo il coraggio di parlare con Hope. Dentro stavo morendo, lei stava male ed era ben visibile, il suo non era un male fisico, ma un male morale che la stava allontanando da me. Non potevo dirle che l’avevano spinta dalle scale, non sarebbe stato il momento giusto, l’unica cosa che mi rasserenava era il fatto che quei brutti idioti fossero in galera. La sera prima Paul mi aveva informato che dopo averci parlato era uscito fuori che i vecchi manager li avevano mandati per vendicarsi del loro licenziamento. Era tutto assurdo e ingiusto, perché il prezzo che io e Hope avevamo pagato era troppo alto, avevamo perso il nostro bambino. Sapevo che Hope desiderava solo che io non parlassi ma io l’amavo e dovevo fare qualcosa..

“H…Hope, guardami!” dissi io cominciando a fissarla mentre lei era voltata verso il finestrino. Non sapevo se mi avesse ascoltato, se mi avesse dato l’opportunità di parlarle. Ma poi la vidi voltarsi piano e piantare i suoi occhi azzurri nei miei. Adesso toccava a me:

“Hope, tu…mi ami?” chiesi io inerme e debole davanti a lei, la continuavo a guardare pregando che mi rispondesse e intanto vedevo di fronte a me la creatura più bella e fragile.

Strong Love, again.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora