«Signore, signore».
«Uff, che c'è?».
«Signore, c'è un problema».
«Ancora?».
Il capitano lo guardò vacuo. «Be', sa, c'è da pensare al resto della divisione».
«Lo so... purtroppo. Ma che problema c'è, ora?».
«Alcuni plotoni indicano un'insufficienza di galloni d'acqua».
Il tenente colonnello sbuffò. Prima le munizioni, poi i bendaggi, adesso l'acqua. «Quali sono i plotoni?».
«Quelli del battaglione d'artiglieria, il Beta e il Delta».
«Ma sono sempre i soliti!».
Il capitano fece spallucce. «Non saprei... forse quei tenenti...».
«Okay, d'accordo. Vediamo un po'». Ritornò alla scrivania.
Il capitano lo affiancò e lo guardò in attesa.
Il tenente colonnello allora riprese a fare i calcoli. Disse, per cercare di stemperare la tensione: «E dire che, un tempo, noi avevamo i cavalli... ora pensiamo ai carri armati leggeri. Ma prima c'erano i cavalli».
«Eh, sì». Fece un sorriso adulatore. «Siamo la 1° Divisione Cavalleria».
Il tenente colonnello continuò, poi sobbalzò. «Cos'è stato?».
«Un'esplosione!» latrò, gli occhi che saettavano ovunque. Una bava di polvere era caduta dal soffitto.
«Il battaglione artiglieria è ancora nelle retrovie, no?».
«È così». Cercò di sorridere. Più che altro lo abbozzò.
«E allora vieni con me». Il tempo di indossare il cappello da campagna e uscì.
Il capitano gli trotterellava dietro, alcune scartoffie ancora fra le mani. «Signore, non credo...».
«Oh, taci. Siamo in guerra!». Il tenente colonnello si rivolse a un soldato che passava di lì: «Che succede?».
«I francesi di Vichy...». Allora tacque, cadendo a terra.
Il capitano strepitò.
Il tenente colonnello osservò freddo che quel ragazzo era stato colpito. Era stata una scheggia alla gola.
«Sta morendo!».
«È morto. Ora vieni con me».
«Dove?».
«Ma a combattere, ovvio!».
«Devo pensare ai documenti...». Era evasivo.
Il tenente colonnello gli afferrò un braccio. «Getta via 'ste cartacce. Poco importa se i signorini hanno poca acqua... adesso si combatte».
«Si combatte, sì. Ma io devo pensare all'archivio».
«I documenti, l'archivio... Pensi solo a questo?». Bestemmiò. «Siamo in Marocco, dobbiamo combattere i francesi venduti ai nazisti, e tu pensi a questo? Sei un riservista, no? Quando sei rientrato?».
«In ottobre».
«Ah, il mese scorso?». Il tenente colonnello sperò dicesse del 1941 o del 1940, quando ancora gli Stati Uniti non erano in guerra.
«Proprio così» balbettò.
«E allora è venuto il momento di fare esperienza». Il tenente colonnello lo strattonò.
Il capitano balbettò ancora, e i documenti gli scivolarono di mano.
Gli Stuart stavano avanzando. Come in un circo equestre, andarono a formare una colonna e poi aggredirono le dune.
«Ora basta! O si combatte...».
«O si combatte e poi?» gli fece eco il capitano.
«O si muore». Bestemmiando e urlando si arrampicò su uno Stuart di passaggio.
«Fermo là!». Uno dei carristi gli puntò un M1928.
«Sono tenente colonnello, idiota!» ringhiò.
«È un tenente colonnello, idiota» echeggiò la voce del capitano.
«Va bene. Salite pure» disse il carrista prima di infilarsi dentro l'alloggio dell'equipaggio.
Il tenente colonnello lo seguì ma, prima di sparirci dentro, vide che il capitano era caduto.
«Lo aspettiamo?» chiese l'artigliere.
«No, è solo un idiota. Andiamo alla guerra, forza!».
Cos'altro c'era di più bello che andare alla guerra?
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La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 2 Stati Uniti d'America
Short StoryTrentanove racconti brevi sugli Stati Uniti d'America nella Seconda Guerra Mondiale, ognuno tratto da un'illustrazione di un libro sulle uniformi del conflitto.