15 TRAMARE NELL'OMBRA

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«Ranger, che bella parola».

«Ispira orgoglio».

«Ma certo! In giugno, i nostri commilitoni si sono ricoperti di gloria sulle scogliere della Normandia».

«Sì, ma anche di sangue. E che perdite».

Sbuffò. «Siamo ranger, siamo soldati. Perdere la vita è un rischio accettabile, se si tratta di combattere per il nostro Paese».

«Sì, sì».

«Ti vedo scettico».

«È tanto chiaro?».

«Sì, proprio».

«Ah, cavoli...».

Il soldato di seconda classe era esausto di quel comportamento disfattista. «Quando saremo in Europa sotto il fuoco nemico...».

«Ma adesso siamo a camp Butner, in Carolina del Nord».

«Ma siamo addestrati apposta per la guerra».

«Sì, bene. Ottima cosa». Si distese, le mani dietro la nuca.

«Questo è il primo battaglione ranger, non chissà quale unità scalcinata».

«Ottima cosa».

Il soldato di seconda classe si stancò e andò a parlare con il tenente che lo accolse dicendo: «Sì? Che vuoi?».

«Un mio commilitone è disfattista. Non crede nelle nostre competenze e, in azione, potrebbe essere un pericolo per tutti».

Il tenente sembrava fiacco. L'agosto nella Carolina de Nord era torrido e lui veniva dal New England. «Va bene. Verificherò e prenderò provvedimenti».

«Bene, tenente. Grazie, tenente».

«Di nulla, ranger. Fra qualche giorno partiamo per l'Italia».

«Oh, bene».

«Lì i nostri amici hanno perso molti ragazzi e serviamo noi come rincalzo».

«Perfetto». Dopo il saluto militare se ne andò soddisfatto.

Solo che, quando venne il giorno della partenza, il disfattista era ancora lì, con zaino e casco Mk1.

Il ranger di seconda classe lo squadrò minaccioso. «Tu... qui?».

«E allora? Che vuoi da me?». Aveva sempre quel modo di parlare strascicato, che tanto gli dava sui nervi.

«Ho chiesto al tenente di allontanarti».

Se si arrabbiò, non lo diede a vedere. «Ah. Non ho saputo nulla».

Il ranger andò a grandi passi, uno più indignato dell'altro, dal tenente. «Tenente! Tenente!».

«Uff, che vuoi?».

«Quel commilitone... È ancora in servizio».

«Ci serve».

«Ma...».

«Ci serve! E ora taci. Ci serve, ti ho detto. Dobbiamo fare numero. In Italia il battaglione ha subito molte perdite, e ora dobbiamo sostituirle». Il tono del tenente era arrabbiato.

«Sissignore» scattò rigido il ranger. Era un tenente, non poteva comportarsi con lui come se fosse un compagno di bevute.

«E ora va' via, che fra poco saliamo a bordo della nave».

«Sissignore». Doveva rassegnarsi. Ma forse, in Italia, avrebbe fatto in modo che quel fannullone fosse mandato via. Poteva ferirlo. Un cosiddetto errore o fuoco amico.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 2 Stati Uniti d'AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora