Luglio, parte I: 🐦

10 1 0
                                    

L'afoso e tremendo luglio, il mese delle cicale e delle tortore sulle cime degli alberi nel primo pomeriggio. Ciel aveva in programma di passare del tempo con quella Eleanor, la Principessa di Ghiaccio. Lei era sempre silenziosa, al punto da sembrar lanciarti sguardi altezzosi solo perché eri tu a parlare e non lei. Girava spesso con delle gabbie per uccelli sottobraccio e ogni tanto e un pomeriggio a Ciel capitò di vedere a cosa le servissero. Eleanor aveva un uccellino tutto suo, un bellissimo canarino dall'insolito colore rosso che come la sua proprietaria, non cantava mai. Eleanor alternava le gabbie per poterle pulire e rendere come nuove per il piccolo volatile, il quale non la ringraziava nemmeno con n cinguettio. Era il primo del mese quando il Conte si approcciò alla Contessa nel giardino sul retro, approfittando del fatto che fosse completamente sola, lontana dalla Baronessa Meg e la Duchessa Diana. Quelle due ultimamente erano più affiatate del solito, Meg seguiva Diana come un asino seguiva una carota e questo provocava una leggera e strana acidità di stomaco al nostro Signorino. 

  •✿──────✧✿🌹✿✧──────✿•

«Quindi è per questo che non gioca più con me... è per questo che ora a stento mi rivolge la parola! No... non è giusto! Devo fare qualcosa! Qualcosa che le faccia cambiare idea, devo ripagarla con la sua stessa moneta, così imparerà a trattarmi così! ... Ma certo! Ci sono! Hahahaha!»

  •✿──────✧✿🌹✿✧──────✿•

«Hey... ciao» Ciel calcolava con attenzione i suoi passi mentre si avvicinava alla bambina, accovacciata davanti alla fontanella sul retro intenta a lavare una delle sue gabbie. La bambina alzò la testa per notare la figura del Patetico Ciel accanto a lei e senza degnarlo di contatto visivo o una parola, tornò a strofinare le sottili sbarre della sua gabbia con uno straccio bagnato. All'altro fianco di lei c'era la gabbia con dentro il canarino, silenzioso e per nulla agitato come la maggior parte dei volatili tenuti in cattività. "Così non va... devo farla parlare!" si disse il Conte nella sua testa. «È proprio bello il tuo uccellino rosso» le disse sorridendo, indicando la gabbia con dentro l'animaletto «Ha un nome?». Eleanor riportò lo sguardo sul Conte, abbasso lo sguardo, scosse la testa, e ritornò al suo lavoro. "Accidenti... almeno però mi ha risposto, seppur a modo suo. Forse sono sulla strada giusta?".  Ciel si accovaccio accanto a lei, le braccia avvolte intorno alle ginocchia e il suo unico occhio scoperto puntato su quelle manine che, con delicata insistenza, sfregavano sul ferro battuto accarezzato dall'acqua gelida che usciva dalla bocca della fontanella sporgente dal muro della villa. «Posso aiutarti? ...» a quella domanda incerta Eleanor mosse di nuovo la testa nella sua direzione e lo guardò con un espressione apparentemente sorpresa «S-Se ti va che ti aiuti, o-ovviamente!» precisò lui. Lui era lì nei panni di ruffiano - cosa che gli veniva bene con la Regina - e farla arrabbiare o indispettire non era certo il suo obiettivo. Fortunatamente, la Principessa di Ghiaccio accettò l'offerta, e incredibilmente parlò «Sì... grazie». Gli passò una seconda gabbia sporca di escrementi biancastri e maleodoranti di uccello e uno straccio pulito, facendosi poi più in là per permettergli di usufruire del getto d'acqua fredda. Inizialmente la reazione di Ciel fu abbastanza disgustata... mai e poi mai avrebbe toccato del guano d'uccello. Ma stavolta doveva. Prese un bel respiro, e prese la gabbia per il gancio sull'apice e con pazienza (e uno sforzo per trattenere un conato di vomito) si mise a pulire la gabbietta. Oltre al suono scrosciante dell'acqua che si era stagnata intorno al tombino dalle strette fessure davanti a loro, l'aria era pervasa da un silenzio quasi rilassante. Non c'erano risa di bambini o rumori molesti, solo una cicala nel boschetto oltre il muro e un paio di tortore sul tetto della villa. Faceva caldo, e la camicetta a maniche corte del Conte si era leggermente bagnata con delle gocce d'acqua, ma era poca e quindi non un problema. Eleanor invece era impeccabilmente pulita e come lui, era contaminata solo da qualche piccola goccia sul bordo della gonna. Il ragazzino arrivò a considerare la faccenda non più così disgustosa, ma piacevole. Non gli capitava di passare tempo con le bambine del posto perché erano tutte fin troppo strane, Clara, Eleanor e Jennifer si salvavano in extremis: Clara era sempre in giro per l'orfanotrofio col signor Hoffman, Eleanor non spiccicava parola, e Jennifer aveva praticamente sostituito ogni suo legame sociale con quel cane, ora cresciuto e più difficile da tenere a bada. "Per il resto tutto normale", veniva da pensare allo sfortunato ragazzo. L'uccellino nella gabbia restava tranquillo, anche ora che c'era più movimento davanti a lui. «Hai solo queste tre gabbie qui?» domandò il Conte alla Contessa e lei annuì senza guardarlo. Ciel iniziò ad avere il sospetto che evitasse il contatto visivo senza farlo apposta. Difficilmente la si sorprendeva a guardarti negli occhi. Silenziosa, discreta, quasi invisibile. Eleanor era come l'uccellino che teneva in gabbia, di cui si prendeva cura con dedizione. «Capisco... devi voler molto bene al tuo uccellino se... se hai così tante gabbie tutte per lui...» continuò il ragazzino bendato. Avrebbe voluto sostituire "case" con "gabbie" per non dare l'idea di essere cinico e forse troppo cresciuto, ma alla Principessa di Ghiaccio la cosa sembrò non tangere. «Sì... è molto prezioso per me» rispose Eleanor, prendendo un secondo straccio pulito che teneva tra le ginocchia e che utilizzò per asciugare la gabbia «I grandi dicono che gli uccelli non dovrebbero essere tenuti in gabbia. Sono tristi se in trappola e non cantano. Ma io sono felice se lui è accanto a me» una volta finito di asciugare la gabbietta, la Contessa posò lo sguardo sull'uccellino dalle piume color cremisi «Se solo potessimo volare come gli uccellini e andare dove vorremmo...». Ciel proprio non capiva. O era un'analogia complessa e fuori dalla sua portata, o il semplice capriccio di una bambina che viveva in un ambiente poco sano. Nel tenere un animale in gabbia lui ci vedeva solo lo scopo di sfoggiarlo a chiunque, ma una bambina come quella... cosa se ne faceva di un uccellino imbratta-gabbie e che non cantava nemmeno? «Beh... anche se è in gabbia, scommetto che è felice lo stesso» azzardò il Conte, avanzando una teoria inventata sul momento per far colpo su di lei «Anche lui non è solo... e anche se in gabbia, sogna comunque la libertà. I sogni sono belli... no? Con la sua fantasia può volare in posti lontani, come facciamo noi che non abbiamo le ali» concluse chiudendo la piccola manopola dell'acqua e appendendovi la piccola gabbietta per lasciare che le goccioline rimaste sulle sottili sbarre scivolassero via, impedendo così che la base si sporcasse nella fanghiglia intorno al tombino. Eleanor sembrò colpita dal discorso del ragazzo e per la prima volta lo guardò nel suo occhio blu mare per pochissimi istanti, distogliendo poi lo sguardo freddo e distaccato «Non sei così patetico come dicono» rispose lei, prendendo la gabbietta appesa per asciugarla lei stessa. Ciel quasi si sentì sollevato da quella risposta, che rimaneva però un rimando al titolo ingrato che gli avevano imposto. «E tu hai una bella voce. Non sei dietro a delle sbarre come il tuo uccellino... ogni tanto potresti cantare» ribatté Ciel, sorprendendosi lui stesso di ciò che aveva appena detto. "Ma cosa vado dicendo?! Non dovrei parlarle così!!! Non dico questo genere di cose nemmeno a Lizzy!!!". La Principessa di Ghiaccio si fermò dall'asciugare la piccola casetta in ferro per abbassare lo sguardo e chiudersi ulteriormente in sé stessa. Lei era fatta così, non era timida o paurosa, semplicemente non esternava quel che sentiva dentro. Non ci riusciva, e non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi con sé stessa perché non sentiva nulla. Ma quelle parole le aveva sentite, o altrimenti non avrebbe reagito in quel modo, pensò. Il Conte intanto non sapeva come interpretare quella reazione, quel gesto di fermarsi e guardare in fango senza dire nulla o dar a vedere un'espressione sul volto. Era... disagiatamente confuso. La bambina si mosse solo dopo qualche alto secondo di silenzio per poter prendere le due gabbiette ora pulite e metterle al sole ad asciugare. Non disse una parola quando ritornò accanto a Ciel per recuperare la gabbia con dentro l'uccellino rosso, ma anzi, compì un gesto inaspettato anche per chi la conosceva bene (relativamente parlando). Aprì la gabbietta e con la sua manino, prese una piuma rossa dal fondo della gabbia che per chissà quale grazia, era pulita e dalla forma perfetta. Richiuse in fretta la gabbia nonostante l'uccellino non avesse dato cenni di voler evadere, e la tese verso il Conte stringendola per il calamo tra indice e pollice. Ciel non sapeva cosa fare o pensare, ma nel dubbio allungò la mano per poter prendere quella piuma. Lei fece un breve inchino a sguardo basso, e se ne andò. «Ma... che significa? Che devo farci con questa?» Ciel aveva solo domande per la testa mentre analizzava la piccola piuma rossa, e si convinse a passare più tempo con quella bambina. Non era raccapricciante come le altre e forse in lei avrebbe potuto trovare un'alleata... «No, no! Devo farcela da solo!» disse sottovoce alzandosi «Devo batterli da solo... anche se...» quelle ultime due paroline furono sussurrate così debolmente che il sottile vento appena alzatosi sembrò rubarle dalle labbra del ragazzino con una facilità tanto estrema quanto eterea. "Potrebbe sapere qualcosa di Jennifer... e considerato che è l'unica con la quale possa parlare liberamente, sarebbe una mossa da stupidi non tenersela stretta". Fu così che la sua decisione si fece ufficiale. Purtroppo per lui, una Principessa aveva assistito alla scena appena svoltasi... una Principessa con un cuore molto piccolo che non sapeva tenere la bocca chiusa con nessuno. Nel paio di giorni successivi il Conte passò (o meglio, perse, visto che non ne ricavò alcuna informazione...) del tempo con Eleanor a guardare il tramonto cremisi all'orizzonte, fare le pulizie. disegnare e leggere in biblioteca o passeggiare nel più totale dei silenzi con addosso gli occhi di tutto l'orfanotrofio. Lui ne era al corrente, così come lo era lei. Ciel portava la piuma con sé ogni volta, sporgente e sgargiante dal taschino sul petto della sua camicetta, e sentiva l'incombente punizione degli Aristocratici gravargli sulla schiena come un macigno ogni volta che vi separava lo sguardo. 

Kuroshitsuji×Rule Of Rose ||Book of Red Rose||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora