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A Happy Place

Martedì 4 giugno 2019, 14:30

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Martedì 4 giugno 2019, 14:30

«Ho appena finito di pianificare la mia partenza» La sua partenza? Non me ne aveva mai parlato prima d'ora.
Faccio per aprire bocca, ma non ho il tempo di emettere un suono che lei riprende a parlare «Non farti domande» indica facendo cenno con la testa un tavolo pochi metri alle sue spalle, con intorno decine di ragazzi che tra sguardi e risatine sembrano ridere di noi.
Non aggiunge altro, si alza e mi allunga un biglietto spiegazzato.

"Seattle Center, 4:38 AM, arriva un po' prima"

Mercoledì 5 giugno 2019, 4:38

Cammino solitario nel buio di quella che è la notte peggiore della mia vita, mi avvicino e supero lo Space Needle, in pochi minuti arrivo appena fuori Seattle Center.
Un'ombra avanza lentamente nella mia direzione, per una volta sorride; mi prende delicatamente per mano e con aria quasi solenne si avvicina alla International Fountain: una grossa fontana pubblica a forma di pianeta terra, costruita nel lontano '62.
Qui non un'anima interrompe il nostro addio. «Perché mi hai chiesto di venire proprio qui?» le domando con le lacrime agli occhi.
«Ci sono cose belle nella vita delle quali vorresti poter godere per sempre, ma che purtroppo presto o tardi dovrai imparare a lasciar andare, Justin Jackman» le cose con lei non sono mai andate da nessuna parte, non saprei nemmeno io come spiegare questa situazione.
Eravamo stati così vicini, per così poco tempo. Era stato un po' come quando fai un assaggio di qualcosa e subito scopri come non puoi proprio più privartene.
Ti rendi conto di quello che ti sei perso e sviluppi una vera e propria dipendenza, anche più forte di quelle provocate dalle droghe, dall'alcol, dalle sigarette o dalla caffeina.
Ecco, io mi sentivo esattamente così con lei. Più passavamo il tempo insieme e più non volevo fare a meno della sua presenza.
Porta una mano sulla mia guancia per asciugarmi il viso, mi abbraccia e lentamente si sposta alla mia destra, guardando sognante il buio avanti a noi.
D'un tratto, un fascio di luce illumina la fontana, che roteando si solleva dal pavimento. Devo star sognando, tutto questo non è possibile, come potrebbe esserlo?
Mi pizzico il braccio un paio di volte dall'incredulità, ma a mia sorpresa scopro che sta succedendo davvero.
Guardo la ragazza negli occhi, lei non sembra spaventata.
Ricambia lo sguardo e sorridendo mi si avvicina nuovamente porgendomi un altro biglietto.

"Heather Heiman"

Questo, il suo nome.
«Perché non volevi dirmelo?» chiedo.
Lei sospira, fa un paio di passi nella mia direzione e senza il benché minimo preavviso mi stampa un bacio sulle labbra.
Il mio stomaco è in subbuglio, ho i palmi sudati e sento come se la testa stesse per scoppiare. Heather riprende il biglietto senza rispondere alla mia domanda, si volta e mollando lentamente la presa dalla mia mano avanza verso la grossa fontana.
Qui si gira, e con aria affranta strappa il foglio «A volte le cose migliori sono solamente nella tua testa» le sue uniche parole.
Ecco un altro fascio di luce, più forte di quello precedente, illumina Seattle qualche istante, di un bagliore surreale, per poi sparire e lasciare la città nella fredda oscurità della notte.
Tutti si ricorderanno di questo evento, ma nessuno ne parlerà più tra qualche giorno. Nonostante sia stato meraviglioso e insolito, a breve sarà solamente un altro capitolo di quella che è la quotidianità della vita.

Un po' come il Maggiore Tom, Heather.
Con la sola eccezione che l'unica persona che si ricorderà di lei e della sua magnificenza sono e sarò sempre solo io.
Perché Heather, il Maggiore Tom, non è che  un'invenzione della mente di un ragazzo instabile, non è che l'opera di un cervello malato.

Mai esistita.

Mai esistita

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