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van Gogh

Consiglio la riproduzione della canzone durante questo capitolo in particolare

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Consiglio la riproduzione della canzone durante questo capitolo in particolare.

Ti è mai capitato di sentirti triste?
Sto parlando di quella tristezza immotivata che ti assale, senza preavviso, magari durante un pomeriggio estivo.
Quella tristezza che ti si appiccica addosso con le sue mani viscide, quella tristezza che porta con se una scia di pessime sensazioni.

Quante volte ti è capitato di cadere in una sorta di oblio dal quale ti è sembrato impossibile uscire? Quante volte eri sdraiato o sdraiata, magari sul tuo letto, magari di sera, parlando con i tuoi amici o ancora peggio, in un momento di totale solitudine, e quella tristezza ti ha assalito?
Quante volte guardandoti hai pensato di essere la persona più misera che tu abbia mai incontrato? E quante volte invece ti sei reso conto che non sia effettivamente così? O meglio, quante volte te ne sei reso conto in tempo, prima di cadere in depressione?

Capelli rossi, barba solo un poco più scura, occhi piccoli e viso scavato dalla magrezza, dalla fame di attenzioni e da quella sua geniale pazzia che ha fatto di Vincent van Gogh un artista apprezzato, ma al contempo uno dei più grandi instabili della storia dell'arte.
Sono sempre stata affascinata da lui, quasi quanto da Paul Verlaine e Arthur Rimbaud, e quella loro relazione che li ha portati a sfiorare l'orlo della pazzia.
"Perché?" ti starai chiedendo
Semplice, perché tutti loro sono come me.

Fammi spiegare, sin da piccola ho avuto sempre la tendenza a farmi delle domande, e di conseguenza a voler trovare delle risposte.
Se le ho mai trovate? Certo che no, ma ho scoperto delle grandi quanto spaventose verità su di me, delle cose che, se avessi potuto, avrei cambiato all'istante, senza pensarci due volte.
Il mio quoziente intellettivo è nettamente superiore alla media, e questo è il fardello più grande che mi sia mai portata dietro.
"Cosa c'è di male nell'essere intelligenti?" Mi chiedono ogni volta, nella totale inconsapevolezza di ciò che l'intelligenza comporti davvero, nella convinzione che essere intelligenti sia un vanto.
Non sanno delle notti in bianco passate a domandarsi perché il mondo vada come va, del tempo trascorso formulando teorie che non dirai mai a nessuno, delle giornate di sole chiuso in casa nel tentativo di non socializzare con persone che non ti piacciono nemmeno un po' e della fatica nel relazionarsi.

Ma oh, non sanno neanche delle nottate passate fuori, alla sola luce di una candela, dipingendo i tuoi sogni più grandi, le tue difficoltà più temute o i tuoi incubi peggiori, non sanno delle mattine in solitudine scrivendo poesie e non sanno delle serate con solo una tazza di caffè ed un binocolo e non sanno dei pomeriggi al fresco di un ombrellone, tra un
"O capitano! Mio capitano!" e un "Poiché l'alba si accende".

Ora ti starai chiedendo dove sia la storia d'amore in questo capitolo, ebbene non c'è.
L'amore non deve essere per forza un sentimento romantico, l'amore per se stessi è pur sempre amore, no?

Sì, se avessi potuto ai tempi che furono, avrei cambiato tutto del mio cervello, mi sarei resa meno intelligente, più normale.

Ma oggi, a diciotto anni compiuti, tra un sigaro e del bourbon, tra ispirazione e totale senso di inutilità, tra orgoglio e un purtroppo costante disappunto e tristezza, posso dire che amo me stessa, amo il mio cervello e amo ciò che sono, e mi amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, serviva solo del tempo per capirlo.

Apprezza prima di tutto te stesso, e fai del tuo peggior difetto la tua miglior qualità.

Amati, che tu sia un Picasso, un Monet
o un van Gogh.

Amati, che tu sia un Picasso, un Monet o un van Gogh

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