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Margaritaville

Non ebbi nemmeno il tempo di rassicurare tutti quanti, Chris mi afferrò da un polso e strattonandomi come mai prima di quel momento, mi trascinò fuori dal locale

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Non ebbi nemmeno il tempo di rassicurare tutti quanti, Chris mi afferrò da un polso e strattonandomi come mai prima di quel momento, mi trascinò fuori dal locale.

«Lo sai cosa succede adesso» continuava.
Sapevo esattamente cosa aspettarmi, il fienile, il buio e quello sporco calzino che teneva sommerso da cumuli di paglia e cacche di topo infilato in bocca per non farmi urlare.
Quando entrammo nell'edificio e Chris si chiuse la porta alle spalle mi sentii gelare.
«Togliti la maglietta» ripeteva nervoso slacciandosi la grossa cinta in cuoio.
Non potei che obbedire, proprio non mi andava di ricevere una doppia razione quella sera.
Mi sfilai la maglietta, quasi rassegnata, e appena la gettai sul pavimento la fredda mano di Chris mi afferrò dal collo sbattendomi con molta violenza contro il muro.
Potevo sentire i colpi prima ancora che arrivassero, prima una frustata, un pugno e poi ancora uno schiaffo, un'altra frustata e così, come quasi ogni sera mi lasciò dolorante sullo sporco pavimento di quel fienile.
Ogni qual volta mi ritrovassi lì da sola, pensavo a Jenny, ma quella volta avevo altro in mente.

La mattina seguente feci ritorno al ranch, non potevo permettermi di saltare un altro giorno di lavoro a causa di Chris, cambiai i vestiti della sera prima nella solita salopette in jeans e come se nulla fosse tornai al lavoro.
Se devo essere sincera non mi era nemmeno mai passato per l'anticamera del cervello di rompere la nostra relazione, era tutto normale. Le regole erano chiare: «non guardare altri ragazzi, non parlarci, non essere gelosa se sto con le altre e soprattutto non intrometterti nei cazzi miei» ripeteva quelle parole ogni volta nel fienile, tra un colpo e l'altro, per darmi il tempo di soffrire.
Come già detto, me l'ero cercata, così come tutte le altre sere, la colpa era mia.
Se le regole stabilite erano così, io non dovevo e non potevo infrangerle.
Ogni uomo deve mettere dei paletti in una relazione, e la donna deve solo accettare il compromesso, senza fiatare.
«Se non le sta bene, fuori dai coglioni» diceva sempre Chris, vantandosi di avermi educata "proprio come si deve".
Chris era il mio uomo, e in quanto tale doveva essere rispettato e servito da me.

Dopo quella che definirei la giornata lavorativa più fiacca della stagione, tornai al Margaritaville per un'altra serata di svago.
Lì mi aspettavano già seduti al tavolo Jenny, Chris e un ragazzo che in seguito scoprii chiamarsi Lucas, un amico di mia cugina.
Potevo vederli attraverso la porta di vetro, sedevano con l'aria stanca e il bicchiere già vuoto, parlavano di quello che era molto probabilmente stato il raccolto della giornata.
Quando feci per entrare notai una grossa mano posarsi sul vetro appena sopra la mia testa, vidi una giacca beige con le frange, e una profonda voce risuonò nel mio orecchio man mano che la porta si apriva «Prego, dopo di te».

Ringraziai a testa bassa, cercando con lo sguardo il tavolo che ero riuscita a scorgere qualche momento prima, nella speranza che Chris non avesse visto la scena.
Mi sedetti con gli altri, mentre il ragazzo della porta si dirigeva nuovamente verso quel piccolo palco vuoto con la sua chitarra.

Nessuno lo ascoltava più cantare, ma a lui non importava, e sinceramente nemmeno a me.
La sua voce era talmente bella, e le parole delle sue canzoni talmente piene di significato.
Non potevo non notare quanto suonasse bene, ero davvero stupita, ma d'altronde chi più dei ricchi si poteva permettere dei corsi di musica?
Quando smise di suonare, ebbi un déjà-vu: poggiò la chitarra al muro, scese dal palco con passo lento, ma anzichè dirigersi al bancone venne verso il nostro tavolo.

«Chris, perchè tu e Lucas non andate a fare rifornimento di alcolici? offro io» Jenny cercò di spezzare la tensione che si era creata, sapeva che mai e poi mai Chris avrebbe detto di no a dell'alcol gratis.
Appena questi si allontanarono, Alan mi rivolse uno sguardo preoccupato, e prendendomi la mano ispezionò le mie ferite più che visibili.
Il suo tocco era così delicato, e il modo in cui quei suoi occhi blu facevano avanti e indietro sul mio braccio era quasi ipnotizzante.
Un rumore improvviso ci interruppe, lo sbattere di alcuni bicchieri di vetro sul tavolo.
«Cazzo» alzai lentamente la testa, gli occhi iniettati di sangue di Chris mi stavano fissando dall'alto, stringeva i pugni tanto che le sue nocche erano diventate gialle, e potevo scorgere le vene ingrossate sulle braccia.
La serata non si interruppe, bevemmo i nostri drink e Alan tornò sul palco.

«Per me e Willow è arrivato il momento di andare» salutò Chris stringendomi il braccio, mentre alzandosi dalla sedia mi strattonava ancora una volta verso l'uscita, e poi ancora sullo sterrato e davanti la porta del fienile.

«Per me e Willow è arrivato il momento di andare» salutò Chris stringendomi il braccio, mentre alzandosi dalla sedia mi strattonava ancora una volta verso l'uscita, e poi ancora sullo sterrato e davanti la porta del fienile

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