Lovely Boys
Accadde tutto nel giro di pochi mesi, tre per la precisione.
Gene, Pete, Rich e John erano da sempre i ragazzi tosti della scuola.
Ogni qual volta uscissi per i corridoi durante la ricreazione, li vedevi gironzolare con i loro capelli laccati, le giacche di pelle, i jeans strappati, la sigaretta in bocca e l'aria da duri.Nessuno ne aveva le prove, ma girava voce che ognuno di loro avesse almeno sette ragazze, una per ogni giorno della settimana, e che ogni mese cambiassero.
Adesso, io credo che queste fossero solo dicerie, perché nessun ragazzo può avere tante donne, ma era bello credere che qualcuno fosse capace di tanto.
Una mattina stavo andando a scuola, i cieli coperti di Liverpool davano alla città un'aria quasi poetica, e il vento freddo sul viso pungeva talmente forte da farti addormentare la mandibola.
Ad un tratto, sentii una sensazione di calore attorno alle spalle e una voce attirò la mi attenzione.
«Ragazzino!» mi voltai, era John.
Cosa poteva mai volere da me?
Lui, il ragazzo più popolare della scuola stava parlando con una persona irrilevante come me, strano.
«S-sì?»
«Corey, giusto?»
«Sì...»
«Suoni?» frugò nella tasca e mi allungò un foglietto con delle scritte prima di riprendere a parlare.
«Questo pomeriggio, alle cinque, ci serve un bassista» mi strizzò l'occhio e con passo leggero si allontanò per tornare dal suo gruppo di amici.
Non capivo perché tutti avessero paura di lui, sembrava un bravo ragazzo, se si riusciva a guardare oltre l'apparenza.
Quel pomeriggio, con un filo di timore mi diressi all'indirizzo che John aveva scritto sul pezzo di carta.
Lì, un'enorme villa si ergeva appena dopo Penny Lane, circondata da uno spazioso giardino.
«Corbin!» mi chiamò un ragazzo da su di una finestra,
«Veramente è Corey» ribatté John uscendo dalla porta per venirmi incontro.
Una volta dentro, rimasi a bocca aperta.
La casa era meravigliosa, John doveva essere parecchio ricco!
In una stanza, i ragazzi sedevano bevendo caffè in compagnia di quelle che credo fossero le loro fidanzate.
Gene e Pattie, Rich e Maureen e poi c'era John, con al suo fianco una splendida ragazza dai tratti asiatici.
«Ragazze, è il momento di andare, abbiamo delle prove da fare» disse l'ultimo dei tre, stirandosi la schiena.
Così fecero, si alzarono in religioso e quasi imbarazzante silenzio e senza fiatare uscirono dalla stanza.
Oh, credetemi, quella giornata fu semplicemente perfetta: la complicità tra i ragazzi, l'atmosfera confortevole, l' impeccabile modo di suonare di Gene e Rich e la meravigliosa voce di John.Da lì provammo quasi ogni giorno, e quando non lo facevamo, ci ritrovavamo ugualmente a casa di John.
Un giovedì, ricordo, i ragazzi mi aspettarono all'uscita da scuola per regalarmi una giacca uguale alle loro: pelle nera con cerniera e bottoni in ferro.
Mai prima di quel momento mi ero sentito così parte di un gruppo.
Il giorno seguente le prove furono molto brevi, i ragazzi non sembravano avere voglia di suonare ma andava bene, provavamo quotidianamente infondo.
Gene e Rich se ne andarono presto, mentre io rimasi con John.Questo mi squadrò un secondo, mentre nella stanza regnava il silenzio più totale.
«Corey, ti piacerebbe cantare?»
«Non so...» prima che potessi finire, John mi prese la mano e mi trascinò al microfono dove era solito cantare lui.
Prese la chitarra e tenendo il tempo con il piede si mise a cantare.
La sua voce era meravigliosa, talmente bella da far sembrare la mia noiosa, irrilevante; non sbagliava una nota.
Ricordo quella scena come fosse ieri: mi guardò negli occhi avvicinandosi a me, mi spostò il ciuffo dalla fronte e sorrise.
Le sue labbra erano a pochi millimetri dalle mie; inizialmente faticai a capire cosa stesse succedendo, ma appena capii, qualcuno suonò al campanello facendo sobbalzare entrambi. Era Gene, a quanto pare aveva scordato la giacca al piano di sotto ed era tornato per riprenderla.Quando John fece ritorno, mi rivolsi a lui con sguardo confuso.
«La cinese»
«Come?» domandò lui.
«Non è la tua ragazza?»
Lui mi guardò un secondo prima di scoppiare in una risata sonora.
«Oh Corey, davvero non ci sei arrivato?»
«Arrivato? A cosa?»
«Diciamo che in questo gruppo nessuno è proprio interessato alle ragazze» rispose lui, accendendosi una sigaretta.Oh, non potevo davvero credere alle mie orecchie, ero a dire poco spaventato.
Sapete, a quel tempo l'omosessualità non era ben vista, e a differenza di oggi non era tollerata in alcun modo dalle persone.
D'altro canto però, gli unici tre di cui si poteva avere paura in tutta la Liverpool Institute erano proprio John e gli altri.
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Flowerbeds #Wattys2019
RomanceFlowerbeds è una raccolta di brevi racconti sull'amore in tutte le sue forme e non solo. Perché tutti questi personaggi? Perché tutti questi luoghi? Perché queste storie siamo noi. Noi, la generazione di strani, di quelli che vogliono cambiare, di q...