- fin troppo giovani.

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ATTENZIONE: questa OS è ispirata alla canzone Far Too Young to Die dei Panic! At the Disco. Vi consiglio di ascoltarla per un'esperienza migliore. Buona lettura!


«Giurate di portare a termine ogni compito che vi sarà affidato dai vostri cittadini e dovere, qualunque cosa succeda?» Il generale squadrò i due giovani con uno sguardo che tradiva un certo disprezzo. I suoi occhi freddi congelavano l'atmosfera che, da solenne quale doveva essere, era diventata quasi angosciante a causa sua.

Jason guardò Reyna prima di rispondere. Osservò il suo sguardo fisso nel vuoto, la mascella serrata, la curva perfetta che le labbra semiaperte disegnavano sul suo viso e gli occhi che scintillavano per la fierezza che portava sulle spalle.

«Giuriamo» affermarono i due ragazzi insieme, le mani poggiate sulla corona che avrebbero dovuto condividere come per i precedenti sovrani era stato.

Il generale annuì piano, forse riluttante all'idea che da quel momento due ragazzini sarebbero stati più importanti di lui ed in grado di dargli ordini. «Con la benedizione degli dei», disse poi, «vi conferisco il titolo di diarchi di Sparta. Possiate guidare in armonia la nostra città.»

La folla esplose in un boato di finta approvazione che lasciava comunque trapelare una certa sfiducia. «Come avete potuto affidare un incarico del genere a due inesperti?» gridavano con rabbia gli uomini e le donne più ostinati, «Siamo nelle mani di due incapaci!»

Jason e Reyna sedettero con fierezza sui loro troni, mentre il popolo continuava ad acclamarli. Il ragazzo riconobbe tra la folla alcuni dei compagni con cui, da sempre, aveva condiviso esperienze negative e positive, a partire dall'allenamento alla caserma. Leo e Calypso, sua moglie, erano in prima fila e, raggianti, gridavano il suo nome, incoraggiandolo. Più in là, Dakota spintonava chiunque invadesse il suo cammino per avvicinarsi ai due nuovi re, entrambi suoi conoscenti, mentre Piper se ne stava tranquilla al fianco di sua madre in fondo al corteo, e gli sorrideva timidamente.

Quando la folla cominciò a stancarsi e si allontanò con la stessa velocità con la quale si era presentata, Reyna fece segno a Jason di seguirla all'interno del palazzo reale, quello in cui, da anni, le famiglie di entrambi i re vivevano accanto ai loro sovrani. Il ragazzo lanciò un'ultima occhiata affettuosa ai suoi amici; poi, con riluttanza, si chiuse la porta alle spalle.

«Siamo soli» annunciò Reyna, voltata di spalle. La lunga treccia scura si appoggiava sulla schiena, diritta come sempre. Teneva le spalle larghe e la testa alta. L'armatura dorata che le copriva le vesti bianche pareva essere stata fatta apposta per lei, tanto le calzava a pennello.

Jason fissò una delle candele presenti nella sala: la fiamma ondeggiava a tempo con gli impercettibili spifferi d'aria che non potevano che venire dall'esterno. Se non ci fosse stato quel movimento, il ragazzo avrebbe creduto di trovarsi in una stanza senza traccia di ossigeno. Solo una finestrella rischiarava l'ambiente, mentre i pesanti drappeggi e arazzi appesi alle pareti appesantivano ancora di più l'atmosfera, rendendola quasi claustrofobica.

Reyna sospirò, forse rinunciando all'idea che lui le rispondesse. Si voltò a guardarlo, gli occhi neri che parevano volerlo penetrare, raggiungendo la sua anima e strappandola via in un battito di ciglia. Teneva le mani unite, le dita intrecciate, come a volergli far capire che tutta quella situazione era una rete, una trappola dalla quale lui avrebbe fatto meglio ad allontanarsi. «Possiamo parlare, ora.»

Questa volta, Jason non esitò a rispondere. «E di cosa? Tempo fa mi dicesti che non avevamo più nulla da dirci, non ricordi?» Il ragazzo cercò di scacciar via dalla sua mente le immagini che lo ritraevano più giovane di qualche anno, ingenuo ed ancora inesperto, mentre, con tenerezza, sfiorava la mano di Reyna.

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