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|6| - Et tout mon sang va s'en aller | S'en aller à ta recherche | Mon amour | Ma beauté | Et te trouver | Là où tu es  (Jacques Prévert - Immense et Rouge)

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|6| - Et tout mon sang va s'en aller | S'en aller à ta recherche | Mon amour | Ma beauté | Et te trouver | Là où tu es  
(Jacques Prévert - Immense et Rouge)

Rimasto solo nel suo studio, André decide di sistemarlo un po'. Piega i lenzuoli che non gli servono al momento, e li sistema sullo sgabello più vecchio che poggia in fondo allo studio; spazza per terra e dispone meglio le tele con i loro cavalletti; cambia la disposizione dei quadri appesi al muro, butta i pennelli vecchi e i colori ormai secchi, insieme agli stracci ormai troppo sporchi e logori. Trova delle cicche di sigarette cadute a terra per sbaglio vicino al quadro, e le raccoglie buttandole nel sacco insieme all'altra spazzatura nello stanzino. Si accende una sigaretta, e cammina per lo studio, analizzando ogni spazio, ogni angolo, la vernice bianca. Butta la cenere nel posacenere e continua a guardarsi attorno. Nello studio, però, risuonano ancora le parole di Eugène.

«Pregarono a un Dio senza nome e senza gloria alcuna, | e io pregai per te, di tutte le glorie per cui | non ti avrebbero mai osannata» 

Impreca in silenzio, e prova a canticchiare qualcosa per distrarsi. Tutto ciò che gli ruota attorno da quattro giorni ormai lo risucchiano, svuotandolo e lasciandolo senza forze alcune. Le parole di Eugène gli risuonano nel corpo, gli occhi della cantante de La Ruine che gli dicono qualcosa che lui non riesce a comprendere, quel quadro di cui non crede di esserne il vero creatore, quelle lacrime di sangue e quella domanda lasciata senza risposta. Si risiede sullo sgabello, la sigaretta che si consuma tra le sue labbra secche. Decide di andare a mangiare qualcosa per pranzo; chiude lo studio e si avvia verso casa. Appena arrivato prepara qualcosa di veloce e, finito di mangiare, si lava i denti e la faccia e torna allo studio. Il sole inizia la sua discesa ad Occidente, piano piano, ha già lasciato il suo punto più alto per illuminare il resto del mondo.

Montmartre.

Il campo di Marte. Per quanto i parigini abbiano voluto dare a quel nome un'accezione cattolica, chi conosce per davvero quella collina sa che non è così. E André, per quanto possa conoscerla, lo sa. Il campo di Marte. Marte, il dio della guerra. C'è paganesimo e blasfemia in ogni angolo dell'arrondissement, anche nelle chiese, non è una novità. Nessuno verrebbe a Montmartre solo per pregare o per chiedere perdono; non è il posto in cui chiedere perdono, è il posto in cui si commette ciò per cui lo si chiede. E cosa ci dovremmo far perdonare? – pensa André – qualcuno dovrebbe perdonarci perché amiamo la vita, il gioco, l'alcool e il sesso? Qualcuno dovrebbe perdonarci del nostro continuo ballare e amare l'arte? Cosa dovrebbero perdonarci? Il nostro essere così imperfettamente umani? André si è trovato subito bene nell'ambiente di Montmartre: nessuno è in grado di giudicarti, nemmeno nelle particelle d'ossigeno c'è parvenza di giudizio, perché tutti fanno ciò che credono più giusto, sbagliato o meno. L'atmosfera che permane in quei vicoli poi è calma, intrisa di romanticismo e continuo erotismo, arte e divertimento. E in fondo, se ti trovi qualche volta a ballare il can-can o ad alzare il gomito con l'assenzio, nessuno potrebbe davvero fartene una colpa. E tra un bicchierino a le Moulin de la Galette – dove André è stato più di una volta con suoi amici artisti -, un ballo al Moulin Rouge, e un caffè al Cafè des deux moulins, la giornata si trascina fino a sera, dove la Pigalle dà i suoi più grandi spettacoli. André si dice che forse non sarebbe male frequentare nuovamente quei luoghi – così magari si toglie dalla testa La Ruine e quella voce – e risentire i vecchi amici, che poi è da un po' che non fanno anche una mostra tutti insieme, gli altri impegnati a ritrarre i turisti a Place du Tertre. Perso in questi pensieri, con un pennello infilato sull'orecchio destro e un altro sul sinistro, con i colori che gli escono dalle tasche dei pantaloni e da quella della camicia, con un pennello in mano e un altro tra le labbra e i ciuffi di capelli che gli solleticano appena le palpebre e che prova a portare di nuovo su, André cerca di completare il quadro del paesaggio fiorito, accanto a quello della Madonna profana. Un cipiglio gli adorna il viso e, concentrato, prosegue nel suo lavoro, attento a ogni dettaglio, le setole carezzano con dolcezza la tela ruvida e tesa, colorando il paesaggio.

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