Cap 2. Il dolore di Jensen

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 Jensen prese Jared e lo portò nella biblioteca del castello, con urgenza, dopo aver sentito quella frase.


Era agitato, scosso, ferito, ma quello che lo spaventò maggiormente, fu la reazione di Jared.

Sembrava più spaventato di lui; Jensen che teneva una mano sul suo petto, sentì il suo cuore battere furiosamente contro la sua mano.

"Ehi, calmati, non ho intenzione di colpirti. Ti ho mai colpito, forse?" gli chiese Jensen, tutto sommato pronto a tutto per rassicurarlo.

"N-no." disse Jared.

"Bene." Disse Jensen, tirandosi indietro i capelli e sedendosi sulla sedia. "Siediti, Jared."

Jared acconsentì ma sembrava proprio che non gli piacesse l'idea.

"Spiegami meglio questa cosa che tu...non...non mi ami più." disse Jensen, con grande fatica.

Jared deglutì. "C-che c'è da spiegare? È...così brutalmente chiaro."

"Sì, lo è, ma voglio sentire le tue ragioni, non ti ho forse fatto sentire amato?" chiese con un'espressione dolorosa.

"Non è questo." Disse Jared, guardando il pavimento.

"Allora cos'è?" chiese Jensen.

" Non mi sento felice...tutto mi soffoca."

"Spiegati meglio. Cosa precisamente ti soffoca?"

"Tutto! Il fatto che se inciampo o mi procuro un piccolo livido mi chiedi come abbia fatto a farmelo o pretenda di cambiare addirittura i mobili del castello..."

"Jared, io mi preoccupo solo per te..."

"TROPPO. Non accetti nessuna decisione dai consiglieri di corte se non è approvata o sentita anche da me, se non voglio fare l'amore vai in paranoia, se in estate non riusciamo a procurarci le fragole fai il diavolo a quattro, se sono triste, tu sei depresso, se non voglio rispondere a una domanda, me ne fai cento!!"

"Quindi sarei troppo asfissiante? È questo che stai tentando di dirmi? E davvero non mi ami più perché mi preoccupo troppo per te? Jared..."

"Senti, io non so come è l'amore o come deve essere, ma so di sicuro come non deve essere. Non sono un maestro zen, ma sono sicuro che certamente se ti senti soffocato dall'amore di qualcuno, è perché il tuo non è così forte come il suo."

"Stai cercando di dirmi che dovrei amarti di meno?" chiese Jensen con gli occhi lucidi.

"No, non dovresti...sono io che...probabilmente non provo..."

"Mi rifiuto di credere che sia stato tutta una menzogna! Jared, io ho visto quanto tu in realtà mi amavi! Hai lasciato la tua famiglia per venire a vivere con me!! Ricordi?"

Jared fece una risata amara.

"Non ci conoscevamo, Jensen. Ci siamo visti un giorno e ci siamo baciati. Da lì mi hai chiesto di venire al tuo castello al posto di mia sorella. Non ci conoscevamo per niente e siamo stati spinti dagli ormoni."

"NO, NON è VERO!" si rifiutò di credere Jensen. "Jared, ascoltami, noi stiamo insieme da poco più di tre anni, hai 25 anni tu e 29 io. Non siamo una vecchia coppia sposata che non si sopporta più e non vuole condividere neanche più il letto e ammettendo pure che anche da vecchi non vorrei un destino simile per noi, non può essere che dopo appena tre anni... non sei felice qui al castello con me?"

"Come potrei esserlo? Controlli tutto quello che faccio e grazie a te io non posso più vedere la mia famiglia. È troppo lontana e anche se potessi, loro non vogliono più vedermi."

"Io...ho sempre creduto che noi due ci bastassimo." Disse Jensen, coprendosi gli occhi con la mano.

"L'hai creduto solo tu. Mi dispiace, Jensen." disse Jared, andando via, lasciandolo solo.





*

Passavano i giorni e la situazione era sempre tesa, malgrado Jensen facesse di tutto per ripristinare l'armonia tra lui e il suo compagno. Jared reagiva con stizza e malumore a tutti gli sforzi di Jensen di mostrarsi gentile e accomodante e questo portava Jensen a grandi e interminabili riflessioni.

Ripensò alla sua storia con Jared. A come era cominciata. Era stata fin dal principio come una bellissima favola, di quelle che raccontano le mamme ai propri figli prima di addormentarsi.

Nonostante avesse fatto lui la prima mossa, Jared era dolce e coinvolgente e innamorato e gli ripeteva sempre quanto lo amava.

A Jensen era sembrato come di vivere in un sogno. Aveva ringraziato Jared infinite volte per questo suo regalo. Sosteneva che il fatto che Jared lo amasse era il più bel regalo che potesse fornirgli il fato.

Jensen sapeva che gli uomini spesso quando sentono che l'amore di qualcuno gli viene portato via, reagiscono con rabbia. Entra in campo l'umiliazione, l'orgoglio ferito, la sofferenza, la delusione, la rabbia, il risentimento e l'odio.

Pensò quindi a tutto questo su sé stesso. Lui odiava Jared? No, non avrebbe potuto mai odiare qualcuno che amava così tanto.

Si sentiva ferito sì, nell'anima, ma non voleva permettere al suo orgoglio di perdere quello che avevano. Se avesse lottato con Jared, ecco, quello era sì un modo per perderlo per sempre.

Lui aveva abbastanza amore per tutti e due, si diceva, nel buio del suo studio.



*

Era in giardino a leggere sulla panchina e fissava lo scrosciare della fontana e pensava.

Quando è stato che Jared aveva cominciato a non amarlo più? Era forse stato per colpa del suo carattere? L'aveva davvero ammorbato con troppe attenzioni?

Oh, era disposto a fare ammenda, a camminare con le ginocchia sui ceci, oppure sui carboni ardenti, pur di riottenere anche solo un sorriso da Jared. Non pretendeva forse il paradiso di un suo bacio, si accontentava anche solo di uno sfregamento leggero delle sue labbra sulla sua bocca.

Ne avrebbe sentito per tutta la giornata il sapore......





*

Quella notte, Jensen cercò di fargli una carezza, nel letto. Jared lo respinse in malo modo.

"Dopo tutti i problemi che abbiamo, come puoi pensare che io voglia..."

"Volevo solo accarezzarti." Disse Jensen triste.

Jared sospirò e si voltò dall'altra parte. "Sei patetico." Disse, con tono spento.

Jensen si alzò e abbandonò la stanza.

Non dormì in quel letto quella notte. Dormì in un'altra stanza.




*

"Jared, siamo sposati, non puoi lasciarmi. Si verrebbe a creare uno scandalo e l'alleanza che abbiamo creato..."

"So bene quali sono i miei doveri, Jensen." lo interruppe Jared.

Jensen lo fissò. Jared disse ancora: "Non ho mai detto che ti avrei lasciato." Disse.

Jensen gli fece una carezza sul viso, Jared girò la faccia dall'altra parte, ma lentamente. Non respinse la sua mano. Quel semplice particolare, riscaldò un po' il cuore di Jensen.

"Grazie." Sussurrò.

Jared lo guardò con un'espressione triste.

"Sei sempre triste, eppure sto facendo il possibile per renderti felice, di non assillarti...cosa ti angustia? Cosa faccio che non..."

"Come puoi trattarmi ancora con tutta questa gentilezza e devozione dopo quello che faccio?" gli chiese Jared.

Jensen realizzò che era senso di colpa. Per un attimo si era illuso che Jared gli avrebbe detto che lo ama ancora.

"Perché ti amo." Disse Jensen.

Jared allora rispose con una rabbiosa sincerità.

"Non riesci a capire...tu...la tua gentilezza...il tuo amore...non fa altro che rendermi ancora più infelice!!"

"Jared, no, ti prego, non arrabbiarti, dimmi quello che devo fare per mettere a posto le cose. Farò qualunque cosa!!"

Jared, che aveva già cominciato a camminare, si voltò e disse:

"E ALLORA ODIAMI!"

Jensen si era fermato, addolorato.

"No...questo no...non posso...non chiedermelo, Jared, ti prego, io...Jared!!"

E poi riprese a piangere.




*

Era passato un mese e si rumoreggiava già molto sulla presunta crisi tra i due sovrani. Jensen era disperato e si confidava con i suoi più cari amici, Bobby e Misha.

"Forse dovresti guardarti intorno, Jensen. fare nuove conquiste. Ti farebbe bene svagarti." Disse Misha, mentre giocavano a poker.

"Non tradirò Jared. " disse Jensen, cocciuto.

"Perché? Tanti sovrani lo fanno." Disse l'altro.

"Ma noi ci amiamo! O almeno, io lo amo...e...e poi lui non mi tradirebbe mai, me l'ha detto. Rispetta fino i fondo i nostri doveri, quindi non vedo perché non dovrei farlo io!"

"Forse perché ti sta trattando da schifo?" chiese Misha.

Jensen sospirò. "Dopo quello che gli ho fatto passare, un tradimento sarebbe solo la goccia che..."

Bobby Singer però, lo interruppe. "Aspetta, aspetta, fermiamoci un momento o giuro che ti rompo qualcosa in testa. Hai forse detto: *dopo tutto quello che gli ho fatto passare*??? Dimmi che ho sentito male e che quello sporco ingrato non ti ha fatto una qualche specie di lavaggio del cervello per farti credere che è tutta tua la colpa!"

"Mi sa che hai sentito bene, Bobby." Disse Misha, scuotendo la testa.

La testa di Jensen però, già ronzava.

"Ma certo. È quello. Non c'è più alcun dubbio." Disse Jensen.

I due amici furono subito preoccupati.

"Cosa?" chiese Bobby.

"Ci ho pensato dal primo momento che mi ha detto che non mi ama più, ma ho respinto l'idea perché credevo fosse da folli, ma ora non posso più fingere di non vedere."

"Ma vedere cosa?" chiese Misha.

"Che hanno lanciato un orrendo maleficio su Jared!"

Bobby e Misha rimasero a bocca aperta.

"È così, finalmente tutti i pezzi vanno al loro posto!" disse il re.

"Jensen, cerca di riflettere, i malefici neri sono stati banditi..." disse Bobby.

"Questo non significa che qualche stregone non lo pratichi di nascosto!!"

"Ragiona, chi avrebbe interesse a..." disse Misha.

"Mpf, i miei nemici! Chiunque avrebbe interesse affinchè il regno si indebolisca e si sfaldi dall'interno! Sanno tutti che Jared è la mia più grande debolezza. Solo perdere il suo amore mi renderebbe debole!"

"Jensen, amico mio, cerca di non perdere il lume della ragione anche tu e ragiona...Jared non ti ama più, devi accettarlo. Un sacco di regnanti vivono senza amore." Disse Misha, tenendogli le spalle.

"NON IO!" gridò Jensen, poi si mise una mano sugli occhi.

"Ora andate via, vi prego. Voglio restare solo."





*

Jensen non si era arreso all'idea del maleficio, dopotutto nel loro mondo gli stregoni esistevano, la magia esisteva e veniva praticata, anche se alcune pratiche erano fuorilegge da diverso tempo. Solo in questo modo poteva trovare una risposta al perché il suo Jared, che aveva sempre detto di amarlo, si comportava così.

Nessuno però pareva dargli ascolto e Jensen capì che doveva imparare a tenersi questo per sé, perché cominciavano a girare voci sul fatto che il re fosse pazzo!

Sì, pazzo di amore.

Chiude gli occhi per non vedere la realtà...è molto triste. Dicevano.

Jensen faceva finta di non sentirli, faceva finta di non sentire i chiacchiericci alle sue spalle.




Quando Jared cominciò a stare poco bene e ad ammalarsi, la potenza di un maleficio si fece sempre più strada dentro di lui.

Si ritrovò a guardarlo nel letto, mentre febbricitante, lottava contro quel malanno.

"Amore mio, resisti." Gli diceva, prendendogli la mano.





*

Jared guarì dalla febbre, ma non dalla mancanza di amore e Jensen, sempre più infelice nel vedere l'infelicità del proprio compagno, cominciò a circondarsi di saggi, poeti e filosofi, che gli parlassero e gli raccontassero dell'Amore.

In biblioteca, cercava di distrarsi, chiedendo ai filosofi di raccontargli la potenza dell'amore.

A volte riusciva a trarre sollievo, a volte invece ne usciva sempre più infelice.

"Può davvero l'amore finire? Anche il vero amore? È dimostrazione forse di vero amore, lasciare in pace qualcuno, lasciarlo andare quando te lo chiede? Non dovrei forse lottare per amarlo ancora, anche se lui non lo desidera? Non sto forse facendo peggio così? Che cosa dovrei fare? Dovrei continuare a credere in questo sentimento, anche quando l'amore della mia vita non ci crede più? fino a quando è vero amore e quando diventa una malattia?"

I saggi rimanevano molto impressionati dalle sue parole e arrivarono perfino a chiedere al re di unirsi a loro come filosofi, ma il re rifiutò.

"Sono il vostro re, non un filosofo. Non sono degno di essere un filosofo, se non sono in grado di farmi amare."

I filosofi avevano ribattuto che lui era un re molto amato da tutti, ma il re rispose:

"Quando tutti ti amano, ma non ti ama quell'unica persona che tu ami con tutto il cuore, tutto ti viene a mancare e non hai niente." Disse triste.




*

Il re aveva poi preso a passeggiare per le vie del suo popolo e aveva cominciato a chiedere ad esso, cosa fosse per loro l'amore. Per dimostrare la loro complicità, si era vestito come uno di loro.

Un barbone che imbracciava la sua fisarmonica e sedeva per terra, disse:

"L'amore è la mia musica. Sta sempre con me e quando voglio suonarla, mi allieta sempre con il candore delle sue melodie. Non mi abbandona mai. Non dice mai di no."

Amare vuol dire allietare il cuore di chi ami... pensò Jensen.

"Cos'è per te l'amore?" chiese ad un uomo che ad un pub ordinava cappuccino e brioche al bancone.

"L'amore è svegliarmi ogni mattina alle sei per ordinare ogni mattina cappuccino e brioche per la mia signora. Prende lo stesso da ben 26 anni, ma ci tiene così tanto a questa piccola abitudine. " disse l'uomo, allontanandosi per portare il cappuccino con la tazza coperta e la brioche a casa sua.

L'amore è devozione pensò Jensen.

"Cos'è l'amore?" chiese Jensen ad un giovane contadino.

"I miei animali!" disse il contadino, attorniato da pecore e cani.

"Sono così fragili e dolci, hanno tanto bisogno di me e io devo prendermi cura di loro. Se non avessero me, non avrebbero nessuno. Chi si prenderebbe cura di loro?"

Delle lacrime corsero lungo le guance di Jensen, quando il contadino se ne andò.

L'amore è avere bisogno l'uno dell'altro.




*

Jared aveva lasciato il castello, per andare a stare da solo per un po' nella tenuta di campagna che avevano comprato insieme. Molti consiglieri del re, borbottarono e parlarono male di questa scelta.

"Lasciatelo in pace. Lasciatelo stare." Disse il re, triste.




*

Quando il re Jensen si ammalò, secondo il medico, era un mal di stomaco pesante causato dal nervosismo, Jared tornò al castello.

Sembrava profondamente dispiaciuto di vedere Jensen ridotto in quello stato.

Entrò nella stanza e gli prese la mano, tenendola nella sua.

Il medico di corte lo rimproverò per quello che stava facendo passare al suo re e gli chiese cosa ci faceva lì.

"Sono ancora suo marito. Anche se non lo amo più, gli voglio molto bene. Mi strazia vederlo così. Non voglio che soffra." Rispose il giovane, con gli occhi lucidi.

Jensen non aveva bisogno di sentire quello che dicevano i due. A lui bastava sentire la mano di Jared nella sua. Solo questo. Ricambiò la stretta con gratitudine.





*

Il re si riprese e cominciò a stare meglio. Quella vicenda sembrò rabbonire il giovane Jared, che cercò un approccio più calmo e più ragionevole, più affettuoso ma non troppo, con Jensen.

Gli parlò in separata sede, nella serra del paradiso, situata all'interno del loro castello.

Era così che chiamavano la loro serra privata, perché era come un sogno. Era una serra piena di fiori profumati e blu e la maggior parte delle volte la utilizzavano per le loro giornate o serate romantiche.

"Ti ricordi quante volte ci venivamo?" gli chiese Jared.

" I miei ricordi sono lame di vetro." Disse Jensen.

Jared si perse a guardarlo, mentre Jensen guardava il cielo stellato, fuori dalla serra.

"Jensen, ti ho fatto venire qui, perché questo è ancora un posto speciale per me, carico di ricordi felici, nonostante quello che è successo." Disse Jared, tenendogli le mani.

"Sono lieto di sentire che è così." Disse Jensen triste, guardando le loro mani.

"Ti voglio ancora bene. Anche se il nostro amore è finito, non voglio che tu soffra. Promettimelo." Gli disse Jared, senza lasciargli le mani.

Jensen aveva sentito dire da molti uomini, quanto fosse struggente e dilaniante, sentir dire dalla persona che ami più di te stesso, che il vostro amore, su cui avevate investito l'anima intera, fosse finito, quanto dovessero sforzarsi di dimenticare, mentre invece tutto quello che volevano era strapparsi la pelle di dosso, pur di ottenere soltanto una briciola indietro di quell'amore.

L'aveva sentito dire e proprio come fecero quegli stessi uomini, anche lui rispose:

"D'accordo."

Si abbracciarono. Se Jared voleva questo con tutte le sue forze, anche se Jensen non poteva farlo, se farglielo credere l'avrebbe reso felice, l'avrebbe fatto.





*

Terzo mese. I due regnanti conducevano vite separate, ma nessuno dei due stava pensando di rifarsi una vita con qualcun altro.

Jensen si sforzò di pensare in un'altra maniera, come qualcuno che realizza all'improvviso di aver vissuto costantemente solo di illusioni o di pensieri sbagliati fino a quel momento.

Forse ha ragione lui... abbiamo vissuto un amore adolescenziale, che prima o poi finisce...sono io a farla così tragica...non è la fine del mondo...in fondo Jared non ha intenzione di lasciarmi del tutto... probabilmente ho messo troppo su un piedistallo il nostro amore....se ritrovo la serenità, anche Jared sarà sereno e potremo ritrovare almeno un rapporto di stima e di affetto.


Jensen era sempre stato un sognatore e finì per non riconoscere in sé stesso il sognatore e il romantico che era una volta. Una notte la passò ad odiare Jared. Tutta la notte.

Al risveglio, per quel poco che aveva dormito, si svegliò con un mal di pancia tremendo.

È giusto. È il cuore che mi punisce per odiare chi amo.

Ma amava veramente Jared o anche quella era solo un'illusione?




*

Jensen era in un pub per nobili e raccontava ai suoi amici che le cose tra lui e Jared andavano meglio, era rimasto un rapporto di affetto e di stima e in questo modo avevano ora un rapporto più maturo e potevano governare con più saggezza.

"Siamo felici di vederti più sereno." Disse Ty.

Jensen annuì e tirò un asso vincente. Sorrise.

"Era come dicevate tutti voi. L'amore dopo un po' finisce. Mi comportavo come un bambinetto rifiutandomi di accettarlo, ma ora che l'ho capito, posso dire di vivere meglio senza!"

Finita la partita, si ritrovò a fare una passeggiata interminabile nei frutteti del suo vasto giardino.

Ammirò i meli, i ciliegi e tutte le piante fiorite e poi guardò le rose. Si perse a guardarle e pensò che Jared era proprio come una rosa.

Facevano male se le toccavi, senza stare attento alle spine.

Preso da una follia cieca, protese la mano a toccarle senza fare attenzione. Affondò la mano dentro quel prato e le toccò tutte, ignorando il male cieco e pungente che sentì attraversargli tutto il braccio.

Non si fermò, continuò, nonostante il dolore, fino a che non si ritrovò la mano insanguinata.

Finalmente aveva potuto sfogare tutta la frustrazione repressa nel sparare tutte quelle menzogne lì al pub, sul fatto di non amarlo più. Sorrise come un folle. Sì, si era sfogato.



Fece ritorno al castello con la mano insanguinata, mentre i servitori urlavano che il padrone era ferito.

Jared boccheggiò non appena lo vide. Gli occhi sgranati dalla paura e del terrore.

"CHE COSA DIAVOLO CREDEVI DI FARE, EH??" gli gridò, prendendogli il braccio, facendo così cadere per poca attenzione, la donna che cercava di medicarlo.

"PERCHè??? PERCHèèèè??" gli gridò Jared. Sembrava che non riuscisse a staccare gli occhi di dosso dalla ferita.

Jensen lo guardò gravemente e disse: "Perché tu sei come le rose, pungi, ma io sono come le api." Disse.

Jared rimase sconcertato da quel paragone. La sua bocca era spalancata in uno stupore muto e le sue lacrime cominciarono a scendere copiose dai suoi occhi, mentre Jensen veniva portato via per essere medicato.







Note dell'autrice: il mal di stomaco di cui è affetto Jensen nel capitolo, sarebbe "gastrite " :))
 ps scrivere questa storia, ma soprattutto rileggendola, ho versato fiumi di lacrime, soprattutto in questo capitolo xd



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