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Danielle era la classica bellezza in carriera.

C'erano solo due tipi di donne che mi piacevano: le studentesse e le ragazze come Danielle. Non sopportavo cantanti, modelle e tipi del genere: erano estremamente esigenti, ma scarse di classe, e comunque non si potevano considerare merce fresca.

Quanto ai maschi mi piaceva il tipo che suona o dipinge; questi ragazzi per lo più non sono professionisti del mestiere, lo fanno o per bisogno di soldi o sull'onda di un impulso momentaneo.

Non mi era mai capitato di farmi uno studente.

Per la verità, era molto più difficile trovare un ragazzo che una ragazza, e un ragazzo di certo livello poi era raro come una mosca bianca.

Forse era proprio per questo motivo per cui preferivo i maschi.

La cosa che trovavo più attraente di Danielle non era il suo bel viso, né l'intelligenza svelta e penetrante, ma il suo culo pieno e rotondo.

Era sodo e carnoso, con la pelle liscia liscia.
Se ne stava bello ritto e fiero anche quando la sua proprietaria camminava.

Naturalmente non avrei mai potuto comunicare a lei tali pensieri, perché mi avrebbe considerato volgare.

Uscivamo insieme da oltre sei mesi, e ogni mese tra regali vari mi andavano via otto o novemila sterline, solo per lei.

Non era ancora novembre, ma gli alberi erano quasi completamente spogli.

Una domenica mattina, ancora addormentato, me ne stavo rannicchiato sotto le coperte con una mano abbandonata sul culo candido di Danielle, quando lo squillo forte del telefono ruppe il silenzio ed io dovetti aprire gli occhi e rispondere, era Zayn.

"Sei impazzito a chiamarmi così presto?" farfugliai.
"Presto? Ma lo sai che ore sono? É quasi mezzogiorno."

"Che c'è?"

"Stamattina mi ha telefonato Styles, dice che ha appena finito di dare gli esami della sessione autunnale, immagino che avrà voglia di vederti" rispose Zayn un po' stizzito.

Non dissi niente.

"Te ne sei dimenticato?"
"No, digli che..." guardai l'orologio, "digli che lo aspetto alle due in albergo."
Riagganciai, saltai subito giù dal letto e mi infilai i pantaloni.

Il sonno era sparito di colpo, mi sentivo emozionato.

"Chi era al telefono? Devi uscire?" domandò Danielle, sempre sdraiata sul letto, a pancia in giù.

"Su, veloce, alzati. Nel pomeriggio ho un affare urgente, ma prima andiamo a mangiare" le dissi lanciandole i suoi vestiti.

Alle due, nella sala principale del grande albergo, non c'era quasi nessuno.

Verso le due e venti vidi entrare Harry.

Appariva un po' diverso dall'ultima volta.

"Scusa, sono in ritardo" esordì senza altre spiegazioni.

"Come sei venuto?"
"In autobus" il suo accento inglese era migliorato.

"Non mi oriento ancora molto bene, cambiando autobus ho preso il mezzo sbagliato."
Lo ascoltavo e intanto lo osservavo.

Non potevo crederci, in soli quattro o cinque mesi era cresciuto di una taglia e non aveva più la faccia scura e affilata di prima.

Ma era soprattutto l'espressione del viso ad essere diversa: quella sua aria grave ed ansiosa era completamente scomparsa.

London Story || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora