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Il 16 Febbraio ricevetti una telefonata dalla mia sorella più piccola "Louis, papà sta molto male, vieni presto" singhiozzava.

Non potevo crederci: solo due giorni prima mio padre mi aveva fatto una lavata di capo perché non credeva mi comportassi onestamente negli affari.

"Ieri stava benissimo, stamattina mamma si è accorta che si sentiva male" disse lei, singhiozzando ancora più forte.

Due giorni dopo mio padre morì.

Emorragia cerebrale.

Io, figlio maggiore, dovetti occuparmi del funerale ancora prima di avere il tempo di piangere la sua morte.

Qualsiasi cosa si potesse dire di lui, mio padre era stato un uomo piuttosto influente: perciò lascio immaginare la cerimonia funebre, le espressioni di lutto, le condoglianze.

Ero esausto.

Mia madre aveva vent'anni meno di lui, ma nello spazio di pochi giorni era spaventosamente invecchiata, così mi sentii in dovere di rimanere ogni giorno a casa per consolarla.

Un fine settimana Harry telefonò per chiedermi se avessi intenzione di tornare all'appartamento e io, che volevo evadere dall'atmosfera luttuosa di casa, gli dissi che ci sarei andato la sera.

Nell'aprire la porta, lo vidi seduto sul divano a leggere.

Posò il libro che teneva in mano e mi domandò, guardandomi con occhi pieni di sollecitudine: "Tua madre si è ripresa un po' negli ultimi giorni?"

"Insomma..." risposi "Su, andiamo a mangiare qualcosa"

"Lascia perdere, ho pensato che non ne avresti avuto voglia e ho comprato dei piatti pronti, mangiamo qui a casa."

Vidi dei sacchetti di carta sul tavolo e perfino una cassetta di birra per terra. Era stato davvero premuroso.

Presi una bottiglia di birra e dissi ridendo "Proprio come ai tempi dell'università"
"Sì" replico anche lui ridendo.

Dopo qualche bicchiere di birra, cominciai a sentirmi rilassato come non mi capitava da giorni. In testa avevo sempre mio padre: se n'era andato così all'improvviso.

"Mio padre era sempre molto serio, ci rilassavamo solo quando lui non era in casa, ma adesso si sente un tale vuoto" continuai rivolto sia a me stesso che ad Harry "Da piccolo non mi piaceva, mi sgridava sempre e mi picchiava anche. É stato molto meglio quando sono cresciuto, anche se non mi andava di dargli retta. Mi ricordo quando passai l'esame di ammissione all'università. Era talmente orgoglioso che alzò troppo il gomito e disse che, tra i figli dei suoi compagni, io ero l'unico ad avercela fatta solo con le proprie forze. Non ho mai percepito concretamente il suo affetto ma, a ripensarci adesso, fece davvero tanto per me durante i primi anni in cui misi su l'attività."
Bevvi un sorso di birra e lanciai un'occhiata ad Harry che se ne stava concentrato ad ascoltarmi, era veramente il miglior ascoltatore che uno potesse augurarsi.

"Appena prima di morire" continuai "improvvisamente ha aperto gli occhi, penso sia stato il barlume di coscienza che si riacquista per un attimo in punto di morte. Ci ha guardati tutti, a uno a uno, e alla fine il suo sguardo si è posato su di me, voleva dirmi qualcosa ma non ci riusciva...chissà, forse in fondo gli piacevo..." Non potei continuare, sopraffatto dalla commozione.

Dopo un lungo silenzio udii Harry dire sottovoce "Secondo me è morto serenamente, aveva accanto a se tua madre, te e le tue sorelle. Questo lo avrà confortato." Ebbe un attimo di esitazione prima di continuare "Quando mia madre morì, non c'era nessuno con lei, aveva preso un intero flacone di sonniferi."

London Story || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora