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Tornò il caldo torrido dell'estate e gli affari entrarono in un periodo di fiacca, solo il settore della moda andava a gonfie vele. Mi ero fatto un programma niente male: portare con me Harry in un viaggio d'affari a Hong Kong e nel Sud-Est asiatico, unendo l'utile al dilettevole. Ne avevo già parlato ai responsabili dell'Ufficio Immigrazione, i quali mi avevano garantito che in tre giorni Harry avrebbe ottenuto il passaporto, senza nemmeno chiedere all'università.

Invece, con mio grande disappunto, lui mi comunicò di aver trovato un lavoro per le vacanze estive: un lavoro in un cantiere edile.

Faceva un caldo insopportabile. Sembrava quasi che dal cielo piovesse fuoco. Non uscivo di casa. Me ne stavo rintanato tutto il giorno nella mia stanza. Il bollettino meteorologico della radio parlava di trentotto gradi, ma in realtà la temperatura era arrivata anche a quaranta. Harry ogni giorno andava al cantiere, dalle dieci del mattino per dodici ore. Diceva che c'era una scadenza da rispettare, perciò avevano soltanto due turni - il giorno e la notte. E lui, che aveva sempre avuto quella pelle chiara, a furia di stare sotto al sole, nel giro di poco tempo, diventò nero come il carbone.

Non sopportavo che lavorasse e così litigammo di nuovo.

"Ma che senso ha questo impiego? Pensi che farai il muratore tutta la vita?"

"No, ma posso imparare molto facendo pratica in cantiere."

"E quanto guadagni?"

"Mille sterline in due mesi."
"Puah! Mille sterline" sogghignai. "Una puttana in un albergo qualsiasi te ne chiede duemila!" mi scappò di bocca. "E poi, che vita da cani devi fare...dodici ore al giorno fuori con questo caldo..."
Vedendo che non mi rispondeva, proseguii: "Ti ho dato ventimila sterline, non ti bastano?"
"Quei soldi te li restituirò tutti. Non crederai di poterti divertire con me per diversi mesi, con ventimila sterline." si era impermalito.

Mi venne voglia di picchiarlo.

Come faceva a non capire? Ero arrabbiato:

"Ma allora vuoi prenderle sul serio! Pensi proprio di valere così poco?"
Tacque per un attimo, poi, levando gli occhi verso di me, chiese: "Ne hai ancora molte di puttane, vero?"
Rimuginava sempre la stessa cosa.

"Non sono affari tuoi."
Lo guardai inferocito.

Per la verità, non vedevo Adam ormai da un mese.

"Allora anche tu non impicciarti negli affari miei!" replicò con uguale violenza.

La cosa fini lì, senza un vero chiarimento.

Lui disse che poteva anche rimanere a dormire al cantiere.

Io risposi che in quel caso non sarebbe dovuto ritornare mai più.

Allora continuò a tornare ogni sera, all'appartamento.

Arrivava a casa poco prima delle undici, con un'aria distrutta, cosa che invece di rattristarmi, mi procurava un indicibile godimento.

Dopo che si era lavato, mi mettevo a carezzarlo, a eccitarlo, e lui, giovane com'era, nonostante la stanchezza, si lasciava velocemente andare.

Ma dopo un po' che lo facevamo voleva finire in fretta. E ogni volta, appena raggiunto l'orgasmo, nel giro di pochi minuti, si addormentava come un sasso.

Vedendolo profondamente addormentato, non sapevo neppure io se la fitta che sentivo al cuore era sofferenza oppure rancore.

Un giorno, rientrando a casa, scorsi, infilato in una pila di libri di Harry, un libretto di risparmio. Erano le ventimila sterline che gli avevo dato io: non era mai stato effettuato alcun prelievo.

London Story || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora