Ogni estate da quando avevo quindici anni mi mettevo a fare qualche lavoro estivo. Per passare il tempo, ma anche per i soldi, i quali a me e mia madre erano sempre mancati.
Per gli scorsi tre anni ero stata presa nella piscina comunale come bagnina, pur non avendo nessun titolo, la paga era buona e potevo stare tutto il giorno a leggere o ascoltare musica.
Quell'anno la piscina comunale era in ristrutturazione quindi mi misi a cercare lavora da qualche altra parte.
Nella periferia di Los Angeles c'era una piccola libreria dell'usato, il proprietario, un uomo bassino e leggermente sovrappeso, con occhi e capelli scuri, era amico di mio padre quindi acconsentì subito a prendermi a lavorare lì.
Passavo tutti i pomeriggi nella libreria, non entrava quasi nessuno ed io stavo a leggere.
Certe volte il proprietario mi lasciava portare libri a casa e io appena li finivo li riportavo indietro.Era il venerdì sera, saranno state le otto ed io stavo finendo di sistemare delle carte per poi chiudere.
Stavo per finire quando qualcuno bussò al vetro del negozio. "È chiuso" urlai, ma il visitatore non accennava ad andar via.
Mi girai di scatto e due occhi nocciola mi fecero sciogliere le gambe, era il ragazzo del centro commerciale, Caleb.
"È chiuso" mormorai con meno convinzione di prima mentre mi avvicinavo lentamente alla porta.
"Soltanto dieci minuti, l'altra volta abbiamo avuto così poco tempo, vorrei conoscerti meglio"
Aprii la porta.
In quel momento mi venne in mente che io non gli avevo mai detto dove lavoravo, ne la mia età, ne niente. Non nego di essermi un po' spaventata."Come hai fatto a sapere che ero qui?" mormorai sedendomi sula sedia del bancone.
"Ho i miei metodi" sorrise.
"Così mi spaventi", dissi.
"Non avevo intenzione di spaventarti, se vuoi vado via"
"No, tranquillo, mi saprei difendere", risi.
"Non ho dubbi", si mise anche lui a ridere."Comunque, l'altra volta non ci siamo presentati bene, io sono Caleb, piacere", mi porse la mano.
Io la strinsi "Grace".
Aveva una presa salda e forse, quasi eccitante direi.Mi accorsi che aveva un'accento diverso da quello californiano, che ero abituata a sentire sempre.
"Da dove vieni?" Chiesi.
"Arizona. Si sente così tanto che non sono di qui?"
"Un po'" risposi ridendo.
"Io sono per metà dell'Arizona. Mio padre è nato a Glendale" aggiunsi.
"Ci sei mai stata?" Mi chiese.
Io scossi la testa "Non sono mai uscita dalla california, il posto più lontano in cui sono stata è stato San Diego quando avevo nove anni"Mi sorrise, "Ti va di andare a mangiare da qualche parte?", guardò l'orologio che portava al polso destro, "se ti va ovviamente"
Ricambia il suo sorriso, "mi va, anche molto in realtà"Spensi le luci e chiusi il negozio.
Nel frattempo Caleb mi aspettava fuori.
Il cuore mi batteva fortissimo, ero uscita con molti ragazzi, con la maggior parte ero anche andata a letto, anche alla prima uscita, eppure non avevo mai avuto con nessuno questa sensazione.Camminammo per un po' prima di arrivare di fronte ad una BMW nera, era lucidissima come se fosse appena stata nuova.
Io optai per il McDonald's ma Caleb disse di avere in mente qualcosa di migliore.
Ci fermammo di fronte a un ristorante di lusso a Santa Monica , non mi ero mai neppure fermata a guardare questo ristorante, è fra i più cari di Los Angeles e per poter cenare lì devi prenotare almeno tre mesi prima.
Guardai Caleb alzando un sopracciglio, lui mi sorrise e si avviò verso il ristorante
Entrammo da una porta sul retro dopo che Caleb si era fermato a parlare con un cameriere.
Quest'ultimo ci fece accomodare in una saletta privata.Nel momento in cui ci sedemmo io alzai un sopracciglio con fare interrogativo, lui mi rispose alzando le spalle e sorridendo.
I camerieri iniziarono a portare da mangiare anche se noi non avevamo ancora ordinato.
"Ti sta piacendo la cena?, mi chiese a un certo punto.
"Moltissimo, ma non c'era bisogno di tutto questo, un panino sarebbe bastato" gli sorrisi.
Lui avvicinò la mano alla mia, "volevo che fosse speciale, perché, anche se ti conosco da molto poco, tu mi sembri speciale."
"Anche tu mi sembri una persona fantastica" gli strinsi la mano e lui sorrise.La cena in totale sarà costata più di cinquecento dollari ma non so perché andammo via senza neppure avvicinarci alla cassa.
Dopo cena mi portò a fare una passeggiata nella spiaggia di Santa Monica.
Ci sedemmo sulla riva, ci togliemmo le scarpe e ci godemmo la sensazione dell'acqua fredda che ci toccava le dita dei piedi.Caleb mise una mano in tasca e uscì una bustina. Conteneva dell'erba.
Gli sorrisi, "Sarebbe ingenuo da parte mia accettare dell'erba da uno sconosciuto?"
"Facciamo in modo che non sia più uno sconosciuto allora" detto questo si avvicinò e mi baciò.
Il mio corpo fu attraversato da sensazioni che fino ad allora non credevo neppure di poter provare.
Mi staccai.
"Questo ti rende un conoscente?"
"Se vuoi possiamo anche fare altro, ma sai... la sabbia che si infila da tutte le parti. Non è molto piacevole"
Scoppiai a ridere, "Fai questa canna, dai".Di canne ne facemmo tre. Caleb sembrava tranquillo, io mi sentivo stanca. Mi sarei potuta addormentare lí e mi sarei risvegliata dopo giorni.
"Sei abbastanza fatto per fare una cosa?" Gli chiesi.
"Dipende cosa" rise.
Mi alzai in piedi e mi levai la maglietta, poi le scarpe e i jeans.
"Il bagno" dissi, e iniziai a immergermi nell'oceano.
Caleb non sembrava molto convinto, ma si spogliò lo stesso e mi raggiunse.
"Non sarà pericoloso?" Disse avvicinandosi a me.
"No, stai tranquillo" Risi io.Si avvicinò fino a prendermi per la vita, io mi aggrappai intorno al suo corpo con le gambe.
Siamo stati fermi in quella posizione almeno venti minuti, poi io appoggiai la testa sul suo petto e ci lasciammo cullare dalle onde.Scoppiai a piangere, non so neppure perché. Lui mi accarezzava i capelli e mi consolava.
Gli raccontai della mia vita, dell'alcolismo di mia madre, di quanto era stronzo mio padre, degli sbagli che avevo fatto, di tutti i ragazzi con cui ero stata a letto.Uscimmo dall'acqua e ci rivestimmo, bagnando tutti i vestiti.
Mi riaccompagnò a casa verso le 2 di mattina.Quando entrai mia madre era sdraiata sul divano che dormiva e una bottiglia di scotch vuota era sul pavimento.
Nessuno a parte la mia amica Casey sapeva dell'alcolismo di mia madre, eppure, non so il motivo, quella sera lo avevo raccontato a Caleb.
Mi fidavo di lui pur conoscendolo da soli due giorni, e ciò mi faceva sentire troppo vulnerabile.
Posai le chiavi sopra il tavolo e salii nella mia stanza.
Nello stesso istante in cui poggiai la testa sul cuscino mi addormentai.

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Perfectly Wrong
RomanceGrace si ritrova in una stazione di servizio, soltanto diciannove anni e uno zaino pieno di pacchetti di sigarette e test di gravidanza, tutti positivi. La sua storia però inizia un anno prima, quando si innamora del ragazzo sbagliato, o forse fin t...