Capitolo 8 - I cambiamenti

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Aprii lentamente gli occhi e la prima cosa che vidi fu la luce dorata del sole, proveniente da dietro le tende, illuminare la stanza.
Mettendomi a sedere sentii un forte mal di testa e assunsi una smorfia d'angoscia, portandomi subito d'istinto una mano sulla fronte.
Il dolore, la nausea, la sensazione di debolezza e uno strano sapore in bocca mi portarono ad un'unica spiegazione: post sbornia. Poi, da quand'è che bevo? Non lo faccio mai.
Presi un respiro e mi costrinsi d'iniziare a fare mente locale della sera scorsa, quando non notai un piccolo ma grave particolare.
«Io non ho le lenzuola bianche.» sussurrai dando voce ai miei pensieri e stringendo le coperte con quasi terrore.
Mi guardai subito intorno: notai il comodino vicino al letto matrimoniale, dall'altra parte c'era un enorme armadio, di fronte una scrivania e uno scaffale con alcuni libri.
Una camera normale oserei dire, non dava l'aria di una stanza d'hotel di Kabukichō* quindi tirai un sospiro di sollievo, ma la domanda rimaneva comunque in sospeso.
«Vedo che ti sei svegliato.»
Mi voltai in direzione della voce, che riconobbi avendola sentita in precedenza, ma non riuscivo a mettere a fuoco il volto della persona.
Cercai i miei occhiali e li trovai posati sul comodino accanto, una volta messi vidi Rehtt intento ad asciugarsi i capelli utilizzando un panno, a torso nudo con addosso solo i pantaloni lunghi grigio chiaro, probabilmente appena uscito dalla doccia.
Mi sentivo confuso più che mai e a giudicare dalla sua espressione, capii di aver fatto una faccia a dir poco sconvolta.
«Che c'è, non ti ricordi di me?» avvertii il suo tono divertito anche se non trapelava nessuna emozione, in qualche modo mi sembrò deluso.
«No, cioè sì... mi ricordo» iniziai interrompendo a metà la frase, non sapendo bene cosa dire «ma tu... io... dove sono?»
«A casa mia.» rispose tranquillamente, «Non mi dire che non ti ricordi di ieri.»
Ero abbastanza sicuro di aver assunto un colorito simile al rosso e il desiderio di volermene andare via crebbe sempre di più, così presi velocemente i miei vestiti, che erano stati lasciati su una sedia, uscii dalla camera sorpassando Rehtt e mi chiusi in bagno.
Mi stupii di me stesso quando realizzai di sapere dove si trovasse, era la prima volta che mettevo piede in quella casa.
Avevo un cambio di vestiti di non so chi addosso, una semplice maglietta e dei pantaloni, ma preferii non farmi altre domande e mi diedi una sistemata iniziando a bagnare il viso in modo da riacquistare un po' di lucidità.
Una volta uscito lo trovai in completo da lavoro, mi chiese subito se volevo la colazione e risposi che, non volendolo disturbare ulteriormente, me ne sarei andato via senza indugi.
E magari fosse andato così, mi sarei risparmiato le seccature future.
Riuscì a convincermi a consumare il primo pasto del mattino perché "Ho già preparato la tua parte, sarebbe uno spreco buttarla" e a darmi perfino un passaggio in macchina alla BFC perché "Andiamo entrambi nello stesso posto, oltretutto abito lontano dall'azienda e constatando l'ora non arriveresti in tempo".
Fu un'esperienza orribile, ammetto.

All'ora di pausa lasciai la mia postazione e andai alle macchinette per prendermi qualcosa da bere.
Nell'arco di qualche ora riuscii a ricordarmi la maggior parte delle cose che successero la sera scorsa: un mio collega riuscì ad avere la promozione e qualcuno propose di andare a festeggiare tale evento, io decretai l'invito ma molti insisterono allo scopo di farmi cambiare idea e ci riuscirono.
Si fiondarono nel primo locale capitato sotto l'occhio e io li seguii, mi diedero da bere e finii per ubriacarmi al primo bicchiere dato che le mie capacità nel reggere l'alcol sono pari a zero.
Da lì in poi rievoco solo qualcosa, ad esempio so di aver vomitato.
Intravidi con la coda dell'occhio una delle dipendenti indicarmi con la mano da lontano e dire qualcosa all'amica, le ignorai e aprii la bibita bevendone un primo sorso.
È da questa mattina che girano delle voci fra le parti femminili dell'azienda riguardo al mio arrivo con Rehtt, di sfuggita ne sentii di tutti i colori: alcuni sostenevano sulla nostra amicizia nata sul posto di lavoro o in passato e quindi, in conclusione, dei semplici conoscenti di vecchia data, altri su una relazione sentimentale, famigliare o altro.
La prima era la più veritiera anche se non del tutto corretto, alla fine siamo tipo, colleghi?
«Yuuuuuitan!» sentii chiamare da lontano, alzai lo sguardo e trovai Saburo avvicinarsi amichevolmente verso di me.
Avevo un brutto presentimento.
«Ho sentito le voci» iniziò, prendendosi la confidenza di mettere un braccio intorno al mio collo e continuare la frase «lo sai che a me puoi dire tutto.»
«Dire cosa?»
«Avanti, lo sai benissimo! Parlo di te e Rehtt!» lo gridò talmente forte da riuscire ad attirare l'attenzione delle persone intorno a noi.
Sorrisi imbarazzato ai sguardi confusi e incuriositi scambiati fra i colleghi, interessati in un primo momento del piccolo trambusto, ma per mia fortuna presto si disinteressarono e ritornarono a fare le loro cose.
Senza volerlo lanciai uno sguardo di rimprovero, probabilmente agii per abitudine e Saburo si scusò subito, anche se sembrava abbastanza divertito dalla situazione di prima creata per sbaglio, quindi non fui certo di quanto fosse dispiaciuto.
«Allora? Non mi racconti niente?» insisté ancora, sorridendomi.
«Mi sono svegliato da lui e mi ha dato un passaggio.» gli confessai nella maniera più semplice e possibile, in fondo era la verità.
«Lo sapevo che eri il tipo da farsi il nipote della signora Barner!» disse d'un tratto facendo però attenzione a non alzare troppo la voce e farsi sentire da persone indesiderate.
«Ma cosa hai capito!»
Provai con un secondo tentativo, un riassunto un po' più dettagliato, una volta finito di raccontargli la versione dei fatti non mi sembrò molto convinto, era certo ci fosse sotto qualcos'altro che non volevo rivelare e mi tormentò per tutta la pausa pur di saperlo, io lo ignorai e tornai al lavoro.

Qualche ora più tardi scoprii di non avere con me il telefono, volevo mandare un messaggio a Maiko per la storia del cinema, dopo l'ultima volta le avevo promesso che appena avuto il tempo l'avrei accompagnata a guardare quel maledetto film, ma non lo trovai in nessuna delle tasche.
Non ci voleva un genio per capire dove l'avevo probabilmente dimenticato.
Mentre stavo uscendo per rientrare a casa mi imbattei davanti all'entrata con Kyotami e colsi l'occasione per chiederle se aveva visto Rehtt da qualche parte, purtroppo ricevetti una risposta negativa.
Pensai di controllare il parcheggio, magari l'avrei trovato lì o perlomeno avrei saputo se c'era o meno la sua macchina, che ricordavo bene quale fosse, giusto per sapere se era andato via o ancora in zona.
Incontrarlo appena uscito fu un vero colpo di fortuna, mi aveva fermato appena in tempo prima che mi recassi inutilmente al parcheggio, infatti aveva incontrato la segretaria e gli era stato riferito il fatto che lo stessi cercando.
«Volevi un altro passaggio, kitten?» mi chiese in modo scherzoso, evidentemente trovando di buon gusto prendermi in giro.
«Affatto, ho dimenticato una cosa da te.»
Mi sarebbe andato bene se mi avesse garantito di portare il telefono il giorno dopo, sarei sopravvissuto senza per una notte e avrei contattato Maiko in un altro modo.
Invece volle fare di testa sua e mi portò di nuovo da lui.
Durante il tragitto non parlammo affatto, alla fine non eravamo così in confidenza come gli altri credevano, si erano fatti ingannare troppo dalle apparenze.
Arrivati a destinazione andai a controllare nella camera in cui avevo dormito in precedenza, quella per gli ospiti disse, sperando di trovare subito il cellulare, andarmene, tornare a casa e dormire.
L'appuntamento era per la mattina seguente e, dopo una giornata di lavoro, riposarsi era la cosa migliore da fare.
Per mantenere la promessa avrei sprecato il mio unico giorno libero andando al cinema a guardare un film di fantascienza e, a dire la verità, non ero molto entusiasta a differenza di qualcun altro.
Dopo il matrimonio di mia sorella presi la decisione di dimenticare, avevo tolto quel quasi ridicolo ciondolo a forma di quadrifoglio dal telefono mettendolo dentro un cassetto, non riuscendo ancora a buttarlo, ma mi dicevo che l'avrei fatto un giorno.
In realtà l'uscita serviva anche per questo, per iniziare a cambiare le cose aveva detto quando lo propose.
Nel momento in cui trovai il cellulare, finito in qualche modo sotto il letto, sentii suonare il campanello e dopo delle voci.
In un primo momento mi sembrò strano ricevere persone a quest'ora, ma dopo una veloce riflessione pensai che forse era un amico venuto a trovarlo non curandosi dell'orario, come faceva Maiko, e tutt'ora lo fa, quindi magari non era così "insolito".
Piuttosto mi convinsi fosse arrivato il momento di levare le tende e andare via, dopotutto quello che dovevo cercare l'avevo trovato.
Ero già pronto a porgere i miei saluti e tornare a casa quando, recandomi verso l'ingresso di casa, non persi un battito, forse per lo stupore.
Ironico a dirlo, il tempo mi sembrò essersi fermato all'improvviso e il mondo crollarmi addosso, fu una sensazione di disagio indescrivibile quando lo vidi.
Non era cambiato molto, era cresciuto e diventato più alto, i tratti del viso erano più marcati e lo rendevano più bello di un tempo, i capelli biondo scuro avevano un taglio un po' più corto, ma come sempre dall'aspetto sembravo morbidi, gli occhi verdi erano l'unica cosa rimasti uguali, di un colore che amai.
Una parte di me era felice, dall'altra non lo ero: non avevo la certezza che fosse ritornato per davvero da me per mantenere la promessa.
Il solo pensiero mi terrorizzava, avrei voluto gridare e sfogarmi piangendo, ma mi contenni per non sembrare una persona più patetica di quanto non lo sia di già.
Non sapevo cosa dire, non riuscivo a trovare le parole giuste, mi limitavo a restare immobile e guardarlo con gli occhi increduli senza riuscire a pensare niente di sensato, sperando nel profondo del mio cuore che fosse solo un altro sogno.
Anche lui sembrava confuso, forse non si aspettava di vedermi.
I sentimenti che stavo provando erano in contrasto tra di loro e provarli mi addolorava, sarebbe stato meglio incontrarlo mentalmente preparato o non vederlo affatto, ora che stavo per andare avanti.

«Ryu...ki?» fu l'unica cosa che riuscii a dire.
Un disperato richiamo del passato.

Angolino di Ren-san:
Fiuu, ce l'ho fatta- anche se un po' tardi :"
Diciamo che ho avuto dei piccoli imprevisti e non sono riuscita a concludere il capitolo in tempo, quindi... niente
So che il capitolo è un po' corto rispetto ai miei standard (?) ma doveva essere così perché... lo avete capito perché.
Eh sì, alla fine siamo arrivati al punto critico della storia-- suppongo?
Succederanno tante cose a partire da ora, non posso promettervi quando avverrà il prossimo aggiornamento ma cercherò di fare del mio meglio :c
Mi scuso per gli errori, che di certo ci saranno come sempre perché sì
Perciò nulla, alla prossima~ 

See ya ✩

* Kabukichō è un quartiere a luci rosse di Tokyo.

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