6. Chit-Chat

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«Terra chiama Anna, terra chiama Anna! Ma dove hai la testa questi giorni?».
Già, dove aveva la testa, quei giorni?
Di certo non concentrata sul libro di Patologia Generale per il quale avrebbe dovuto preparare un esame di lì a un mese e mezzo e che avrebbe dovuto richiedere tutta la sua attenzione, dato che era un tomo di cinquecento pagine pieno di termini scientifici che proprio non volevano saperne di entrarle in testa.
Anna sospirò e gettò un’occhiata al suo cellulare, impostato in modalità silenziosa, che però la distraeva molto di più che se avesse squillato ogni due minuti.
Avrebbe dovuto mandare un messaggio ad Alex?
Perché, in effetti, aveva decisamente una voglia matta di farlo, ma le mancava il coraggio.
Mandargli un messaggio dal nulla con scritto cosa, poi? “Ciao, come va?”… ma quanto sarebbe stato patetico?
Eppure è così che si inizia una conversazione, Nina. – le fece notare una vocina nella sua testa, che ultimamente sentiva fin troppo spesso. Forse, notò con una parte del suo cervello, stava impazzendo del tutto. Una reazione ritardata all’essere cresciuta con Andrea.
Mordicchiò distrattamente il tappo della biro blu con la quale stava facendo un riassunto sul proprio quaderno, gli occhi puntati su un orizzonte immaginario che di certo non era la distesa verdeggiante al di fuori della finestra.
Giorgia Di Savino, la sua compagna di studi nonché amica sin dalla prima lezione di orientamento che avevano seguito durante il primo anno di università, sbuffò sonoramente e le diede un pizzicotto sul braccio, facendola sobbalzare con un gridolino e risvegliandola finalmente dal suo torpore.
Qualche studente si voltò a lanciare loro un’occhiata contrariata e Anna arrossì, sollevando una mano in segno di silenziose scuse, prima di abbassarla a massaggiarsi la pelle pizzicata e voltarsi verso Giorgia. «Ma che cavolo ti prende?» sibilò, imbronciandosi.
L’amica la squadrò con un sopracciglio sollevato. «A me?» ribatté, incrociando le braccia al petto. «Sono almeno cinque minuti che sto cercando di chiederti una cosa».
Anna abbassò lo sguardo e sospirò, tornando a giocherellare con la penna. «Scusa, ero assorta».
«Sì, me ne sono accorta. Pausa caffè?» propose, cominciando già a rimettere le sue cose nella borsa.
Anna assentì. «Pausa caffè».

*

«Allora: sputa il rospo, che succede?».
Anna si rigirò la tazzina col caffè bollente tra le dita, fissandola come se potesse aiutarla a formulare un qualche tipo di risposta soddisfacente a quella domanda. «Niente, sono solo un po’… stanca.» tergiversò, allungando la mano verso le bustine di zucchero e prendendone una di canna. La strappò e la rovesciò nel caffè, girandolo poi pigramente col cucchiaino.
Il silenzio quasi opprimente della biblioteca era stato sostituito dal chiacchiericcio sommesso degli studenti in pausa; un tavolo di ragazze, accanto al loro, rideva rumorosamente, guardando qualcosa sul cellulare. Anna le osservò per qualche istante, poi bevve un sorso di caffè e girò il viso verso Giorgia, che la fissava col cipiglio di una a cui, ovviamente, non l’aveva data a bere con le sue patetiche scuse.
«Allora?» la incalzò infatti, inclinando il capo verso una spalla.
Anna sospirò e si passò una mano tra i capelli. «C’è un ragazzo…» cominciò, la vocina timida.
«LO SAPEVO!» proruppe Giorgia, con fin troppo entusiasmo. «E chi è? Lo conosco? E’ uno dell’università? E’ Fabio?».
Anna la guardò con un’espressione stranita. «Cosa? No!» squittì, sgranando gli occhi. «Che c’entra Fabio, poi?!».
Fabio Lanza era il fratello di una delle sue migliori amiche, l’unico ragazzo del loro gruppetto, simpatico e carismatico, col quale Anna aveva il tipico rapporto di una scintilla scoppiata solo a metà, che avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di più, ma che per incertezza da parte di entrambi rimaneva solo una piccola intesa latente, incapace di esplodere veramente.
Giorgia le riservò l’occhiata di una che la sa lunga, prima di bere il suo caffè tutto d’un fiato, neanche fosse uno shottino alcolico. Rabbrividì, perché in realtà odiava il sapore del caffè e lo prendeva solamente per pura sopravvivenza. «Dai, lo sanno pure i muri che tu e Fabio vi piacete, ma siete troppo tonni per ammetterlo».
Anna roteò gli occhi perché, onestamente, per quanto bene volesse a Fabio, non era decisamente lui il ragazzo che stava occupando i suoi pensieri da una settimana a quella parte. «Non è vero, io non gli piaccio affatto.» borbottò, scuotendo il capo. «E a me non piace lui!» si affrettò ad aggiungere, arrossendo lievemente.
«D’accordo, farò finta che tu abbia ragione.» rispose Giorgia esasperata, passandosi una mano nel caschetto di capelli color borgogna. Anna alzò di nuovo gli occhi al cielo. «Allora, chi è?».
Anna sospirò, indecisa da dove cominciare. «E’ uno dei piloti di Moto2…» ammise infine, prendendo un altro sorso di caffè, perché sentiva la gola improvvisamente asciutta.
Giorgia non era una grande appassionata di motori, quindi, anche se Anna avesse rivelato il nome, al novanta percento non avrebbe assolutamente saputo a chi si stesse riferendo. Infatti, la studiò per qualche istante, quasi in attesa che l’amica rivelasse qualcosa di più. «Okay…» disse piano, invitandola a proseguire con un cenno della mano, che già stringeva una sigaretta che aveva tirato fuori dal giacchetto.
«Okay, d’accordo.» sbuffò Anna arrendevole. «Si chiama Alex Marquez ed è… oh, mamma!» Nascose il viso tra le mani, sentendo le guance in fiamme. «E’ estremamente carino! Molto più che carino! Ed è così dolce e gentile e…».
«E tu ti sei presa una bella cotta.» concluse Giorgia con un sorrisetto saccente
Anna aprì piano le dita per poterle lanciare uno sguardo timido da dietro di esse. «Io… non lo so. Cioè, l’ho visto solo per un paio d’ore, ma…».
«Ma scommetto che sono bastate.» Giorgia sollevò entrambe le sopracciglia un paio di volte. «Hai una sua foto?».
«No… ma se vai su internet, ne troverai milioni.» rispose Anna con tono sconsolato, riemergendo da dietro le dita e incrociando le braccia sul tavolino.
Giorgia non se lo fece ripetere due volte: afferrò il cellulare dell’amica, che era abbandonato sul tavolo, e aprì Google Chrome, scrivendo Alex Marquez nella barra di ricerca. «Uh, è campione del mondo.» notò con un sorrisetto (non se ne intendeva proprio di moto, lei), leggendo le prime informazioni fornite da Wikipedia. «Ed è alto, per essere un pilota: insomma, qui riporta un metro e ottanta.» aggiunse, cliccando sulla voce “immagini” per poterlo vedere. Dovette scartare le prime foto, dove era in sella alla sua moto, con un casco a coprire il viso, fino a trovarne una di lui a mezzo busto, con un sorriso un po’ plastico per le telecamere, ma uno sguardo assolutamente adorabile. «E’ cariiiino.» stabilì alla fine, con un tono un po’ cantilenante e un po’ pettegolo, mentre scorreva altre foto.
Anna annuì, ritrovandosi completamente d’accordo mentre si avvicinava per sbirciare anche lei le foto di Alex. «Nella realtà è molto meglio.» la informò poi, con un piccolo sospiro.
Giorgia le lanciò uno sguardo sornione, poi le diede una piccola botta, spalla contro spalla. «Beh, che aspetti? Racconta, no?» stabilì infine, restituendole il telefono.
Anna si passò una mano tra i capelli e poi iniziò ad intrecciarli nervosamente, cominciando a raccontare all’amica del suo incontro, tutt’altro che tipico, con Alex Marquez e dell’invito inaspettato che aveva ricevuto da parte sua e della serata che aveva passato insieme ad altri sei piloti e del modo originale in cui lui, alla fine, era riuscito a ottenere il suo numero di telefono.
«Finalmente essere la sorella di Iannone ha portato qualche risultato.» stabilì Giorgia alla fine del resoconto, con un sorrisetto malizioso. Anna le diede una leggera spinta con la mano. «E come siete rimasti?».
«Non siamo rimasti in nessun modo: io gli ho girato la foto, come promesso, lui mi ha augurato la buonanotte e fine.» rispose Anna, scrollando le spalle.
«Vuoi dirmi che non gli hai più scritto?» fece Giorgia e Anna si corrucciò al tono scandalizzato che aveva usato.
«Se è per questo, non lo ha fatto nemmeno io.» borbottò, giocherellando con i resti della bustina dello zucchero.
«Mi sembra che lui abbia già preso l’iniziativa un sacco di volte.» le fece notare Giorgia, ora la sua voce era quasi esasperata. «Insomma, è stato lui ad invitarti alla serata, no? Ed è stato lui a darti il suo numero, giusto? Non puoi aspettarti che sia sempre lui a fare il primo passo! Sicuramente starà aspettando un tuo messaggio».
Anna emise uno sbuffo ironico. «O più probabilmente si è già dimenticato di me e sta pensando ad allenarsi per il mondiale.» ribatté realista, scuotendo il capo
«Anna: scrivigli».
«Nooo.» rispose con un lungo lamento, seppellendo la testa tra le braccia. «Per dirgli cosa, poi?».
«Uhm... non saprei, ciao? Come stai?» replicò Giorgia con un’espressione di ovvietà dipinta sul viso. «Possibile che debba insegnarti tutto io? Sei un caso disperato!».
«Non sono un caso disperato.» protestò Anna, imbronciandosi. «Solo non mi va di sembrargli stupida e appiccicosa e patetica».
«E quindi rimarrai tutta la vita a sperare che sia lui a mandarti un messaggio per primo?».
«Io non sto-».
«Anna: oggi hai passato le due ore in biblioteca a fissare il cellulare invece che a studiare Patologia Generale, non prendiamoci per il culo.» la rimproverò Giorgia, incrociando le braccia al petto.
Anna arrossì e sbuffò.
«Scrivigli».
«No».
«Oddio, ma non potevi prendere da Andrea un po’ della sua spigliatezza?» Anna le diede un pizzicotto. «Scrivigli.» ripeté Giorgia, senza arrendersi. «Scrivigli o penserà che tu non sia interessata».
Anna rimase ferma a fissare il telefono, così Giorgia allungò una mano e glielo rubò da sotto il naso. «Hey, no! Che fai?!» protestò, cercando di riprenderselo, ma l’amica fu più veloce e si alzò in piedi, nel suo dignitoso metro e settantacinque, e tenne il cellulare lontano dalla sua portata. «Se non ha intenzione di scrivergli tu, lo farò io per te!» stabilì, sollevando un sopracciglio.
Anna scattò in piedi. «Non puoi ricattarmi così!».
«Sono costretta, visto che tu non vuoi proprio darti una svegliata! Cosa potrebbe andare storto, me lo spieghi?» domandò esasperata, facendogli un cenno verso l’uscita della caffetteria, la sigaretta ora trattenuta tra le labbra.
Anna recuperò la sua borsa e la seguì all’esterno. «Mah, non saprei: potrebbe tipo non rispondermi? E io non ci tengo proprio a rimanerci male per un ragazzo che, tra parentesi, appartiene proprio ad un’altra categoria.» protestò, mentre Giorgia l’afferrava per un braccio e la trascinava via dalla traiettoria di un paio di studenti che, troppo indaffarati a discutere animatamente tra di loro di una partita di calcio, non l’avevano notata e avevano quasi rischiato di investirla.
«State un po’ attenti a dove mettete i piedi, teste di cazzo!» li apostrofò, mostrando il dito medio in direzione delle loro schiene, già dirette verso la cassa del bar. Si accese la sigaretta. «Tu ti fai troppe paranoie, Anna. E poi, cos’è questa cosa dell’essere di un’altra categoria? Mica lui è il principe e tu una poraccia!».
«Ma che c’entra: però lui è un pilota e appartiene a un mondo diverso, con routine diverse e priorità diverse da una persona normale come me».
«Punto primo, non è che tu sia proprio estranea al mondo delle moto: tuo fratello è Andrea Iannone e non sarà Valentino Rossi, ma è famoso pure lui. Inoltre, ci sei cresciuta nei box di MotoGP o sbaglio?» Giorgia le rivolse un lungo sguardo consapevole, prendendo un tiro dalla sua sigaretta.
«Sì, però non è la stessa cosa. E poi, la gente famosa si sceglie altra gente famosa o, per lo meno, ragazze molto più belle di me, dato che possono sicuramente permettersele. E, fidati, Alex Marquez può permettersi di meglio di me.» mormorò, abbassando lo sguardo.
Giorgia sbuffò una nuvola di fumo e frustrazione. «Però è a te che ha dato il suo numero, non ad un’altra ipotetica tizia famosa o bella.» puntualizzò, giocherellando col cellulare di Anna, che ancora teneva in custodia come una silente minaccia. «E tu stai sprecando la tua opportunità solo perché, come al solito, ti fai troppe paranoie».
«Ammettiamo pure che io smetta di farmi paranoie e gli scriva,» fece Anna, incrociando le braccia sotto il seno e poggiandosi contro il muro, «e che lui, per qualche assurdo motivo, risponda e cominciamo a parlare: secondo te dove può andare a parare, una cosa del genere? Tralasciando il fatto che lui sia famoso, vive comunque in Spagna.» le fece notare, intestardendosi ad avere ragione sul fatto che quel tipo di relazione non doveva nemmeno essere presa in considerazione.
Giorgia roteò gli occhi. «Anna: stai accampando scuse su scuse, te ne rendi conto? Un messaggio, è tutto quello che ti chiedo. Un. Messaggio.» Le porse di nuovo il telefono. «O lo mandi tu o lo faccio io, decidi».
Anna sbuffò di nuovo e riacciuffò il telefono nel momento stesso in cui la lucina delle notifiche si illuminava, segnalandole l’arrivo di qualcosa.
«Ooooh, magari è lui!» fece Giorgia in trepidazione. «Ha sentito nell’aria che stavamo parlando di lui e ti ha scritto!».
«Sì, certo. Continua a sognare: sarà Andrea che mi dice di uscire dall’uni.» rispose Anna, sbloccando il telefono.
Giorgia corrugò la fronte. «Vai già via?» domandò, controllando l’orologio: erano solo le quindici e trenta e, di solito, dopo le lezioni si trattenevano sempre almeno fino alle diciotto per studiare.
«Sì, oggi ho la visita giù in clinica.» rispose distrattamente, tirando giù la tendina delle notifiche.
In effetti, come aveva previsto, c’era un messaggio di Andrea… ma anche un’altra notifica sospetta da Instagram. Rimase a fissarla per qualche istante, mentre serrava le labbra per impedire loro di aprirsi nello sciocco sorriso che le stava facendo tremolare gli angoli.
«E’ lui, non è vero?» la sgamò subito Giorgia, spegnendo la cicca nel posacenere del cestino.
Anna storse il naso in una smorfia. «Ni…» disse solo, girando il telefono affinché anche l’amica potesse leggere.
alexmarquez73 ha iniziato a seguirti.
«Oh mio DIO!» ruggì Giorgia, scoppiando in una risata fragorosa, che attirò lo sguardò scettico di due ragazze dell’ultimo anno che passavano da lì. «Anna, ora tu devi scrivergli o giuro che ti picchio».
Anna rise nervosamente e le rivolse una smorfia, proprio mentre il telefono le segnalava una chiamata in arrivo da parte di suo fratello. La prese subito. «Arrivo, Andre, sto salutando Giorgia e sono da te!» rispose, attaccando subito dopo e rivolgendo un sorrisetto furbo in direzione dell’amica. «Devo proprio andare, ci sentiamo dopo, okay?» si congedò velocemente, cominciando subito ad avviarsi verso l’uscita a passo di carica.
«ANNA IANNONE!» la richiamò Giorgia con un urlo, in mezzo alla folla di studenti. «Se non mi fai sapere come va a finire questa storia ti tolgo il saluto!».
Anna rise ancora e si girò a considerarla da sopra la spalla destra. «Ora prometto che gli scrivo, ti voglio bene!» le urlò di rimando, sparendo oltre il cancelli.
Andrea la attendeva sul ciglio della strada, in sella alla sua Ducati nera. Lo raggiunse con una piccola corsa, sventolando la mano in segno di saluto. «Ciao fratellone!» lo salutò, mentre lui smontava per aprire il sellino e aiutarla ad infilarci dentro lo zaino.
«Ciao, Nina: tutto bene? Hai il viso tutto rosso.» notò, lanciandole uno sguardo indagatore mentre le porgeva il suo casco.
Anna nascose subito un sorrisetto malandrino dietro al casco. «Tutto bene, sì: sono solo accaldata per la corsa.» dismise con tono allegro, salendo sulla moto dietro ad Andrea.
Prima che il fratello potesse ripartire, cliccò velocemente sul cellulare e poi lo ripose nella tasca del giacchetto, col cuore che correva più veloce della Ducati sulla quale era appena salita.

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