8. Poor Figures

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Il giovedì era passato abbastanza velocemente e il venerdì era arrivato con un entusiasmo che aveva travolto Anna Iannone sin da quando aveva aperto gli occhi, nel letto matrimoniale che aveva condiviso con suo fratello – quando non c'era Belén, dormivano entrambi nella camera, perché il divano letto nel salotto non era proprio il massimo della comodità.

Dopo colazione, si era fatta una doccia, aveva raccolto i capelli in una treccia laterale e si era infilata un paio di pantaloni neri e una delle sue maglie supernerd di The Walking Dead, che ritraevano lo scontro tra Rick e Negan che era stato la base portante delle ultime due stagioni della serie. Andrea, soddisfatto del suo comportamento del giorno precedente, le aveva lasciato un po' di respiro e si era avviato col suo scooter verso il proprio box, precedendola, così Anna si era infilata le sue cuffione rosa sulla testa e le aveva collegate al suo iPod, uscendo dal motorhome Suzuki e incamminandosi lentamente verso la pitlane con la musica che le teneva compagnia nel tragitto, con canzoni di sigle dei cartoni animati o colonne sonore Disney.

Jorge Lorenzo la notò di sfuggita mentre si incamminava a sua volta verso i box, con indosso ancora jeans e maglietta rossa della Ducati. Più che altro la sentì canticchiare a un volume abbastanza considerevole mentre, quasi ignara che ci fosse qualcun altro oltre lei, danzava sbarazzina nel suo tragitto solitario, ondeggiando le braccia e scuotendo la testa. La canzone non la conosceva, ma sembrava la sigla di un qualche anime giapponese e questo, insieme alle movenze strane in cui lei si stava esibendo, lo fece sorridere quasi contro la sua volontà.

«C'è sempre un'altra corsa ancora da affrontare e un percorso da provare, ma col turbo dentro al cuore, tu sei già un Campione... senti il rombo alla partenza, metti tutta la potenza, sulle ali del tuo turbo, voli e sei il più furbo, let's and go!».

Anna rise allegra, riportando gli occhi di fronte a sé nel momento in cui voltava l'angolo. Qualcuno l'afferrò per un braccio, strattonandola all'indietro e facendola quasi inciampare, mentre dall'altro lato spuntava un cameriere, con in mano un vassoio stracolmo di bicchierini di caffè, col quale aveva rischiato di scontrarsi se non fosse stato per quel qualcuno che l'aveva trascinata via dalla sua traiettoria.

Con espressione confusa, osservò prima la mano che ancora le circondava il gomito, poi sollevò il viso fino ad incontrare il sorriso divertito di Jorge Lorenzo.

Il suo cuore mancò un colpo, come sempre ogni volta che si ritrovavano fin troppo vicini e in modo assolutamente inaspettato.

«Es bueno saber que lo tuyo es un hàbito.» commentò Jorge, studiandola dall'alto con occhi sorridenti.

Anna spalancò le palpebre e arrossì, togliendosi lentamente le cuffie dalla testa: si sentiva molto stupida, in quell'istante, con la canzone di Let's & Go che rimbombava in modo vergognoso e un'altra bella figura del cavolo collezionata di fronte al pilota maiorchino. «Tendo a non prestare molta attenzione a dove metto i piedi.» ammise e storse le labbra in una smorfia colpevole, stringendosi in una spalla. «Grazie comunque, Lorenzo».

Il pilota scrollò le spalle e finalmente la lasciò andare, ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans. «Puoi chiamarmi Jorge.» disse, cogliendola di nuovo alla sprovvista. «E tu sei... Anna, giusto?».

Anna annuì, il cuore in una maratona inspiegabile per le due frasi altrettanto inspiegabili che lui aveva appena pronunciato.

Le aveva detto di poterlo chiamare per nome.

E ricordava il suo.

Era arrossita ancora e lo sapeva benissimo, così abbassò lo sguardo e fece per portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ricordandosi solo quando non riuscì ad afferrare nulla che li aveva legati in una treccia ordinata. Giocherellò con le sue dita sospese a mezz'aria, senza sapere che cosa farci.

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