•Capitolo 1•Naso a pappagallo

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Clara's POV

Il suono stridulo della campanella invasa le mie orecchie e mi fa saltare dalla gioia, come se fosse appena partito un tappo di una bottiglia di champagne dentro le mie membra: finalmente sono le 13:15 del sabato mattina e si esce da scuola. Una sensazione di leggerezza si propaga dentro di me ed è così piacevole: improvvisamente non ho ansie di nessun tipo e mi sembra di librarmi in aria da un momento all'altro, pronta a spiccare un volo senza ritorno sulla terraferma. Il weekend è appena iniziato e non ho la minima intenzione di passarlo a casa guardando qualche programma trash e noioso come farebbe Gemma, la mia compagna di classe, la mia compagna di banco, la mia compagna di vita.
Bisogna dare movimento a questo weekend, per farlo sembrare più indimenticabile del precedente.

"Cla, aspettami!" Arriva di corsa al mio fianco per uscire dalla classe, con una goffaggine non indifferente. Sorrido ogni volta che mi rivolge la parola: ha un accento che mette allegria, è così diverso dal mio. Si sente proprio che è una ragazza mediterranea, anche se il suo aspetto tradirebbe le sue origini: capelli biondi e ricci sempre sciolti e scomposti le incorniciano il volto ovale e magro, due grandi occhi azzurri, sempre rigati da una linea imperfetta di eyeliner, è la prima cosa che salta all'occhio di tutto ciò che compone il suo viso latteo. Sembra una svedese, non una napoletana.

"Ti ho già detto di non chiamarmi Cla." Alzo gli occhi al cielo, increspo le labbra e stringo i pugni per il nervosismo. Perché deve abbreviare il mio nome, se è già corto?

"Ti ho già detto che ti chiamo come voglio!" Risponde, mentre con un braccio mi avvolge le spalle, spensierata come non mai. Sta sorridendo come se si fosse appena fatta tre cocktail diversi. Poi trovo adorabile la nostra differenza di altezza: lei è una giraffa in confronto a me.

"Stasera che fai di bello?" Le chiedo, quando ormai siamo fuori da scuola per raggiungere le nostre rispettive case a piedi. Adoro passeggiare con la mia migliore amica, è il momento in cui escono fuori tutti i gossip. Sembriamo proprio due comari in villeggiatura.

"Mi deprimerò davanti alla TV, nulla di interessante." Accompagna il tutto con una risata. Nulla di nuovo fin qui.

"Gemma, ma non hai mica ottant'anni!" Sbuffo esasperata. È davvero un caso perso questa ragazza, mi farà impazzire, ma io non mi arrendo, resusciterò la giovincella che è in lei.

"No, ma ci manca poco. La vita è breve e..."

"Fai meno la filosofa e ascoltami!" La fermo, tappandole la bocca con una mano "Valerio stasera mi ha invitato a casa sua per una festa."

"Certo che quel cretino non ha proprio nulla da fare. Ma crede di essere americano?! Gli americani fanno sempre feste durante i weekend nelle loro ville lussuose." Commenta, assumendo un'espressione abbastanza schifata e di superiorità "Per la cronaca, ha invitato anche me. Credo proprio che questo invito finirà nella mia bellissima stufa." Dice poi, sfilandosi l'invito dalla tasca del parka verde e mostrandomelo, come se fosse un oggetto di poco valore. In effetti, è solo un biglietto per una stupida festa, ma rappresenta la mia fonte di divertimento dalla quale attingere durante il weekend.

"Assolutamente no!" Le strappo il foglio dalla mano, prima che possa fargli fare una brutta fine. Ora chiamatemi pure Clara la paladina degli inviti alle feste "Perché non vieni alla festa con me?"

"Tu non stai bene con la testa." Immaginavo che avrebbe risposto così. E io la convincerò a venire con me, costi quel che costi.

"Ma nemmeno tu. Le feste sono divertenti!" Esclamo.

"Che cosa divertente vedere le coppie che si riproducono davanti ai miei occhi, molto divertente!" Replica sarcasticamente.

"Non fare la zitella acida e vieni con me. Stasera passo a casa tua così ci prepariamo e andiamo. Ho voglia di conoscere qualche figo e tu verrai con me. Va bene? Va bene. Ciao, a dopo Gemma!" Mi faccio una risata, per poi separarmi da lei e andare per la mia strada. Mi giro a guardarla un'altra volta e noto che mi sta facendo il dito medio. Deduco dalla sua espressione facciale che in questo momento vorrebbe uccidermi: le manca solo un forcone in mano, la renderebbe più credibile. Con quel viso d'angelo che si ritrova, non ammazzerebbe nemmeno una mosca. Mi ucciderà dopo e in qualsiasi modo voglia,  prima deve venire alla festa con me e dovrà divertirsi.

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