4

369 30 3
                                    

Quando il campanello di casa suonò,non lo sentii immediatamente. Ero in giardino e stavo sistemando un paio di nuove piantine che avevo comprato il mattino stesso a un mercato locale. Corsi in casa urlando "arrivo" mentre mi avvicinavo sempre di più alla porta.
Oliver.
"Scusami tanto,non ti ho sentito,ero in giardino." Dissi girandomi di spalle e incamminandomi verso la cucina,cercando di togliermi il grembiule da giardinaggio.
"Cosa posso offrirti,un caffè magari? O forse preferisci qualcos'altro? Se vuoi ci sono anche dei biscotti che hanno fatto i bambini a scuola al corso di cucina..." mi muovevo freneticamente e nel frattempo non mi ero nemmeno accorta che Oliver non aveva detto nemmeno una parola da quando era entrato. Mi voltai istintivamente e lo trovai a fissare un punto indistinto dietro di me. I suoi occhi...c'era qualcosa che lo turbava,il suo sguardo assente stava disperatamente cercando di comunicare qualcosa.
"Tu Lo sapevi che la mamma aveva un diario?" Disse impassibile.
Mi avvicinai a lui e mi sedetti su uno sgabello di fronte al suo.
"No. Voglio dire,non mi sembra. Magari l'ho visto in giro,ma non saprei dirti. Se me lo fai vedere però forse posso aiutarti."
Ero seria,ma si vedeva lontano un miglio che lui era distratto,stava pensando a qualcosa e ora che lo fissavo meglio si poteva chiaramente vedere che i suoi occhi erano arrossati più del solito.
"Oliver,cosa ti turba?" Domandai,prendendogli le mani.
Da sempre,fin da quando eravamo bambini io sono sempre stata la più forte emotivamente tra i due. Lui è sempre stato così,neanche crescendo é cambiato.
Forse è proprio per questo che alla sua età non ha ancora nessuno al suo fianco; quando c'è qualcosa che non va la prima cosa che fa è venirmi a parlare,lo ha sempre fatto e a me in fin dei conti va bene così. So che dovrei spronarlo a uscire con più persone e magari anche a trovarsi una ragazza,ma so che quando sarà il suo momento ciò che gli è destinato,gli arriverà. Non sono io a doverlo forzare,deve fare ciò che sente.
"Vic.." gli trema la voce,abbassa la testa e mette davanti agli occhi la mano destra,come per coprirsi dai suoi sentimenti,da ciò che sta provando in questo momento.
"Ehi,non fare così" cerco di togliergli la mano dal volto,ma lui mi precede. Si alza dallo sgabello e scosta delle lacrime che stanno rigando le sue guance.
"Io devo dirtelo,ma in questo momento..." il pianto ora si impossessa di lui,ma cerca subito di riprendersi con scarsi risultati.
"In questo momento provo tanta rabbia. Io,io non riesco a controllarmi,vorrei gridare contro tutto e tutti."

Oliver era fermo,tra la cucina e il tavolo da pranzo che di solito la famiglia di Victoria usava per le feste,quando a pranzo c'erano anche i genitori di Simon.

"Cerca di calmarti prima,ok?" Cercai di avvicinarmi,ma lui si voltò di scatto e io mi fermai sui miei stessi passi. "Non so come cominciare...quello che sto cercando di dirti,è che Frederich è vivo." Le mie labbra si schiusero tanto era l'incrudelirà che mi pervadeva in quel preciso istante. 

Frederich vivo,l'uomo che non avevamo mai visto,il padre mai avuto,l'uomo del mistero. Era sempre stato un punto interrogativo nelle nostre vite,da piccoli la mamma non ci aveva mai detto nulla se non che Leonard non era il nostro vero padre,ma all'epoca non capivamo bene,come si può chiedere a dei bambini di non vedere l'uomo che abita nella tua stessa casa come il tuo vero padre? E poi che aspetto avevano i veri padri? Come si comportavano? Che cosa facevano di diverso che Leonard non facesse con noi? Le domande erano da sempre state fin troppe e adesso tutte le carte in tavola,carte che erano state disposte accuratamente da nostra madre per anni,venivano gettate via. Erano bastati minuti,anzi,secondi.

Io ed Oliver ci sedemmo sul divano e per la prima volta dopo anni,mi strinsi tra le sue braccia e non feci altro che piangere;piangere per tutto ciò che avevamo perso e per quello che non avevamo mai avuto.



Geborgenheit • 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora