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Sento qualcuno correre. I rumori risuonano sul ciottolato e il mio cuore inizia ad accelerare il battito. Corro a mia volta, alla ricerca di qualche cespuglio o albero che possa nascondere la mia figura dalla vista di chiunque stia arrivando. Il gazebo si rivela essere l'unica soluzione possibile. Mi accuccio in un angolo e aspetto in silenzio.

-Dove cavolo sei andata, Emma? -. La frase urlata in un sussurro non lascia dubbi su chi sia il proprietario. È la voce di Diego.

Esco dal mio nascondiglio improvviso, e prendo un profondo respiro. Mi scopro aver trattenuto l'aria, e quando arrivo da Diego gli tiro un pugno sulla spalla.

-Sei un idiota... mi hai fatto spaventare- esclamo stizzita.

-Credevi che nascosta lì non ti avrebbe trovato? - scoppia a ridere. -Ti spuntava fuori metà corpo-.

La sua risata è bella, melodiosa. Una risata contagiosa che fa ridere anche me. Borbotto qualcosa come stai zitto ma lui non si ferma. Mi allontano contrariata, ma lui mi raggiunge subito dopo e mi ferma posandomi la mano sulla spalla.

-Eddai... era una battuta- cerca di fingersi serio. Comunque, hai qualcosa in testa-.

Come se gli avessi dato il permesso mi libera da tutte le foglie e dai petali che avevo in testa.

-Ora sei ancora più buffa- mi fa la linguaccia. Alzo il terzo dito nella sua direzione.

-Ti piacciono le rose? - mi domanda saltellandomi al fianco. Annuisco impercettibilmente.

-Andiamo a prendercene una? - propone di conseguenza.


La mia altezza non è mai stata un problema, un metro e sessantadue non è così basso, e mi è sempre andato bene. Eppure, al momento, desidero con tutto il mio cuore avere 20 centimetri buoni in più. Ignoro la risata dell'uomo dietro di me, il quale si gode la scena senza essere minimamente d'aiuto. Le mie dita arrivano a malapena a sfiorare i petali della rosa più bassa che compone lo splendido gazebo, impedendomi di prendermene una. Provo ad indossare i tacchi, che mi danno centimetri di altezza in più, ma il risultato rimane invariato. Anzi, riesco pure a pungermi con una spina.

Mi guardo il dito, e noto un puntino rosso dove la spina ha agito. Diego ha smesso di ridere, e si è spostato al mio fianco. Allunga il braccio e senza tante storie afferra il fiore. La stacca e me la porge.

Esito nel prenderla: mi sembra un'umiliazione. Guardando però gli occhi di Diego, capisco che non c'è malizia in questa sua azione. Afferro la rosa, e il contatto con le sue mani mi fa rabbrividire. Gli sorrido e prendo posto sulla panchina appena occupata dal giovane.

******

-C'è qualcuno Emma. Andiamo via- sussurra Diego al mio orecchio.

-Non ti credo. Stiamo qui ancora un po'-.

-Emma, sta veramente arrivando qualcuno. Guarda la luce-. È agitato e temo che non sia uno scherzo.

Mi afferra per un polso e mi trascina con sé. Corriamo al buio, senza sapere dove stiamo andando. La scarica di adrenalina che avevo sentito prima ritrova spazio nel mio corpo, muovendosi su e giù per lo stomaco.

Ritroviamo il sentiero e Diego accelera il passo, stringendomi con più forza la mano. Scavalca il cancello per primo, poi mi afferra le scarpe dalle sbarre e aspetta trepidante che io faccia altrettanto. Arrivata in cima, sento una voce che urla nella mia direzione. Vedo la luce di una torcia, e dall'alto sento le sirene di un'auto della polizia in avvicinamento.

-Andiamo Emma, cosa stai aspettando? - mi sprona.

-Devi saltare, Emma. Ti prendo io: non avere paura-. Vede la mia esitazione, e la sirena si fa sempre più forte. Lo guardo, già con le braccia alzate e salto.

Le sue braccia avvolgono il mio corpo, stringendomi a lui. Restiamo fermi così per qualche istante: io sospesa in aria con Diego che mi sostiene. Poi mi posa a terra e mi lascia un bacio sulla guancia. Sorride, stringe la mia mano e riprendiamo a correre.

Sognavo il vestito biancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora