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Appena scendo dalla moto mi tolgo il casco. Respiro a pieni polmoni e l'odore di salsedine mi invade le narici. Mi guardo intorno e vedo Diego indaffarato ad affrancare il suo casco alla moto, mentre borbotta qualcosa che non riesco a comprendere.

Diego mi ha portato in spiaggia, al "lido delle sirene", uno dei miei posti preferiti, dove anni fa diedi il mio primo bacio. A quest'ora della notte è completamente deserto. L'unico rumore che sento e quello dell'autostrada, la quale prima io e ragazzo alle mie spalle stavamo percorrendo a velocità spropositata.

Mi tolgo le scarpe per l'ennesima volta in questa serata, sussultando quando Diego mi porta una mano sulla vita e mi sussurra nell'orecchio: "Cosa stai aspettando?" accennando con il capo il mare.


Lo guardo, lo afferro per la mano e lo trascino con me, correndo e sprofondando nella sabbia, la quale mi solletica.

Mi ero sbagliata all'inizio: non siamo soli. Due sdraio da spiaggia sono occupate da dei venditori ambulanti addormentati, mentre una terza è occupata da un gruppetto di ragazzi sui 16 anni.

Il mio accompagnatore prende il comando e mi tira per il braccio allontanandomi da tutti e ammetto per un attimo temo la situazione. Quando però si volta nella mia direzione e mi sorride, tutti i nodi gradi si sciolgono e torno a respirare, scacciando eventuali timori. Mi lascia la mano solo quando si occupa di aprire una sdraio pure per noi.

Sono abbastanza sicura che i proprietari del lido non gradiscano questo elemento.

- Quindi mi stai dicendo che in...? - mi osserva.

-27 anni- lo informo.

-...in 27 anni non hai mai fatto il bagno al mare di notte-? -ride prendendosi gioco di me.

-Fino ai 14 anni ero troppo "piccola"- faccio il gesto delle virgolette al pronunciare la parola. -i miei genitori sono dei tipi abbastanza seri. Quando ho iniziato ad uscire, gli amici non avevano gli stessi interessi-. Mi sento un po'in imbarazzo.

-Ehi, non devi giustificarti- mi tranquillizza con voce dolce, cingendomi la vita. Mi allontano da lui e mi guardo attorno imbarazzata.

Mi incanto ad osservare le onde che si infrangono sulla riva, per poi tornare indietro e rinnovarsi qualche secondo dopo.

Quando la mia attenzione si concentra nuovamente sul ragazzo, lui è senza camicia e si sta sfilando i pantaloni, rimanendo con dei boxer grigi con la scritta "UOMO" sull'elastico bianco.

-Quando hai finito di guardare, puoi anche sfilarti il vestito e raggiungermi in acqua-dichiara, lasciando trasparire appositamente una certa sfumatura di presunzione. Scocca un bacio in aria e me lo spedisce con la mano come fanno i bambini piccoli. Mi sento avvampare e ringrazio la semioscurità della notte che nasconde il rossore delle guance. Lui comunque, né ci fa caso né se si preoccupa, dato che è già corso verso il bagnasciuga.

Mi sfilo il vestito prestando attenzione a non farlo cadere e riempire di sabbia e lo poso sopra lo zaino, poco distante dal mio casco. Vestita solo con un intimo nero, raggiungo Diego sulla spiaggia.

La prima onda che si infrange mi bagna i piedi. Mi aspettavo una temperatura maggiore e ciò mi fa esitare nell'immergermi completamente e raggiungere l'uomo che mi sta aspettando.

Diego è appena riemerso dall'acqua e noto che sta guardando nella mia direzione.

-Cosa fai lì ferma? Entra, forza! - mi urla.

-È troppo fredda- ribatto, stringendomi il corpo tra le braccia.


Lui scuote la testa e si avvicina. Capto le sue intenzioni, e quando inizia a correre cercando di raggiungermi mi metto in azione pure io, solo nella direzione opposta. Per mia sfortuna lui è più veloce di me e in un battito di ciglia me lo ritrovo di fronte.

Goccioline di acqua gli scorrono sul petto muscoloso, per poi scendere sugli addominali ed essere assorbite dai boxer già zuppi. Deglutisco e alzo lo sguardo per posarlo negli occhi verdi, nel tentativo di scacciare eventuali pensieri poco casti. Mi sforzo di portare alla mente Marco, aggrappandomi al pensiero del mio imminente matrimonio, ma una vocina mi sussurra che Marco non ha mai avuto un fisico del genere. Persa nella tempesta di pensieri, urlo quando sento il suolo sparire da sotto i miei piedi, ritrovandomi tra le braccia del moro. Lui ride mentre io gli tiro dei pugni sulle braccia, accompagnandoli da frasi con lo scopo di convincerlo a rimettermi in terra.

Quando ottengo ciò che desidero, sono immersa completamente ad eccezione della testa. Fingo di essere arrabbiata con lui e inizio a schizzarlo.

Lui accetta la sfida e iniziamo così a giocare come bambini, ridendo e scherzando, illuminati solamente dalla luce della luna.

Sognavo il vestito biancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora