In qualche modo quasi impossibile da capire, usciste dalla biblioteca ormai disordinata. Ed entrambi, lui col tuo braccio chiuso nella sua grande mano, eravate nel bel mezzo della foresta, tu inconsapevole di quale fosse la meta. Meta che non c'era.
«Siamo arrivati!» esclamò lui. Lo guardasti scioccata: c'erano solo alberi, alberi e ancora alberi, immersi nel buio che oscurava il cielo. Ci mettesti poco a capire le sue intenzioni a giudicare dallo sguardo che aveva: abusare del tuo fragile corpo per poi liberarlo dalla tua anima e... magari, disegnare un sorriso spietato sul tuo bel faccino.
«Oh, mio Dio... no» dicesti con voce flebile dall'angoscia e cominciasti ad indietreggiare. Appena toccato l'albero, eri di nuovo immobile, come tuo solito, mentre lui avanzava minaccioso verso di te.
Piantò il coltello al fusto, proprio accanto al tuo orecchio. Sobbalzasti spaventata e provavi in tutti i modi di muoverti ma niente era possibile in quel momento: un momento di pura ansia, paura, angoscia, trauma. Non succedeva da cinque anni e hai sperato ogni giorno che non ti capitasse più
«Piccola, non avere paura... sarò gentile!» ti disse fingendo di essere dolce, accarezzando il tuo volto spaventato. Lo sapevi: a lui non fregava niente, lo avresti potuto implorare in tutte le lingue del mondo. Ti avrebbe scopata per bene e poi uccisa.
«Io... io non voglio» era l'unica cosa che è potuta uscirti dalla bocca. Era la cosa più vera che potessi dire: non volevi niente, non avresti voluto quella fine per i tuoi genitori, non avresti voluto trovarti lì. Desideravi una vita felice, tranquilla, coi suoi alti e bassi ma, comunque, vita. Quella che stavi vivendo non era una vita, era l'inferno. L'inferno dei vivi. E l'unica cosa che volevi dal presente era morire, ma qualcosa non voleva farlo.
«[y/n], ma come sei tenera... mi dai quasi fastidio!» urlò l'ultima frase con il tono più maniaco e sadico che potesse esistere, per poi afferrare il coltello dal fusto e piantartelo al braccio. Urlasti dal dolore e, mentre riprendeva l'arma, ti accasciasti sulla terra, premendo forte la mano sul foro grondante di sangue. Osservasti disgustata l'assassino che gustava il liquido restante sulla lama, piangevi disperata ma in silenzio, desiderando che tutto quello finisse.
Più forte di qualsiasi altra cosa, ti rialzasti. Ti guardò compiaciuto: «Sei rimasta forte, eh? Vediamo se resisti a questo!» parlò ancora, conficcando l'arma nel tuo fianco. Urlasti ancora ma non cadesti. Con tutte le tue forze, sferrasti un una ginocchiata ai suoi organi genitali. Si piegó in due dal dolore, così approfittasti per prendere la sua testa e sbatterla più volte sul tuo ginocchio, fin quando ti ficcò il coltello al polpaccio. Entrambi cadeste a terra, tu gemevi dal male che tutto il tuo corpo doveva patire.
«Sei una stupida, forte puttanella... eppure mi sei piaciuta sin da subito» disse ancora steso per terra, ma non prestavi attenzione a quello che diceva. Stavi perdendo sangue. «Ma nessuno è più forte di me, quindi...» sussurrò. Si alzò, asciugandosi il sangue che colava dal naso e dalla bocca, per poi calciarti l'addome. Eri ancora spiaccicata al suolo come un moscerino, ti faceva male tutto.
Mentre rotolavi, la quantità e la velocità dei calci aumentavano sempre di più.Fin quando non ti venne in mente di fingerti morta: dopo tutte le paralisi improvvise, sapevi trattenere il fiato a lungo.
«Hey, sei già morta?» domandò con una leggera delusione. Ti trattenesti dal serrargli un pugno dritto al suo schifoso faccino, che lui definiva di incredibile fascino. «Eh dai, avevamo appena iniziato... ora mi tocca scarabocchiarti bene la faccia!» esclamò come un bambino che aveva appena comprato un giocattolo nuovo.Si sdraiò su di te e impugnò il coltello come un pennello e appena lo appoggiò alla tua guancia, afferrasti la sua lurida mano e la contorcesti. La lama gli scappò di mano e cadde pesantemente sopra di te tossendo. «Sei agile» commentò.
«Levati di dosso» lo incitasti ad alzarsi, ma tutto quello che fece fu rimanere carponi su di te. Poi riprese il coltello e disse quella frase che tanto odiavi. «Va' a dormi...» non terminò ciò che stava dicendo. Ti guardava dritto negli occhi, come se fosse tornato in sé dopo un lungo periodo di follia. Ma quella parte era cancellata... era solo un momento di lucidità.
«I tuoi occhi» disse ammaliato. Pensasti che, probabilmente, tutto quello sarebbe stato tutti parte del piano, per coglierti alla sprovvista e ucciderti quando meno te lo aspettavi. Ma più pensavi alla delicatezza con la quale aveva detto la frase, più i dubbi diminuivano.
«sono come i miei...» concluse la frase e tu eri sconcertata. Incredula.Si alzò di scatto e si diresse verso sinistra, cominciò a camminare avanti e indietro. Tu, mentre ti alzavi, strappasti entrambe le maniche della tua felpa: una la legasti al polpaccio, la seconda al fianco. Per il braccio... lasciasti perdere. Tanto morirò a breve, pensasti.
«Vieni» disse duro, con una voce totalmente diversa da quella che eri abituata a sentire. Una voce roca, maschile, forte.
«Perché mai?» domandasti ancora dolorante, cercando di rimetterti in piedi con l'ausilio di un ramo basso sul fusto vicino a te. Tenevi una mano sul fianco e la schiena era gobba da quanto stavi male.«Ti faccio solo dormire.» disse alzando le spalle, poi continuò: «Non puoi tornare a casa tua in quelle condizioni, dopo che avranno sicuramente trovato le tue tracce nella biblioteca. È un danno per me e, soprattutto, per te», sorridendo all'ultima frase.
Gli hai dato retta. Ti davi della stupida mentalmente mentre camminavi dietro di lui. Saresti stata comunque nei guai, sia se lo avessi seguito, sia se non lo avessi fatto.
Tutto quello ti avrebbe fatto impazzire e dovevi trovare assolutamente una via d'uscita.Quel suo momento di lucidità per te è stato fantastico. Desideravi che lo avesse avuto mentre stava ammazzando i tuoi genitori, mentre stava ammazzando chiunque altro. Le nipotine della signora Reynolds, la signora Reynolds stessa.
Era tutta colpa di quello schifoso assassino che ti aveva distrutto l'esistenza.E lo avrebbe fatto anche col tuo corpo se non gli avessi dato ascolto.
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Buongiorno o buonasera.Doppio aggiornamento, sono in vena.
Vostra, crxows
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Burn your soul [Jeff The Killer x Reader]
Horror«Bruceró la tua anima come quel fuoco fece con la mia pelle» Dove Jeff the Killer, uno spietato serial killer, dopo cinque anni ritrova una delle persone che più ha odiato: y/n. -•- istruzioni: [y/n]: your name, il tuo nome; [y/s]: your surname, il...