Arrivaste ad una casetta in legno abbandonata, sperduta nell'oscurità della foresta. Dentro c'era un pesante fetore di alcool, sangue, sudore. C'era lo schifo, pensasti. E la voglia di rimanere in quel sudiciume era minima, sotto la roccia mare. Al nucleo, no, non potevi restare lì, in quella casa di sesso e sangue, sola con un maniaco.
«Prendi quello che vuoi, lavati se vuoi, fuma se vuoi. Dormirai nel mio letto. Con me.» pronunciò l'ultima frase in un sussurro, guardandoti con un sorriso - fatto con quel poco delle sue vere labbra che gli erano rimaste - spudoratamente malizioso. Spalancasti gli occhi, il ritmo dei tuoi respiri accelerò di colpo, mentre con gli occhi vagavi in quel porcile. «Non fare quella faccia! E' solo per controllare che tu non faccia stronzate!» ti diede un buffetto e lo scansasti, non appena sentisti la sua presa stringersi.
Ti guardò con aria di sfida e per un momenti avesti paura dei suoi occhi: così aperti, così vuoti; quell'unico puntino al centro di una palla bianca, ah, che inquietudine incuteva. Solo un altro pazzo avrebbe potuto volergli bene e, probabilmente, di altri pazzi ce n'erano già.
Tu eri la povera vittima di uno dei tanti killer che credevano, potenti, di dominare il mondo.«E come pensi che possa vestirmi, poi? E le ferite? Insomma, guardami.» dicesti con un filo di voce. Mai ti aveva sentita parlare così tanto. Monosillabi soltanto cercavi di pronunciare in sua presenza cinque anni prima e lo stesso avevi provato in quel momento. Ma avevi bisogno di informazioni.
Gli desti la chiara conferma che ti saresti lavata. Poi, ti avrebbe lasciata da sola e, forse, saresti potuta scappare. «Ti darò qualche mio vestito e qualche straccio per quelle.» rispose lui. Uscì dalla stanza continuando a fissarti e si chiuse la porta di entrata alle spalle. Prendesti una felpa piuttosto larga dal cassetto della sua sporca camera da letto ed entrasti nel bagno, sfortunatamente, privo di una finestra. Lo maledicesti.Ti spogliasti lentamente e, dolorante, cominciasti a lavarti, gemendo per l'acqua che scorreva prepotente sulle ferite che ancora erano grondanti di sangue. Pensasti ad un modo, escogitare un piano per uscire da lì, fuggire. Chissà quante altre donne avrà portato qui, pensasti.
Stavi fasciando le tue ferite con quantità enormi di garze e bende che, fortunatamente, avevi trovato all'interno del mobile del bagno, avevi solo dei pantaloni indosso e una leggera canottiera, sporca del tuo sangue, a coprirti l'esile busto; lui entrò, spalancando la porta rovinata. Quel posto era marcio, consumato.
«Hai finito?» chiese, appoggiandosi al muro. Annuisti debolmente. Si avvicinò pericolosamente a te, cingendoti i fianchi con le mani: sentivi il suo sudicio respiro sulla pelle. Gemesti, poiché tocco la ferita sul fianco, che il suo coltello aveva provocato.Strinse ancora di più la presa e lacrime salate cominciavano a cadere dai tuoi occhi [e/c]. «Basta» dicesti solo.
«Oh, ti fa male? E fa male anche qui, vero? E qui, qui? Ti fa male... vero?» sussurrò al tuo orecchio, cominciando a mordere il tuo lobo. Tutto quello che volevi era che tutto finisse al più presto o, meglio, che tutto quello fosse uno stupido incubo e che ti fossi solo dimenticata di prendere i sonniferi.
Con forza, prendesti le sue braccia e lo spingesti verso il lavandino e, veloce, uscisti dalla casa, scappando ma non sapendo dove andare. Il fianco ti faceva ancora male, peggio di prima. Istintivamente, appoggiasti una mano sulla ferita, col respiro che ti mancava. I passi del killer dietro di te si fecero più lenti ma più vicini. Crollasti sulla tue ginocchia, respirando a fatica. «Non so perché, ma sto provando compassione per te. Sei così carina, [y/n]! Mi viene quasi voglia di coccolarti» disse sadicamente, ridacchiando. Non era compassione, era piacere nel vederti soffrire. Goduria.
«Vieni dentro, dai. E' freddo qui, ti verrà un malanno!» allungò la mano ma la rifiutasti. Ti alzasti, barcollante qualche volta, e ti dirigesti prima di lui verso la casa. Ti infilasti sotto le coperte, aspettandolo. Non avevi scampo, ormai ti eri rassegnata.
Non appena arrivò, ti spinse verso la parte del muro, per poi interrompere quel bel silenzio che si era creato. Non prestasti attenzione a quello che disse, pensando, piuttosto, a tutte le persone che erano state massacrate in quell'ammasso di mattoni.«[y/n], mi ascolti o no?» domandò lui innervosito. «S-sì, scusa. Puoi ripetere?»
«No.»Sentisti la sua lurida mano scorrere lungo il tuo bacino, il suo viso vicino al tuo. E' ora..., avevi pensato. Ormai non avevi più forze e, quando ne ebbe l'occasione, il killer si posizionò carponi su di te, cominciando a lasciare baci umidi sul tuo esile collo. Stesti impassibile, fin quando non prese a strapparti i vestiti di dosso con foga. Panico: non avevi fiato. Sempre con più voglia, ti tolse i pantaloni di dosso, abbassandosi verso la tua intimità e levandoti gli slip con un morso. Lasciò brevi baci sul pube e facesti finta di goderne, tirandogli i capelli; ma aumentasti la presa fino a quasi strapparglieli, quindi fu costretto a spostarsi per il dolore.
«Smetti di rompermi il cazzo e fatti scopare, stupida troia!» urlò furioso, cominciando a sbottonarsi i suoi di pantaloni, fin quando il suo schifoso membro non comparve ai tuoi occhi, che rimasero pietrificati quando lo sentisti dentro di te. Un conato di vomito salì quando il ritmo delle sue spinte aumento. Era la mia prima volta...
Lo spingesti violentemente e rigurgitasti tutto sul pavimento. Era la nausea che tutto quel sangue, tutto quello sporco e lui ti avevano causato. «Bleah, che schifo» fece una smorfia, ma tu cercavi disperata i tuoi slip. Velocemente, infilasti anche la felpa, tenendo anche la mano sulla ferita che più di ogni altra volta faceva un male cane.
Ti dirigesti zoppicante in cucina, in cerca di fazzoletti e dell'acqua, soprattutto dell'acqua.
«Cosa cazzo cerchi?» ti fece sussultare, ma la sua voce era annoiata: aveva capito che non te non si sarebbe potuto divertite e si sarebbe sbarazzato di te al più presto. «A-acqua. Solo dell'acqua, per favore» non riuscivi nemmeno a parlare, a poco. E perché prendere dell'acqua se quella ti avrebbe ancora fatto vomitare? Non aveva senso.
Sono disidratata. Non mi importa di quello che può ancora succedermi: peggio di così non puó andare, pensasti. Infondo, avevi ragione...
Saresti morta, saresti morta, saresti morta.«Davvero cerchi dell'acqua nel rifugio di un killer? Qui ho solo alcol e droghe, baby» sorrise spavaldo.
Allora ti accasciasti al suolo, respirando affannosamente, con l'alito che ancora sapeva di acido.E i suoi passi leggeri che, piano, maliziosi, si avvicinavano a te... saresti morta, saresti morta, saresti morta.
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Buongiorno o buonasera.Perdonatemi per la lunghissima assenza: è da tanto tempo che non entro in questo account, ma mi sono prefissata di riuscire a finire questa storia perchè non vedo proprio l'ora che leggiate le prossime x Reader che ho già pronte.
Grazie per il sostegno, vi apprezzo!!!Vostra,
darkvstories
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Burn your soul [Jeff The Killer x Reader]
Horror«Bruceró la tua anima come quel fuoco fece con la mia pelle» Dove Jeff the Killer, uno spietato serial killer, dopo cinque anni ritrova una delle persone che più ha odiato: y/n. -•- istruzioni: [y/n]: your name, il tuo nome; [y/s]: your surname, il...