Capitolo XX

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Il 10 gennaio arrivò, forse ancora prima di quanto ognuno dei giovani Duport avrebbe potuto aspettarsi. La notte precendente i ragazzi non avevano chiuso occhio, avevano passato tutto il tempo a fare quello che mai più avrebbero potuto fare dopo, non tutti insieme almeno. Era il passaggio definitivo dall'infanzia all'adolescenza, l'entrata ufficiale in un mondo che li avrebbe sempre criticati ed umiliati per i loro sentimenti; per una vita che avrebbero dovuto trascorrere di nascosto, nel costante terrore di essere scoperti.

Il giorno dopo l'addio si svolse con i connotati di una cerimonia ufficiale, Jehan e Joly piansero appena, Cosette ed Eponine non fiatarono, Enjolras non sollevò protesta. Sapevano che la minima interferenza nei voleri del padre avrebbe solo peggiorato la situazione loro e del fratello, che già di per sè era abbastanza drammatica. Feuilly, in particolare, rimase fermo e impassibile come se niente fosse, quasi stesse assistendo ad un quotidiano discorso di Duport (quelli che faceva sempre loro per spronarli a studiare e a tenere alto l'onore della famiglia), e non la separazione ufficiale dalla persona che amava di più al mondo. Aveva gli occhi asciutti e persi nel vuoto, non ascoltava nemmeno il fiume di parole che si irradiavano dalle labbra del genitore, si limitava a cercare di non pensare a nulla, almeno per riuscire a trattenere le lacrime.

<<Questo è tutto, immagino che vi siate già salutati, io ora vado a lavorare, Amélie ti accompagnerà al cancello dove ti sta aspettando un taxi per portarti alla tua nuova casa. Addio, Bahorel, sappi che non mi mancherai>> concluse infine con una voce perfettamente piatta, facendo cenno alla domestica di avvicinarsi.

Il diciottenne sollevò la sua valigia e si diresse verso l'uscita, senza nemmeno aspettare che la donna lo raggiungesse.

<<Feuilly>> sussurrò dolcemente lei, presa da un soprassalto di tenerezza.

<<Cosa?>> l'improvviso appello lo aveva bruscamente strappato al suo stato di lontana laconicità.

<<Accompagnalo tu>>.

<<Ma lei...>>

<<È te che vuole>>.

<<Duport...>>

<<Duport non lo verrà mai a sapere, e poi mi pare che possa valere la pena di correre il rischio>>.

<<Io... Grazie>> si limitò ad annuire, senza dimostrare la minima felicità: sarebbe stato solo un prolungamento del suo dolore. Con passi pesanti si diresse verso la porta da cui solo pochi istanti prima lui era scomparso dalla sua vi(s)ta.

Il fratello camminava poco davanti a lui, ma allo sbattere dell'uscio si voltò nella sua direzione. Per un istante parve quasi felice, l'aria cupa che gravava sul suo volto lasciò spazio ad un leggero sorriso. Si fermò e lasciò che l'altro lo raggiungesse.

<<Feuilly>> si limitò a mormorare.

L'altro sorrise in risposta e non disse nulla, si posizionò al suo fianco intrecciando le loro dita sopra il manico della valigia: <<Dobbiamo aspettare solo un anno, fino a quando, il 18 agosto, compirò diciotto anni, e allora Duport non avrà più alcun potere su di me>> riferì con ponderata calma, quasi stesse esponendo una ricerca al professor Ney.

Il biondo annuì piano, iniziando a camminare verso il cancello; quando però fu a pochi metri da esso si fermò di nuovo.

<<Feuilly>> ripetè, questa volta leggermente più forte.

Il diciassettenne si voltò verso di lui, incrociando gli occhi argentei del maggiore, non si sarebbe mai dimenticato di quella particolarissima sfumatura di ghisa celeste, leggermente più grigia al centro e piu azzurra verso l'esterno. Avevano passato notti intere semplicemente standosene sdraiati sul fianco, uno di fronte all'altro, a guardarsi. Né si sarebbe potuto scordare di tutti quei pasti in cui lui ribatteva a calci alle battute di cattivo gusto del fratello, fino a quando quello, scoppiando a ridere di gusto, gli sussurrava all'orecchio un "Massì, adesso smetto" che, puntualmente non si avverava mai. O di tutte quelle volte in cui, durante le lezioni in cui Bahorel si annoiava a morte, il biondo iniziava a girargli le pagine del libro a caso, oppure gli copriva le lettere con le mani, fino a quando a furia di litigare non venivano spediti entrambi fuori dalla porta, dove potevano rimanere soli per una buona mezz'ora. E ancora, quando, mentre erano tutti in fila in seguito alle chiamate di Duport, e il maggiore gli sfiorava delicatamente la mano con un morbido tocco delle dita, facendolo immancabilmente arrossire. O di quando passava le serate a studiare con il petto appoggiato sulle gambe di Bahorel che, mentre guardava distrattamente la televisione con il resto dei fratelli, ogni tanto gli allungava (""casualmente"") una carezza sui capelli.

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