24. Tramonti e albe

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Il sole era stato ingoiato dalle dune voraci in poco tempo, la ragazzina riusciva quasi a percepire sulla pelle i venti notturni, amici del suo popolo, sebbene ne fosse così distante, avvolta da un paessaggio totalmente differente e ingabbiante.

Non aveva mai immaginato che la lontananza da casa potesse farla sentire così.

Non era mai stata tanto sensibile e neppure una tra le più sentimentali del suo clan, eppure i suoni sconosciuti che la circondavano non le permettevono di distogliere la propria mente dai ricordi. Si passò tra le dita un filo d'erba affusolato e di un verde chiaro che si riempiva di vene se veniva messo incontroluce rispetto al fuoco. Era affascinante quanto si sentisse scoperta in mezzo a tanti alberi e colori, lei che sapeva come mimitizzarsi in un panorama sempre tutto uguale e privo di nascondigli. Si sentiva esposto come quel filo d'erba, non al fuoco, ma a una terra straniera. Il mantello fluente che Adhara le aveva donato le cingeva le spalle in onde smeraldine e rossastre, in completa armonia con tutto ciò che le stava intorno, rifletteva i toni scuri e freddi del bosco e il calore del fuoco. Aveva mutato i toni e anche la consistenza fluida sembrava essersi addatata a quell'aria umida di sottobosco, mentre lei non riusciva neppure a rilassare le spalle. 

Non aveva mai percepito così tanta acqua nell'aria come lì, la sua pelle secca dal sole non aveva fatto fatica ad assorbirla e a inebriarsi di essa, della nuova umidità che le risulava ancora più estranea. E, inesorabilmente, la sua testa continuava a incagliarsi negli avvenimenti della giornata. Si chiese se avrebbe mai reincontrato Gideon, visto che con molta probabilità la sua missione era quasi giunta a termine, non avrebbe potuto aspettarlo e probabilmente non lo avrebbe più rivisto. Non lo conoseva abbastanza da ritenerlo amico, ma aveva condiviso un viaggio e i cambiamenti che aveva reinscontrato nella propria visione di cosa succedeva anche nella vita di tutti i giorni. I deomin non erano solo demoni, ora i Ribelli avrebbero avuto i volti di Leolyn e anche quello di... Caleb

Al pensiero di quel guerriero dalla testa calda, che aveva trovato inizialmente detestabile, non cercò neppure di frenare il guizzo che i suoi occhi fecere in direzione del suo ultimo compagno di viaggio, unico supersiste insieme a lei, per cercare di cogliere un cambiamento nel profilo rigido che si stagliava sfumato nelle ombre. Le scintille di fuoco a malapena si riflettevono sui capelli dorati dell'elfo chino a pulire della frutta con un corto coltello affilato. Il viso era totalmente oscurato, solo le dita rapide ed eleganti mostravano la perizia che dedicava a ogni gesto. 

Zahira avrebbe voluto conoscere le parole giuste per risollevare lo spirito a quella creatura che, da quando aveva conosciuto, era stata l'unica in grado di riconoscerla immediatamente e di capirla. E ora che aveva bisogno del contrario, di essere lei a darle conforto, si sentiva totalmente inutile. Non sapeva cosa si potesse provare a perdere una persona così cara,  lei non aveva perso Ismin. Stava ancora combattendo per lei e aveva una speranza, solo l'idea di perderla l'aveva portata ad aggredire uno sconosciuto e a intraprendere un viaggio pericoloso. 

Leolyn non aveva nessuna possibilità di riscattare il destino di Caleb, che era ormai perduto e non c'era alcuna missione da portare a termine per poterlo salvare. 

La ragazza si morse lievemente un labbro, prima di portarsi indietro un  orecchio un ciuffo di capelli cremisi: - Leolyn... Mi dispiace. - che schifo, cosa ne posso sapere io di ciò che serve ad aiutare qualcuno? Per anni non ho mai desiderato altro che aiutare gli altri e ora che potrei farlo... Non so cosa fare. 

Ogni frase sarebbe stata inutile e vuota. Anche le scuse. Pensare che ci fossero delle parole in grado di colmare quel vuoto era pura utopia, ma gli Spiriti del Deserto Vorace insegnavano che il Ciclo della Vita era in continuo divenire e che nulla e nessuno si perde veramente. Ognuno nasceva dalle dune dorate del deserto e, nel giorno del destino, era destinato a tornare sabbia, riappacificandosi con tutti i fratelli e le sorelle che l'avevano preceduto. Almeno fino a quando l'anima non fosse stata spinta a reincarnarsi e così il ciclo sarebbe proseguito in eterno, per sempre.  

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