"per l'uomo non c'è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili"
ed è così.
luke si era sentito all'inferno dopo aver visto quasi il massimo della mia malvagità.
ero stato così cattivo, così rude, che mi vergognavo, ero spento.
niente piacere, niente musica, niente sedute psichiatriche, niente fumo, niente riti, niente alcool. niente me.
ero spento.
non avevo voglia di fare nulla, se non abbracciare luke e scusarmi all'infinito.
che poi, non sarebbe servito a nulla scusarsi per un dolore sia psicologico che fisico così grande.
volevo sparire.
ero spento.
il telefono squilla.
panico.
era lui.
"mi manca essere sporcato dal mio demone, ma sai cosa? gli angeli sono angeli per un motivo: sono puri dentro. e non importa quanto tu possa ferirli, loro ti perdoneranno sempre. soprattutto il tuo angelo dannato. lui tornerà sempre tra le tue braccia, nonostante il dolore che gli è stato inflitto. lui ti ama michael, e forse dovresti smetterla di fargli del male ogni due per tre" la sua voce che inizialmente era risultata rude ora tremava. mi sentivo così male, perché sapevo che avrei continuato a ferirlo comunque. ma non potevo perderlo.
"i demoni feriranno sempre, luke. non importa l'amore, è solo la loro natura. si può provare a curarli, ma alla fine gli angeli verranno sempre distrutti da loro. ti amo luke, non volevo ferirti, lo so che le parole non bastano ma sono disposto a farmi curare, per te." e ora tremavo anche io.
non c'era bisogno di risposta, perché sapeva già che ero diretto a casa sua.
e come in un attimo, era tra le mie braccia.
nella sua stanza, così bianca per i miei occhi che quasi mi accecavano, con una canzone diversa dall'inno della festa numero uno, e noi che facevamo l'amore in un modo così dolce che mi sarei sentito male come se avessi mangiato troppa cioccolata.
ma si sa, l'inno della festa numero uno non è destinato ad alzarsi sempre.