Capitolo Uno

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Quel giorno, come tutti i giorni, l'unica cosa che desideravo di più era diventare una cosa sola con il letto!
Mrs Robinson la donna più insopportabile dell'istituto era vicina, riuscivo a sentire il suo odore ripugnate dà sotto le
coperte.
L'odiosa voce echeggio nel dormitorio: «Ragazze in piedi! Vi voglio in mensa tra 20 minuti!
Ma insomma signorina, ha intenzione di saltare la lezione anche oggi?!»
«Mmh Io ti odio!», le dissi guardandola con la coda dell'occhio.
«Anch'io, quindi ti do 10 minuti per essere pronta!» ringhiò lei.
Prima di allontanarsi fuori dalla stanza, mi sollevo la coperta, i suoi occhi penetranti e freddi fissarono i miei, pieni d'odio.
Quanto desideravo disattivarle quella voce irritante!
Non sorrideva mai, a parte quella volta che mi beccò a fare una passeggiata notturna fuori dalle mura dell'Istituto e andò a spifferate tutto alla Direttrice.
Aveva il compito di sorvegliarci ma sopratutto di rendere la
mia vita un incubo. Non faceva altro che ricordarci che frequentavamo il miglior Istituti di tutta Trento.
Io ero semplicemente rinchiusa
la dento da dieci anni, mi stupivo che quel posto non era ancora crollato. Si erano aperte brecce e crepe pericolose, in quelle fessure ci poteva stare comoda una mano.
Eravamo a fine Novembre,
faceva più freddo all'interno di quelle pareti, squallide e malandate, che all'aria aperta.
A grande richiesta del mio caro Padre "bene pagata" la Direttrice  mi evitava il privilegio di oltrepassare i cancelli dell'Istituto.
Festeggiavo il Natale con la sua famiglia, visto che io non né avevo più una.
Negli ultimi tempi mi svegliavo sempre con il desiderio di addormentarmi perennemente.
Il problema è che volevo scappare ma non avevo un posto in cui andare.
Ripetevo sempre a me stessa come se fosse una preghiera "non importa come ti sentirai oggi, domani, dopo domani, devi sempre alzarti,vestirti e essere coraggiosa".
La mia vicina di letto Anna attirò la mia attenzione informandomi:
«Caroline dai sbrigati oggi arriva la nuova professoressa, per loro è molto importante fare bella figura lo sai!»
Le risposi con un semplice sorriso, cosa che non succedeva mai prima delle undici.
È sempre stata cosi carina con me, anche se non me lo meritavo, facevo di tutto tranne essere gentile.
La osservai più del dovuto chiedendomi, come faceva a non odiare quel posto?
In realtà non avevo mai sentito nessuno lamentarsi, a parte per il cibo.
Per loro era facile, dopo quattro anni potevano tornare a casa.
Mi domandavo cosa aveva il futuro in serbo per me.
Pensavo che sarei rimasta in quella gabbia per il resto della mia
vita, magari avrei preso il posto
di Mrs Robinson.
Quel pensiero mi fece venire i brividi, mi scrollai dal sonno,
e indossai l'uniforme nera con la camicia di un verde asparago che mi faceva venire la nausea.
Non avevo neanche il tempo per la doccia.
Dopo tutti qui anni passati la dentro era diventato tutto un meccanismo..
Mi lavai il viso e mi faci una coda di cavallo.
I miei capelli erano troppo lunghi dovevo dargli una leggera spuntata. Si riusciva anche a intravedere la ricrescita.
Tempo fa avevo letto da qualche parte che la tinta nera era simbolo di potere ed energia, che trasformava le gattine in tigri...cosi dissi addio al castano chiaro.
Mi soffermai più del necessario ad osservare il mio riflesso, somigliavo tanto a mia madre, avevo i suoi stessi occhioni neri enormi.
Il fatto è, che gli occhi neri non li nota nessuno...
Il suo ricordo era cosi lontano, avevo solamente una sua foto da giovane, e l'orologio con il cinturino rosso che portavo sempre al mio polso, mi era rimasto solo questo di lei.
Guardai l'orologio e mi prese un colpo! Era tardi, odiavo fare le cose di fretta!
L'odiosa Mrs Robinson mi attendeva in mensa.
Sorridevo, sapeva che le dava fastidio e con tutta la grazia mi inchinai a lei annunciando:
«Mrs Robinson al suo servizio!»
Mi fulminò con i suoi piccoli occhi da strega, rimproverandomi per i due minuti di ritardo, ma io volevo farla innervosire perciò affermai: «Accetti le mie più sincere scuse Mrs Robinson! Se non fosse stato per quel ragazzo che mi chiedeva dove si trovasse l'ufficio della Direttrice, non avrei mai sprecato il mio tempo, lo sa anche lei che la gentilezza in questa galera è all'ordine del giorno..»
Le mie parole la fecero infuriare, vedevo il fumo che usciva dalle sue narici.
Dovetti trattenermi per non ridere con tutte le mie forze!
Compiaciuta, mi accomodai a un dei tavoli della mensa, intanto che lei dava di matto, e strillava a squarciagola: «Ragazzina ti ripeto per l'ennesima volta che il mio nome è Priscilla di Dotton! Smettila  di prenderti gioco di me, lo sai che qua dentro il genere maschile è assolutamente vietato!»
Sorrisi divertita mormorandole: «Si, lo so come si chiama, ma io preferisco chiamarla cosi, quel nome non la rispecchia Mrs Robinson.
La prego non si arrabbi le fa venire solamente le rughe!»
Percepii delle risate provenienti dal corridoio, sicuramente le altre ragazze avevano udito la conversazione.
Avrei voluto saltellare per la gioia, quando le mie compagne  
accomodandosi ai tavoli, salutarono la vecchia strega con il soprannome che la rispecchiava meglio.
Questo l'avrebbe fatta esplodere da un momento all'altro, ma non era stupida, perciò decise di ritirarsi, adocchiandomi con i suoi occhi da: [Questa non la passi liscia.]

Finita la colazione mi incamminai alle lezione di scienze avanzate.
Entrai nella piccola classe illuminata solo dalla luce che filtrava dalle enormi finestre.
Il celo era grigio, dentro me anche.
Mi diressi al mio ultimo banco dove Sofia Jordan, la mia unica amica, era in anticipo come sempre.
Ciò che colpiva immediatamente chi la guardava, erano i suoi lunghi capelli straordinariamente biondi, d'un color oro pallido, che fanno rispecchiare ancora di più il color nocciola dei suoi occhi.
Sofi amava curare il proprio aspetto, non come me che avevo sempre i capelli scompigliati e davo l'impressione di essere scesa dal letto ed essermi infilata le prime cose che ho trovato.
Eravamo completamente diverse. Sofi era troppo perfezionista, critica, schizzinosa, intelligente e raramente timida...Anche se era bersaglio di scherzi per il suo carattere esagerato da "so tutto io" non si scoraggiò mai, questo mi piaceva di lei.
Non potevo desiderate un amica più onesta di cosi, potevo contare sempre su di lei. 
Vedendomi arrivare sorrise, sussurrandomi: «Hai fatto dare di matto alla vecchia strega, lo sai che sei la mia eroina?!»
Iniziai a ridere ricordando l'unica cosa su qui eravamo d'accordo: Odiavamo Mrs Robinson!
Le risposi con un sorriso ironico: «Be' Sofi le sto facendo comprendere che sono in concorrenza per il suo posto di lavoro. Lo sai che adoro vivere qui, ci voglio restare per sempre!»
Lei scoppiò in una risata divertita dicendomi : «Caroline smettila di fare la melodrammatica, prima o poi anche tu tornerai a casa tua.»
«Amica mia, ti ricordo che mio padre non mi viene mai a trovare, non saprei neanche dove andare.»
«Visto che hai nominato tuo padre, posso chiederti che cosa gli dirai quando si farà vivo?»
Quella domanda non mi piaceva, volevo evitare di aprire quel argomento perciò le risposi infastidita: «Mh non lo so, gli direi che lo odio! Non ho niente da dire a una persona che mi ha abbandonata!» Decisi di non aggiungere altro. Ero convinta che fosse più facile per lui continuare la sua vita senza di me.
L'espressione di Sofi diventò triste, non aveva mai accettato l'odio che avevo nei confronti di mio padre.
La sua famiglia era amorevole sempre presente nei suoi momenti importanti, non poteva comprendermi.
Avrei voluto farle tornate il sorriso magari con qualche battuta, non mi piaceva vederla cosi, ma dovevo rimandare. In quel preciso istante entrò una donna bionda, con gli occhi di un blu profondo come il colore del mare. Aveva
un fisico perfetto, indossava dei vestiti elegantissimi color rosso.
Osservai che ha aveva un pò di trucco sul viso, era un novità da vedere per me.
La Direttrice vietava qualunque cosa fosse una distrazione, per le giovanni donne.
Quella donna era cosi graziosa, non riuscivo a smettere di guardarla...
Si avvicinò alla lavagna e scrisse  "Miss Elena Rose" infine ci annunciò: «Buongiorno ragazze, io sono la vostra nuova professoressa di scienze avanzate, vengo da un paesino chiamato Levico, ho 42 anni, sono sposata e ho una figlio della vostra eta.»
Continuò a parlare per svariati minuti, smisi di ascoltarla perché mi iniziò a girare la testa, dovevo guardare un punto fisso.
Lo facevo sempre quando mi sentivo cosi. Ammiravo le maestose montagne ricoperte di neve che circondavano l'Istituto.
Sofi mi diede una gomitata per farmi tornare alla realtà, sussurrandomi:
«Sta parlando con te.»
«Chi?!» le domandai.
Pensai che la mia faccia fosse come quella che ho appena sveglia, visto che stava ridacchiando.
Qualcuno tossì, per attirare la mia l'attenzione.
Miss Rose aveva gli occhi puntati su di me, il suo viso era cosi gentile...Non mi piaceva quella donna.
Si avvicinò al mio banco guardandomi con un sorriso affettuoso chiedendomi: «Signorina sarebbe cosi gentile da presentarsi, come hanno fatto tutte le sue compagnie?»
"Tutte!?" non mi resi conto di quanto tempo rimasi a fissare le montagne. Però almeno mi sentivo meglio, anzi benissimo.
Mi alzai in piedi, molto bizzarro da parte mia, e anche per i ventidue occhi che si girarono per fissarmi confusi.
Non riuscivo a spiegarmi il modo in cui mi faceva sentire...
Ripeto: la presenza di quella donna non mi piaceva. Un pò mi intimidiva..
Feci un lungo respiro e mi presentai: «Buongiorno Miss Rose, mi chiamo Caroline Blake, il prossimo mese compio 20 anni, sono nata anch'io a Levico.
Ho perso mia madre in un incidente stradale quando avevo dieci anni, perciò mi padre  mi ha rinchiusa in questo posto. Credo per continuare la sua vita.
Fine! Non ho nient'altro di interessante.»
Quella donna ancora misteriosa per me, non mi guardava come mi guardavano tutti con la solita faccia da "povera ragazza".
Riuscivo a leggere nei suoi occhi lo stesso dolore che provavo pensando a mia madre, magari ci era passata anche lei.
Finii la mia presentazione con una frase molto insolita..
«Professoressa lei è bellissima, i suoi occhi mi ricordano il mare.»
Per un secondo i nostri sguardi si erano incrociati con un rapido sorriso imbarazzato.
Perché aprivo bocca e gli davo fiato?!
Le mie compagne iniziarono tutte a ridere, menomale che Sofi mi tirò per un braccio per farmi sedere. Anche lei mi guardava con la sua faccia stupefatta chiedendomi se ero impazzita. Le feci 'no' con la testa, tornando a fissare assente le montagne.
Non volevo sentite le mie compagnie, pensavano già quasi tutte che ero una svitata.
Dopo quelli che sembravano i cinquanta minuti più lunghi della
mia esistenza, la lezione terminò.

SAGITTARIUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora