Anno domini 1334
Issyk Kul,
Monastero di Santo StefanoQuesta notte ho bruciato l'ultimo dei miei confratelli.
Sono rimasto solo.
Nemmeno la fede può più nulla contro questo morbo sconosciuto sorto dalle profondità del mondo.
Iddio, nostro Signore, ha ritratto i suoi occhi ai suoi figli. Nessuna misericordia, né dignità. Nessuna salvezza mentre il corpo si degrada e l'anima si decompone nell'inedia della disperazione.Nessuno di noi avrebbe mai immaginato le conseguenze di un semplice atto di naturale benevolenza.
Sono passate tre lune da quando li abbiamo accolti nel monastero.Non era insolito prestare ausilio o ospitalità a viandanti di passaggio ed essi apparivano così prostrati dal lungo cammino quando allo spuntare dell'alba bussarono al portale della cappella. Un gruppo di mercanti giunti dagli estremi confini d'Oriente.
Il venerando Padre Aibek non esitò a offrire loro ristoro e protezione.
V'era una donna fra le loro fila, arrivata da noi già cagionevole e sofferente per una ragione che i suoi compagni ignoravano. Fra loro, quello che si idenitificò come suo fratello ci implorò di fare il possibile per aiutarla. Erano disposti ad attendere al di fuori della cinta del monastero, sferzati dal freddo umido che risaliva dalle sponde lacustri al far del crepuscolo, purché ci prendessimo cura di colei che amava.La misericordia a cui ogni mortale è portato di fronte al patimento di un suo simile fu la nostra condanna.
Le febbri, tuttavia, non le diedero scampo ed ella spirò quella notte stessa.
Lasciammo che gli uomini predisponessero le esequie come in uso fra la loro gente, ma quando l'anziana Taghrid, chiamata a pulire il corpo, fece ritorno al monastero narrò di indicibili piaghe purulente, di bulbi, scuri e rigonfi, al di sotto degli arti e nei distretti corporali su cui occhi devoti non si posano. Confessò di come la pelle chiara della straniera fosse deturpata da lividi neri come la pece. Nessuno di noi aveva mai udito di simili evidenze, ma presto la sventurata si sarebbe ricongiunta ai suoi compagni.Nove ne giunsero a noi, solo cinque ripartirono pochi giorni dopo. Tre tornarono al Padre, dopo la donna. Li seppellimmo tutti alle prime luci dell'alba, dopo aver bruciato i loro resti mortali.
Lo stesso morbo sconosciuto e terribile che aveva ghermito la vita della fanciulla prese anche i suoi compagni. Gli stranieri caddero l'uno dopo l'altro, stremati dai deliri e dalle piaghe venefiche che squarciavano la loro pelle, divenuta sottile come carta.
Voci serpeggiavano dai villaggi circostanti il lago Issyk Kul, mormorii di morte.
Da un giovane pastore sapemmo della morte della vecchia Taghrid e poco dopo venne il turno del più giovane dei miei confratelli, il compassionevole Adilet.
Né penitenze né preghiere né cerusici poterono nulla. Ad uno ad uno, la morte scura li afferrò, lasciandomi unico testimone di una punizione ricondurre e implacabile.Ora, fermo nel mezzo del chiostro silente, so che nulla è rimasto.
Solo nella via dei monti, forse, là, dove l'aria si fa più rara e secca, potrebbe risiede ancora un barlume di speranza.
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500 words -Tiny Stories Collection
Short StoryRaccolta di novelle brevissime create per il contest indetto dal profilo AmbassadorsITA "Mettiti in Gioco anche Tu! #2". 15 prompt. Molte prove, molte idee. Mettetevi comodi e buona lettura.