Capitolo 2

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Ciao, sono ancora io, Sofia! 

Secondo anno di scuola media,che ansia, quest' anno troverò due nuovi compagni, che non sono stati ammessi all'esame di terza media, Chissà come saranno. Mancano pochi giorni all'inizio della scuola, non vedo l'ora! Mi mancano i professori, mi manca studiare, sentire quella campanella che annunciava l'entrata a scuola. In questi pochi giorni devo andare a ritirare i libri per la scuola e comprare un nuovo astuccio.
Inizia la scuola, quasi tutti non vogliono entrare, hanno paura, non hanno voglia di studiare. Finalmente il suono della campanella! Quest'anno siamo in una nuova classe, qui c'è un computer, i banchi sono più alti. Mi siedo all'angolo della classe dietro, come l'anno scorso. Erano i primi di settembre e io ero l'unica a maniche lunghe, tutti mi chiedevano perché non indossavo maglie a maniche lunghe, se avessi caldo, nessuno se avessi qualcosa. Una delle ragazze nuove non venne a scuola il primo giorno, disse che era in ospedale, che stava male e non sarebbe venuta per un bel po' di tempo. Rimasi tutta la giornata a pensare a quella ragazza, chissà perché era in ospedale, che avrà avuto? Arrivò l'ora della ricreazione, andarono tutti fuori, io invece rimassi in classe a disegnare e a pensare a quella ragazza. La professoressa mi chiese perché non uscivo con gli altri a giocare, perché indossasi sempre maglie e felpe lunghe, perché non parlavo con nessuno. Tutte domande senza risposta, continuavo a disegnare senza risponderli, chissà che avrà pensato. Fine ricreazione tornano tutti in classe e i bulletti della classe incominciano a sfottere dicendo che sto sempre in classe, che sono 'asociale','un essere inutile'. Quelle parole mi colpirono profondamente, fu una fitta al cuore. Chiesi il permesso per il bagno e mi portai il mio astuccio dove avevo la mia lametta personale. Mi chiusi in bagno e scoprì il mio braccio destro, iniziai a tagliarmi lievemente, sapevo che ero a scuola e che se perdevo molto sangue se ne sarebbe accorto chiunque. Mi sciacquai il braccio e lo coprì. Tornai in classe e mi sedetti al mio posto, nessuno si accorse di nulla, ascoltai la professoressa sopportando il dolore che sentivo. Finite le cinque torno a casa, corro in bagno a procurarmi altri tagli, più profondi su tutte due le braccia. Piangevano, piangevano di dolore le mie braccia. Le fasciai e andai in camera a disegnare. Disegnai una ragazza, con le ali, ali crollate, ali che non reggevano il peso della sofferenza, ali che non sostenevano, una ragazza che aveva tanti sogni nel cassetto, ma che impedivano di realizzare. Quella ragazza avrebbe voluto che quelli ali fossero forti, che la sostengano ogni giorno senza farla mai cadere, ma i suoi pensieri sono troppo pesanti e la fanno cadere; arrivò l'ora di pranzo, mangiai un po' e appena si allontanò mia mamma andai in bagno a vomitare, sentire quel cibo dentro mi faceva sentire male. Lei andò a lavoro e io rimasi in camera a leggere il mio libro preferito. Ricominciai a leggerlo dalla pagina prima di dove mi ero fermata, la quattordicesima, arrivai a fine capitolo e lasciai il libro aperto così, sulla scrivania, iniziai a guardare il soffitto, iniziai a sognare di volare, chiusi gli occhi e dopo un po cominciai a sognare. Stavo volando, ero in aria, vedevo per la prima volta la città da su, era bellissima, ma piena di facce tristi, alcune persone da cui nemmeno me l'aspettavo.

'Avvolte anche le persone che pensi siano le persone più felici del mondo soffrono'.

Ci nascondiamo perché ci sentiamo imperfettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora