2 CAPITOLO

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Mi alzai finalmente dal letto e mi diressi verso il bagno ma qualcosa mi taglio sotto il piede. Del sangue sporcò subito la moquette e il bruciore era allucinante. Mi piegai  a terra e trovai alcuni pezzi di vetro della lampada che avevo rotto. Imprecai a bassa voce e corsi subito in bagno. Mi tolsi subito il pigiama ed entrai dentro la doccia. Il flusso di acqua calda toccò la mia pelle in men che non si dica e sia la tensione che i nervi scesero con essa. Lavai perfettamente i miei capelli ed il copro e una volta uscita dalla doccia avvolsi una tovaglia sul corpo. Passai la mano sul vetro impannato e mi lavai i denti. Quando finii con il bagno entrai di nuovo nella mia stanza per vestirmi. Optai per un jeans skinny chiaro, canottiera bianca e felpina grigia accompagnate dalle mie converse bianche. Applicai del mascare sulle ciglia e un po di blush nelle guance. Non amavo il trucco. Preferivo essere acqua e sapone che geordie shore. Sciolsi i capelli castani che avevo e presi la mia valigia in mano. Diedi un occhiata alla mia stanza prima di chiuderla e scendere. Mi mancherà tantissimo questo posto. So che è solo per due mesi e che magari posso risultare esagerata, ma il fatto è che voi non sapete dove sto andando a finire. Se vi dicessi che la prigione è una suite dovrete credermi! Una volta arrivata nella hall trovai mia madre alle prese con il manico della sua valigia. Quell'affare si bloccava sempre. Non so neanche più quante volte gli ho detto di comprarsene una nuova, ma lei non mi ascolta quindi cazzi suoi. 

<< Buongiorno madre. >> dissi mentre entravo in cucina per bere del sano caffè. 

<< Buongiorno a te Leila. Hai preso tutto? >> disse guardandomi per la prima volta. Mi limitai solo a fare sì con la testa mentre continuavo a bere il caffè. Oggi si prevede una giornata di merda. 

<< Smettila di essere così acida con la mattinata. E' pesante per te quanto per me. >>

<< Si, certo. Facciamo così tu vai al posto mio da Zia Geltrude ed io starò impalata in un letto d'ospedale per due mesi. Ci stai? >> dissi a modo di sfida. Lei si limitò a sbuffare. 

<< Vedrai che zia Geltrude questa volta è cambiata. >> disse.

<< Scherzi vero? Ti prego dimmi di si. >> Buttai il caffè rimasto nel lavello e posai la tazza dentro la lavastoviglie. << Mamma, davvero perchè non mi lasci qui a casa da sola? Ho diccianove anni Cristo Santo! >> dissi in procinto di piangere. Onestamente preferisco mille volte un rapimento che stare con zia Geltrude. 

<< Perchè non c'è nessuno qui per tenerti sotto controllo ed io non voglio avere il pensiero a te quando sarò rincoglionita per i farmaci che prenderò. >> disse. Basta non ce la facevo più. Che guerra persa! Odiavo il cancro, odiamo mia madre, la zia Geltrude e pure Portland. Che nervi! Non parlai più con mia madre, avevo deciso che era meglio non specare fiato. Tanto non mi ascoltava mai. Presi la mia valiggia e seguita da mia madre entrai in macchina. Una volta partiti, inserii le cuffie al mio telefono e mi rilassai alle parole di Half A Heart. A volte vedevo mia madre aprire bocca e dirmi qualcosa ma sinceramente a me non poteva interessarmi più di tanto. Dopo vari minuti arrivammo all'aeroporto di Walworth ed io staccai la musica. 

<< Leila avanti dai, prendi la tua valigia che stai facendo tardi. >> 

<< Sii, mamma. >> 

Presi la mia valigia e mi recai nel mio gate numero 9. Quando senti mia madre chiamarmi per nome, mi ricordai che non l'avevo salutata quindi con malavoglia feci retro marcia e andai a salutarla. 

<< Ciao amore mio. Fai un bel viaggio e ricordati di chiamarmi appena arrivi a Portland. >> Mi abbracciò calorosamente ed io mi limitai sola ad appoggiare la mia testa sulla sua spalla. 

<< Va bene mamma. Mi raccomando statti bene! >> dissi.

Aveva gli occhi lucidi e posso dirvi che i miei erano più lucidi dei suoi. Io e mia madre eravamo come acqua gelata uno sopra l'altra. Il nostro odio era puro amore e lasciatemelo dire io senza di lei non posso stare. Lei è la mia più grande rottura di palle ma in fondo non desirero altro. Quando venni a conoscenza del suo tumore, io mi sentii persa, vuota. Pensavo che l'avessi persa per sempre come avevo perso mio padre e che sarei rimasta sola o ancora peggio con mia zia Geltrude. Ogni notte piangevo sotto le mie coperte e pregavo a Dio per un suo aiuto. Da quel giorno in poi ho sfruttato il mio lato più stronzo e odioso che ho. Da quel giorno in poi mi sono ripetuta in continuazione che non dovevo affezzionarmi più a niente e a nessuno. Mia nonna mi ripeteva che era sbagliato questo mio comportamento e che la colpa di tutto questo era di mio padre ma io le dicevo sempre che non centrava niente lui ma che io ero esattamente così, da sempre. Oggi mi rendo conto che mia nonna non si sbagliava di niente ma ero troppo arrabbiata per ammetterlo. Senza rendermeno conto era arrivato il mio turno per il controllo bagaglio. Una volta superato le sbarre di controllo, presi le mie cose e mi recai nella sala d'attesa per aspettare l'annucio di salire a bordo. Dopo tre quarti d'ora di pura noia un hostess ci diede il permesso di salire a bordo. Prese il biglietto dalla mie mani e lesse la postazione, mi accompagno di persona e poi continuò con il resto delle persone. Accanto a me sedeva una bambina che poteva avere all'incirca 3 anni. Era bionda, riccia e occhi verdi. Era accompagnata dalla madre anche lei con gli stessi colori della piccola. Durante tutto il volo ci scambiammo delle parole e scoprì che la piccola si chiamava Lucy e che insieme alla mamma stava andando in visita dai nonni.

<< Tu invece che farai a Portland? >> mi chiese la madre della piccola Lucy.

<< Farò visita ad una zia di mia madre. >> dissi.

<< E come mai sei da sola? >> mi chiese.

<< La storia è un po complicata e credimi te l'avrei raccontata se solo non fossimo già arrivati a destinazione. >> risposi. 

Finalmete ero atterrata a Portland e dopo aver preso la mia valigia e aver salutato Lucy e la sua mamma mi incamminai fuori dove ad aspettarmi ci sarebbe stata esattamente zia Geltrude. Lo stomaco iniziò a farmi male alla vista di lei con un vestito floreale. 

<< Ciao mostricciattolo. Come stai? >> disse mentre mi teneva stretta in un abbraccio. La sua puzza di ascella mi fece stonare di colpo. 

<< Bene zia, grazie! Però adesso lasciami che soffoco. >> dissi. Dopo tutto questo affetto che avrei preferito evitare, seguii zia Geltrude in macchina diretti verso casa. 

Ciao a tutti <3 

Ecco il mio secondo capitolo :)) Spero vi piaccia tanto quanto il primo e che riceva molto voti e commenti. Ci tengo! ;) 

Adesso vi lascio e ci sentiamo presto! :*

__Ken 

Mistake.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora