6 - Killer Queen

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Casa Graham non era mai stata tanto accogliente come in quel momento, perlomeno così avrebbe detto Gabriel, se fosse stato presente. Il silenzio regnava sovrano per tutto il piano terra e la risata soffice di Logan correva giù dalla scalinata per perdersi in salone, dove Darrell, con in mano un bicchiere di Scotch, picchiettava distrattamente sul proprio iPad alla ricerca della vera ispirazione.

Digitava e cancellava, assorto in un'opera alla Penelope, e aveva la mente offuscata, il pranzo ancora bloccato all'altezza della bocca dello stomaco, laddove una strana forma di nervoso aveva cominciato a formarsi da quando si era reso conto di essere solo; per questo aveva chiamato Judy, la babysitter, e si era seduto sul divano con accanto una bottiglia piena di Single Malt.

Tant'era concentrato, che neppure si accorse del rientro di suo fratello assieme a Randy. Tuttavia fu proprio questi a destare la sua attenzione, passandogli accanto come un fantasma.

«Siete tornati» disse. «Passeggiata romantica?» Sollevò lo sguardo dall'iPad e trasalì, capendo quanto la sua battuta fosse stata fuori luogo. Non avrebbe mai immaginato di scoprire uno sguardo di giada tanto scosso, stravolto, così dannatamente simile a quello di Lucia. Perciò batté le palpebre e, posando l'iPad sul bracciolo, chiese: «Che diamine è successo?».

«Niente» rispose Randy con tono lapidario.

«Una sparatoria» spiegò Gabriel, tagliando corto e togliendo il bicchiere di mano a Darrell. «Comunque non capiresti, stavi qui senza fare nulla...» In tutta risposta ottenne un grugnito e lo vide attaccarsi alla bottiglia con il chiaro intento d'indispettirlo. «Sei patetico» sentenziò. «Inizi a bere alla buonora e lasci tuo figlio da solo.» Storse le labbra in una smorfia di disappunto, poi gliela strappò, si avvicinò al mobile in castagno e, dopo aver aperto la vetrina dei liquori, la ripose. «Dov è Logan?»

«Con Judy» rispose piano. Sollevò una mano per indicare il piano di sopra con l'indice teso e si morse il labbro inferiore per restare zitto e non aggiungere altro; ciononostante si lasciò sfuggire un: «Non l'ho lasciato da solo, non lo farei mai».

«Stento a crederlo» commentò Gabriel laconico. «Di solito sono io quello che lo segue, quello che cerca di evitare che si faccia male in giro per casa, non tu, Darrell.»

Questi accennò un sorriso amaro e disse: «Se ti dà tanto fastidio occuparti di lui, Fratellino, allora puoi anche non farlo: nessuno ti costringe. Dopotutto è solo tuo nipote, una palla al piede, un me in miniatura». Si strinse ironicamente nelle spalle, poi continuò: «Vorrà dire che quando avrò bisogno di un po' di tempo per riposare chiamerò la babysitter».

«Per uscirne pulito?» Gabriel sollevò un sopracciglio e sentì subito Darrell sbuffare un:

«Senza fare la figura del padre degenere, dico. Sai, anche le mamme chiamano la babysitter». Scosse la testa e ridacchiò tristemente, certo che Gabriel lo stesse tormentando senza motivo. «Una figura che continui ad affibbiarmi a causa di Lucia.»

«Non azzardarti» lo ammonì.

«A nominarla? O a insinuare che avresti preferito essere tu il padre di Logan?» Ghignò.

Randy era rimasto in silenzio fino a quel punto, ma d'un tratto, sedendosi pesantemente accanto a Darrell, disse: «Sembrate cane e gatto». Le braccia conserte e lo sguardo fisso dinanzi a sé. Non aveva nemmeno voglia di guardarli in faccia, tant'era il biasimo nelle sue parole. «È vero, sono praticamente un estraneo e non dovrei intromettermi nei vostri discorsi, però ci tengo a sottolineare una cosa: c'è un bambino in questa casa, e voi lo trattate come una fottuta arma per ferirvi l'un l'altro. È brutto. Fossi in lui non vorrei crescere in un ambiente del genere; nessuno vorrebbe, cazzo.» Schifato, arricciò il naso. «Questo non vi rende parenti migliori dei miei.»

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