19 - Love Cliché

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Da quando aveva saputo della partenza di Randy, il sorriso di Darrell si era trasformato, contratto in una strana smorfia, che sembrava quasi poter parlare per lui.

E in quel momento, ricordando quanto accaduto a pranzo solo il giorno prima, detestò tanto il modo quanto il tono con cui Gabriel aveva introdotto l'argomento.

Lo riteneva superficiale, e si chiedeva come potesse averlo metabolizzato in così poco tempo, mentre a lui, per farlo, non era bastata neppure un'intera notte.

Perciò non c'era da stupirsi che, non appena lo vide con indosso gli stessi abiti del suo arrivo a casa Graham, ebbe un sussulto. Il cuore pareva aver perso un battito, i polmoni sembravano troppo pieni d'aria.

Doveva respirare e non riusciva a farlo, proprio come un bambino spaventato tra le braccia della propria madre. Aveva paura di perderlo, di non poterlo più vedere a causa di quell'infame di Simon.

«Stai scherzando, mi auguro» sbottò d'un tratto. Gli occhi cerchiati di rosso a causa dell'insonnia e la rabbia che gli correva nelle vene. «Speravo che fosse solo una sciocchezza detta su due piedi, eppure sei qui e stai per lasciarci.»

Randy indurì i muscoli del viso e si strinse nelle spalle, provando un po' di timore per il tono animato con il quale Darrell si stava rivolgendo nei suoi confronti. Cercò di non dargli corda, tuttavia lo vide farsi vicino e deglutì a vuoto. Aggrottò le sopracciglia, dicendo: «Devo farlo, perciò non insistere».

«Che motivo hai per andare a casa dello Stronzo?» domandò crucciato. «Nemmeno lo conosci. Ieri volevi picchiarlo a sangue, e, se non fossi intervenuto, lo avresti fatto.»

«Ho i miei motivi» tagliò corto con un sospiro, senza nemmeno guardarlo. Puntò gli occhi altrove, sperando che Simon arrivasse alla svelta per tirarlo fuori da quell'imbarazzante situazione. «Non devo renderti conto di niente.»

«Non devi?» echeggiò perplesso. «Scherzi, vero? Pensavo che ci stessimo avvicinando, che stessimo costruendo qualcosa.»

«Evidentemente ti sbagliavi» grugnì. Posò la schiena contro il muro e osservò il proprio volto riflesso nello specchio vicino le scale, prendendo a giocherellare nervosamente con le maniche della giacca.

Darrell seguì il suo sguardo, ne studiò i movimenti e storse le labbra. «Mi stai prendendo in giro» mormorò scocciato. «Non so perché, non so cosa ci guadagni, ma lo stai facendo.» Aggrottò le sopracciglia e si trattenne dall'afferrarlo per le spalle. Avrebbe voluto scuoterlo, cercare di svegliarlo da quello che gli sembrava uno strano stato di trance, eppure non lo fece. Immobile, disse: «Ti tiri indietro, fuggi, ed è tutta colpa dello Stronzo; non glielo perdonerò mai. Non so cosa ti abbia detto per portarti a questo, ma so cosa voglio dirti io: sei importante, sei la persona che mi ha fatto battere il cuore dopo tanto tempo, sei chi non voglio lasciare andare».

Sentendo quelle parole, lui chiuse gli occhi si sentì ancora più in colpa. Era certo che, se l'intuizione di Simon fosse stata corretta, la sua presenza a casa Graham avrebbe gettato solo scompiglio. «È anche per questo che devo andarmene» sussurrò. «Tu e Gabriel avete appena ricominciato a parlare come due persone normali, non voglio creare problemi.» Gli vide corrugare la fronte e si lasciò andare a un debole sospiro. «Non chiedermi spiegazioni, per favore» aggiunse.

«Cosa c'entra Gabriel in tutto questo?» chiese. Batté le palpebre, voltandosi a guardare il soggetto della sua preoccupazione nel momento in cui lo vide uscire dallo studio con in mano un paio di pagine fresche di stampa. E lo fulminò, abbassò di poco le palpebre, si allontanò da Randy solo per raggiungerlo. «Cosa significa?» ruggì minaccioso.

Questi lo guardò perplesso, sollevando gli occhi stanchi e assonnati dalle righe che aveva appena finito di scrivere. «Non so di cosa tu stia parlando» ammise perplesso.

Invisibile (fake)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora